La scrittrice-operaia: «Delusa da Nestlé»

Struggente lettera di Catiuscia Rubeca a umbriaOn: «Quando ho visto i dirigenti parlare di noi in quel modo, non ci ho visto più. È stato come un uragano»

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Ricomincerà a lavorare ad agosto, in virtù del nuovo accordo per il part-time al 50%: sarà a San Sisto, nel reparto confezionamento, da agosto a gennaio. Nel frattempo ha scritto un libro – La casa sul Lago – presentato anche al Salone del Libro di Torino. Ma è ancora fresca la ferita per la chiusura della vertenza Perugina e la recente conferenza stampa dei vertici Nestlé, per ufficializzare i numeri del piano sociale, ha riaperto la ferita. In particolare quella frase – «Sembra che paghi più la retorica della dialettica» – che sembrava rivolta proprio a lei, che era uno dei leader del gruppo dei ‘resilienti’. Raccogliamo il suo sfogo, sottolineando il coraggio di una persona che si espone in modo così netto sapendo di dover tornare in quella fabbrica e poter rischiare conseguenze in prima persona.

I NUMERI DEL PIANO SOCIALELE DICHIARAZIONI DI TOIA, POINTET, DI GIULIO E KRON

Catiuscia Rubeca

LA LETTERA:

Sono al computer e da settimane non apro una testata giornalistica, perché ingoiare una sconfitta non è mai facile. Scorro i titoli e vedo un video di un’intervista dove i protagonisti sono tre cariche dirigenziali Nestlé, l’azienda dove lavoro da vent’anni, e il mal di stomaco riaffiora e insieme a lui quel senso di impotenza che mi accompagna da diversi mesi.

L’intervista inizia con questa frase: «Sembra paghi più la retorica della dialettica». Ascolto l’intervista per intero con l’auricolare perché non voglio perdermi nemmeno un dettaglio: «Ci si scontra e si producono delle sintesi rispetto alle posizioni iniziali», stoppo il video e prendo un gran respiro, lo trattengo un attimo e lo butto fuori insieme al ricordo freschissimo e nitido degli ultimi mesi, socchiudo gli occhi e procedo nell’ascolto: «Anche se poi in realtà il famoso gruppo dei resilienti alla fine ha concordato”. Non basta più respirare profondamente, la rabbia mi sta sfuggendo di mano, serro la mascella e vado avanti: «Possiamo dire con orgoglio che Nestlé gestisce con grande responsabilità sociale… Nestlé gestisce Perugina da trent’anni e non ha mai licenziato nessuno, però ha trasformato la fabbrica evolvendola… Dobbiamo prenderci cura delle persone sempre, ma delle scelte vanno fatte».

Il video finisce, mi appoggio allo schienale della seggiola, distolgo gli occhi dallo schermo e li punto sulla schermo della tv accesa come per fuggire, c’è uno stupido telefilm che racconta stranamente un episodio serio, il passaggio di un uragano. Il quartiere intero raso al suolo, anzi no qua e là qualche abitazione a metà a resistito e le persone adesso che faranno? Questa è la domanda che ci si pone. Così penso: cavolo, io e i miei colleghi cavolo siamo stati investiti proprio da un uragano, qualcuno un giorno a deciso che andava raso tutto al suolo, qualcuno ha avuto la casa completamente distrutta o meglio la linea o macchina dove da trent’anni lavorava e quindi ha fatto fagotto per cercare di ricominciare altrove, qualcun’altro vedendo la propria abitazione a in piedi per metà o meglio il proprio reparto revisionato e ha deciso di serrare la mascella e di provare a ricostruire qualcosa con la consapevolezza che rimarrà una sistemazione traballante e che probabilmente dovrà fare fare fagotto più avanti.

LE DENUNCIA DEI RESILIENTI SUBITO DOPO L’ANNUNCIO DELL’ACCORDO – VIDEO

È difficile dire chi ha avuto più coraggio perché serve in entrambi i casi, ma forse mi sbaglio perché chi ha avuto più coraggio di tutti è colui che asserisce che alla fine paga più la retorica della dialettica, chi dice che abbiamo concordato, che ci siamo evoluti come fabbrica e che tutto è stato fatto con responsabilità cercando di prendersi cura delle persone. Nessuno di noi resilienti ha concordato bensì è stato costretto a scegliere tra due strade e nessuna scelta ci ha fatto bene al cuore, regredire dopo vent’anni di sacrifici per ricominciare da zero non è prendersi cura di nessuno, eliminare con un colpo di spugna certi professionalizzati per preferire semplicemente chi costa meno non è evolvere, minacciare velatamente durante il periodo di trattativa con il Mise (dicendo: «Candidati volontariamente alla riduzione contrattuale o sarai fuori») non è prendersi cura di nessuno.

Io personalmente ho deciso di restare e avevo già deciso quando ho accettato di apparire nei Tg o nei trafiletti dei giornali, con la consapevolezza che nulla avrei risolto perché contro una multinazionale la battaglia è impari. Qualcuno infatti me lo ha chiesto il perché di tutto quell’apparire e la mia risposta è stata semplice: perché sono una persona che ha molta dignità, che sa cosa fa ogni giorno per la sua famiglia e ne va fiera e non ci sta ad abbassare la testa con il cappello in mano, anche se ciò potrebbe solo inimicarmi qualcuno.

I PRIMI DUBBI SUI RICOLLOCAMENTI (CHE POI IN EFFETTI SONO NAUFRAGATI)

Ovviamente non nutro nulla di personale verso chi si è dovuto occupare delle trattative per lo snellimento della fabbrica, anche loro sono lavoratori con precisi doveri e tenuti a riferire ad altri più su nella piramide, però ciò che mi chiedo dopo l’intervista è: ok, in questi mesi hanno sempre parlato tre dirigenti, ma ora che l’uragano da loro scatenato è finito perché non fanno capolino i tre uomini, perché hanno ancora bisogno di dire che sono stati bravi nel concordare, chi devono convincere, noi o loro stessi?

Questa multinazionale che da trent’anni si prende cura e non licenzia in Perugina è cosciente che con le sue premure ha smembrato una realtà che era stata costruita con i sacrifici dei Perugini? Si rende conto che ha cancellato una realtà storica trasformandoci in una comune fabbrichetta dove si fanno tavolette e un solo tipo di cioccolatino? Qualcuno pensa mai al fatto che le responsabilità dovrebbero andare oltre l’accumulo del proprio stipendio sul conto corrente e che il denaro non può sempre essere il centro di tutto? Altrimenti non si può parlare di prendersi cura degli altri.

So perfettamente che questo mio sfogo non solleticherà nemmeno l’umore di certi personaggi, ma non importa: rimarrà come sempre una mia unica soddisfazione e di chi come me continuerà ad avere il coraggio di lavorare per il ripristino di quell’altra metà della casa distrutta dall’uragano nell’attesa che i manager e i dirigenti alla fine lascino il posto agli uomini!

Catiuscia Rubeca

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