Valnestore, ipotesi disastro ambientale

Dopo le analisi di Arpa e Asl ora lavora la Procura per far luce su una storia lunga più di 30 anni. Per la Lega Nord è la conferma di una gestione opaca del sistema rifiuti in Umbria

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Sarà la Procura della Repubblica a fare luce su quanto si nasconde nel terreno tra Piegaro e Panicale, quegli oltre 250 ettari che mercoledì i carabinieri del Noe, su impulso della magistratura perugina, hanno sequestrato assieme a due pozzi. E lo farà, forse, anche quel fascicolo aperto a carico di ignoti che ipotizza il reato di disastro ambientale.

Il sequestro Proprio quella, infatti, è la zona che comprende tutto l’ex bacino minerario utilizzato per l’estrazione della lignite da parte dell’Enel nella centrale di Pietrafitta. E proprio lì l’ipotesi è che negli anni, assieme alle ceneri, sia finito ogni tipo di rifiuto che ora, dopo 30 anni, riemerge con prepotenza dal terreno, oltre che con l’alto tasso di tumori registrati in tutta l’area. Poi ci sono due pozzi, il primo vicino agli impianti sportivi di Tavernelle, proprio dove i livelli di arsenico erano doppi rispetto alla norma. L’altro invece è proprio vicino alla ex centrale di lignite, e anche lì erano stati rilevati sforamenti.

Claudio Ricci Una situazione ormai al collasso, in tutta la regione, secondo il consigliere regionale Claudio Ricci che interviene sul ‘sistema Umbria’ indicando la necessità di attivarsi per promuovere un’azione operativa di bonifica e valorizzazione della zona trasformando quello che oggi è un problema, in una opportunità di sviluppo. Non solo Valnestore, per Ricci bisogna controllare la natura dei rifiuti smaltiti anche in altre zone, come le discariche di Borgogiglione e Pietramelina e gli impianti di Ponte Rio.

Commissione regionale E mentre i sindaci del territorio chiedono che venga fatta luce su quanto è stato tenuto nascosto lì sotto fino ad oggi,  intanto dalla Lega l’invito è a riprendere immediatamente i lavori della commissione regionale sul ciclo dei rifiuti che «strumentalmente e con troppa fretta è stata accantonata», per avviare una mappatura delle criticità e la stesura di un piano di bonifica relativo alle situazioni a rischio. Non solo, l’auspicio è che si arrivi presto all’approvazione di un nuovo piano regionale sui rifiuti, «in quanto non è più possibile procedere con iniziative spot o tampone relative ad un piano ormai superato dai fatti e dalle recenti verità».

Gestione opaca Dopo l’ennesima inchiesta in campo ambientale e anche alla luce di quanto emerso dai verbali delle audizioni della commissione bicamerale d’inchiesta non è più possibile, secondo Candiani e Fiorini, aspettare. «Sono mesi che sosteniamo l’esistenza di una gestione opaca del ciclo dei rifiuti in Umbria tanto da poter parlare di un vero e proprio sistema» dicono il senatore e il consigliere regionale. «Esiste, inoltre, una vera e propria emergenza sanitario-ambientale che riguarda decine di località sull’intero territorio regionale e quello che sta emergendo ne è la prova. Dalla Terra dei fuochi in Valnestore, all’inceneritore ternano da poco spento, dalla questione del percolato nella discarica Ast, alle polveri di Prisciano, dagli appalti Gest e Gesenu, alla gestione della discarica Le Crete di Orvieto: c’è una sottile linea rossa che collega questioni così evidenti che non sarebbero dovute passare inosservate agli occhi di chi ha governato e governa la Regione».

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