Geotermico sull’Alfina: «Perché diciamo no»

Il presidente del Cisa rende note le motivazioni già inviate alla Regione

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di Vittorio Fagioli,
presidente del Comitato interregionale salvaguardia Alfina (Cisa)

Contro il paventato progetto geotermico denominato ‘Monterubiaglio’, presentato dalla società Toscogeo, i sindaci e le associazioni ambientaliste hanno pesentato alla Regione Umbria osservazioni al progetto, sulla base del mandato delle preoccupate assemblee di Allerona e Castel Viscardo.

Le assemblee dei cittadini avevano espresso parere negativo sul paventato progetto geotermico sull’Altopiano dell’Alfina ed i sindaci di Allerona e Castel Viscardo e le associazioni ambientaliste hanno inviato nelle ore scorse alla Regione dell’Umbria le previste Osservazioni contrarie alla realizzazione del progetto. E le relative richieste.

Rigetto dell’istanza della società ToscoGeo per mancata ottemperanza da parte del proponente degli obblighi inerenti le misure di pubblicità, data la mancata pubblicazione dell’avviso al pubblico dei comuni di Castel Giorgio ed Orvieto. «È infatti – si dice nelle osservazioni – non rilevante che la ricerca ora proposta interessi solo i comuni di Allerona e Castel Viscardo, il progetto coinvolge territori anche degli altri comuni di Castel Giorgio e Orvieto le cui amministrazioni ed i cittadini ivi residenti non sono stati messi nelle condizioni di presentare osservazioni al progetto, come prevede la legge. L’area a cui si deve far riferimento è l’area oggetto del permesso di ricerca che comprende tutti i comuni citati».

Non rilascio del permesso di ricerca per mancato rispetto delle previsioni di legge contenute nella D.G.R. Umbria n. 682/2011 in quanto non viene dimostrato-tra gli altri argomenti osservati – che il soggetto richiedente «disponga delle capacità tecniche, economiche ed organizzative adeguate alla esecuzione e alla realizzazione degli impegni programmati» Inoltre non vi è traccia della «presentazione di idonea fideiussione bancaria o assicurativa commisurata al valore delle opere di recupero ambientale previsto a seguito delle attività».

Non rilascio del permesso di ricerca per mancato rispetto delle previsioni di legge contenute nella D.G.R. Umbria n. 861/2011 relativamente all’inserimento ambientale dell’opera.

In subordine, richiesta di valutare l’effetto ‘cumulo’ conseguente alla presenza di altre zone di sfruttamento di risorse geotermiche esistenti o in corso di richiesta di permesso o di rilascio della concessione che -a breve distanza-insistono sull’altopiano dell’Alfina (ai sensi del D.M. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 30.03.2015, n.52). «Sull’Altopiano dell’Alfina – si dice nelle osservazioni – sono infatti pendenti ben 4 richieste finalizzate alla realizzazione di centrali geotermoelettriche, di cui 2 ad istanza della ITW-LKW con le localizzazioni di impianti pilota in Castel Giorgio e Torre Alfina (nella confinante Regione Lazio) e 2 ad istanza della società Toscogeo con i progetti ‘di ricerca’ definiti ‘Monterubiaglio’ e ‘Montalfina’ (di prossima presentazione). Quattro impianti geotermici che – se realizzati – cambieranno il volto dell’altopiano facendolo diventare come gli spettrali paesaggi toscani di Larderello e dell’Amiata (vedere per credere!), sacrificando agricoltura e turismo fonti delle uniche vere economie dell’area. Tale situazione rende non più rinviabile un intervento comune e determinato delle due Regioni, anche a fronte della netta contrarietà delle amministrazioni locali dei territori coinvolti motivata da estese preoccupazioni sul fronte della sicurezza (sismicità indotta e provocata, subsidenza, ecc.), e della necessità di proteggere dall’inquinamento da arsenico le falde di acqua superficiali dell’Alfina, attualmente utilizzate per alimentare la rete potabile; con l’aggravante di inquinare anche il Lago di Bolsena (SIC & ZPS), preziosa riserva di acqua potabile destinata a diluire la rete idrica laziale alle prese con irrisolti problemi di inquinamento da arsenico e importante polo turistico anche per l’economia del territorio umbro confinante».

In subordine, richiesta di conclusione del procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA con l’assoggettamento del progetto al procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). «Ciò in considerazione del fatto -recitano le Osservazioni – che il progetto di ricerca presentato dal proponente non ha nulla della “ricerca” ma è più propriamente un processo di passaggi tecnologici finalizzati alla realizzazione di un impianto industriale energetico (centrale geotermoelettrica) e quindi come tale va valutato, sin da subito, nella sua completa interezza, con un procedimento di valutazione ambientale (VIA). L’unico in grado di valutare tutti gli effetti sull’ambiente che l’insediamento comporterebbe e quindi a determinare la sua accettabilità ambientale o meno nel territorio, prima di autorizzare singoli passaggi tecnologici, di secondo ordine, in cui esso si articola. Oltre ad essere la procedura di VIA il contesto procedurale più’ adeguato a una completa e pertinente analisi e valutazione di effetti cumulativi indotti dalla realizzazione di opere e interventi su un determinato territorio».

Completano i motivi di opposizione di ordine tecnico e socio-economico quelli già espressi, relativamente all’impianto pilota di Castel Giorgio (e validi anche per gli ulteriori impianti utilizzanti identiche tecnologie che si volessero insediare nello stesso altopiano dell’Alfina), durante i procedimenti di valutazione ambientale (VIA) presso la Regione dell’Umbria e presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

Che appresso si elencano solo in titoli: precedenti storici di escavazione di pozzi geotermici sull’Alfina da parte di ENEL S.p.A. totalmente fallimentari sia a Castel Giorgio e Torre Alfina; mancanza di esperienza specifica su perforazioni a profondità elevate da parte della società titolare del progetto; oggettiva difficoltà nella gestione dei gas tossici del sottosuolo in considerazioni delle altissime pressioni a cui sono sottoposti e che potrebbero creare fenomeni di inquinamento dell’aria; problemi legati all’attraversamento di acquiferi utilizzati o utilizzabili per uso umano se la falda di copertura del serbatoio geotermico non è aquiclude. In tal caso vi sarà risalita verso l’acquifero potabile di percentuali di fluido geotermico contenente sostanze cancerogene quali arsenico, boro , ecc. risalita causata dalla pressione di reiniezione nel serbatoio geotermico; alterazione del delicato equilibrio sismico in una zona storicamente a considerevole sismicità, con la conseguente possibilità di dare luogo a fenomeni pericolosi per la popolazione; produzione di rumore da impianto, nell’arco delle 24 ore, del tutto incompatibile con l’attuale quiete dei luoghi a cui i residenti sono abituati da sempre e con l’esercizio di attività turistiche e di soggiorno per anziani già esistenti; grave impatto paesaggistico di un impianto di grandi dimensioni previsto in una zona di elevato pregio; grave possibile interazione con il corso del fiume Paglia, caratterizzato da significativi dissesti idraulici come in occasione delle esondazioni del novembre 2012, viste le aree su cui si vorrebbe effettuare la ricerca e presumibilmente l’impianto, oggettivo deterioramento delle eccellenze paesaggistiche, storiche e culturali che caratterizzano l’Altopiano a causa della installazione di impianti geotermici; peggioramento della qualità della vita delle popolazioni locali legate a stili di vita, consuetudini, lavoro e valori che nessuno ha il diritto di modificare; grave vulnus alla attività turistica dell’area. Vale infatti la pena di ricordare come nel comprensorio dell’Altopiano dell’Alfina siano presenti decine di Agriturismi, Bed & Breakfast, Case vacanze, Case per anziani, ecc. Con un indotto occupazionale variabile stagionalmente dalle cento alle duecento persone, considerando solo i “prestatori d’opera” all’interno delle attività descritte; nessun contributo ai problemi occupazionali. Infatti le perforazioni, le strutture, le tecnologie ed i macchinari impiegati sono di alta tecnologia, non certo alla portata di un idraulico o un elettricista di paese. Né tantomeno potrà essere impiegata manodopera locale, se non per attività di mero contorno; interazione negativa con la programmazione già in essere del Contratto di Fiume Paglia, che prevede l’unitarietà dell’elemento idrografico, ed i progetti delle Aree Interne.

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