Banche, sportelli chiusi per sciopero il 30 gennaio

«Per una banca al servizio dei cittadini e non dei banchieri»

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Venerdì 30 gennaio i lavoratori bancari di tutta Italia scenderanno in sciopero «a sostegno del diritto al rinnovo del contratto nazionale di lavoro» e «contro la decisione unilaterale di Abi di dare disdetta e successiva disapplicazione dei contratti collettivi di lavoro dal primo aprile di quest’anno». Una protesta che interessa in Italia 309mila addetti, di cui circa 4mila in Umbria.

L’hastag Lo slogan scelto dagli otto sindacati promotori dello sciopero (Fisac Cgil, Fiba Cisl, Uilca Uil, Fabi, Ugl, Dircredito, Unisin, Sinfub) è ‘#sonobancario al servizio del Paese e non al servizio dei banchieri’. Massimo Giulietti, segretario generale della Fisac Cgil dell’Umbria, spiega che «i sindacati dei bancari e tutta la categoria hanno sempre lavorato affinché il sistema, sottoposto a veri e propri tsunami internazionali negli ultimi anni, restasse vicino alla gente. Le rivendicazioni, dice il sindacalista, «sono tutte incentrate sulla difesa dell’area contrattuale, visto che il settore è soggetto ad esternalizzazioni selvagge, che potrebbero determinare un calo di circa 80mila dipendenti».

Gli stipendi Tra i temi al centro della protesta c’è anche quello dell’immensa disparità di retribuzioni tra i banchieri e top manager da una parte e i lavoratori bancari dall’altra. Secondo uno studio condotto dalla Fisac Cgil, «per un bancario ci vogliono circa 100 anni per guadagnare quanto un top manager ne guadagna in uno”. E si ricorda che «una controparte, l’Abi, è rappresentata in trattativa da Alessandro Profumo, lo stesso banchiere che ha ridotto Unicredit in uno stato di estrema difficoltà, uscendone con una liquidazione di oltre 40 milioni di euro». Per cui il sindacato unitariamente chiede «un ridimensionamento drastico delle retribuzioni del top management», così come spinge per «una banca diversa, al servizio del Paese e non dei grossi interessi privati delle lobbies».

Il jobs act Lo sciopero del 30 gennaio, conclude Giulietti, «rappresenterà un modo per far ragionare le banche e rendere consapevoli i lavoratori circa una possibile applicazione del jobs act, che sarebbe devastante per un settore che è stato un esempio di buone prassi per affrontare le crisi occupazionali grazie ad un ammortizzatore sociale specifico (il fondo di solidarietà) che in questi 15 anni ha permesso la fuoriuscita senza traumi di circa 40mila lavoratori con la possibilità di assunzione di giovani senza gravare sulla fiscalità generale».

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