Geotermia, si cerca posizione condivisa

In seconda commissione arriva il parere dei tecnici: favorevoli quello del Cirm e la valutazione di impatto ambientale nazionale

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Con l’auspicio di «chiudere la vicenda con un voto unanime» il presidente della seconda commissione Eros Brega ha accompagnato l’arrivo sul tavolo del parere dei tecnici della giunta regionale sul progetto pilota di un impianto di sfruttamento geotermico sulla piana dell’Alfina.

Condivisione «Lavoreremo a un documento che sia condivisibile da tutta la commissione, – ha detto Brega – ma serve una decisione, è necessario chiudere rapidamente la vicenda delle autorizzazioni per la geotermia nella piana dell’Alfina». Un documento quanto più condiviso, dunque, da approvare nella prossima seduta per poi sottoporre il documento all’Aula. E’ questo lo spirito con cui, dopo l’illustrazione del parere tecnico da parte dei funzionari della Giunta, Brega ha ricordato come il progetto risulti essere in linea con quanto previsto dalla Regione e dallo Stato e dovrà tenere conto dell’impatto economico e ambientale.

Il piano Il documento finale, dunque, dovrà essere in linea anche con le posizioni espresse dalle comunità locali e dai sindaci, i primi a dare battaglia sull’ipotesi di installare impianti di sfruttamento geotermico nei comuni di Castel Giorgio, Castel Viscardo, Monteleone di Orvieto e Allerona. Quattordici pozzi a una profondità di 2,7 chilometri che hanno scatenato forti dubbi dal punto di vista ambientale e sismico.

Ambiente e energia Per i tecnici, comunque, non c’è dubbio. Nel parere richiesto dalla seconda commissione prima di esprimere un giudizio sul progetto, si afferma chiaramente che le nuove tecnologie permetteranno di garantire l’ambiente e produrre energie. «L’impianto proposto è a ciclo binario, – si legge nel documento – una delle tecnologie più avanzate al momento disponibili. Le altre, proposte da alcuni, sono solo a livello di sperimentazione. Si potranno produrre 5 kw elettrici ed anche energia termica da valorizzare».

I pozzi dell’Enel I tecnici hanno poi spiegato perché l’Enel, partner originario di un progetto in ballo da diversi anni, nonostante una spesa di 1 milione e 620 mila euro, come aveva ricordato l’ex sindaco di Castel Giorgio Andrea Garbini, aveva chiuso i pozzi mettendo per iscritto l’impossibilità di usare gli impianti in questione e di non avere alcuna responsabilità per quanto potrà accadere in futuro anche in relazione all’aumento di microsismicità della zona. «In 25 anni non ci sono stati problemi, – hanno spiegato i tecnici – anche se si è arrivati a scavare a notevole profondità. I pozzi sono stati chiusi perché non c’erano aziende interessate al loro sfruttamento».

Iter nazionale Sempre nel documento si spiega poi che l’iter autorizzativo è nazionale e che la Regione può quindi dare solo applicazione ad un progetto del ministero dell’Economia mirato ad agevolare lo sviluppo della geotermia. «Lo sfruttamento del geotermico  – si legge ancora – rappresenta una fonte di energia inesauribile, pulita e a basso costo. La Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie (Cirm) ha dato parere favorevole. C’è stata una valutazione di impatto ambientale (Via) nazionale, dal punto di vista tecnico e ambientale c’è stato quindi un iter positivo e completo. Nel 2011 la Regione Umbria ha individuato il ciclo binario come sistema ottimale di sfruttamento della geotermia. La scelta che ha fatto lo Stato ha quindi coinciso con quella della Regione. Siamo ancora a livello di permessi di ricerca e, non, di produzione energetica, da seguire comunque con un attento monitoraggio, anche sismico».

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