Giornale dell’Umbria, adesso è scontro

Tutti contro tutti: per la nuova proprietà i vecchi soci avrebbero sottratto crediti e non rispettato il patto parasociale

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L.P.

Inizia a scricchiolare qualcosa. Nella vicenda, triste, che ha visto la messa in liquidazione del Giornale dell’Umbria cominciano ad emergere strani rimpalli di responsabilità tra la vecchia e la nuova proprietà.

Assemblea di società Di ieri la notizia che la redazione ha deciso di continuare lo sciopero ad oltranza, almeno fino all’incontro con il liquidatore che, lo scorso 14 gennaio, nello studio del notaio Fabio Orlandi di Roma, ha definitivamente sciolto la società. Ma che cos’è successo veramente in quel giorno? Dal verbale dell’assemblea di società emergono posizioni interessanti, quelle dell’unico che si è presentato nell’ufficio del notaio, il direttore del Giornale dell’Umbria Luigi Camilloni. Assente, infatti, tutto il Cda della Geu 1819.

IL VERBALE DI LIQUIDAZIONE

Contro gli ex soci E’ quindi lo stesso Camilloni a illustrare le motivazioni dello scioglimento della società, e cioè la mancata esecuzione delle deliberazioni approvate dall’assemblea dei soci il 28 agosto 2015, l’assenza del Tfr aziendale e un buco di bilancio di 536.573 mila euro. Una mancanza di copertura del Tfr, a detta di Camilloni, di cui poi si è venuto a sapere erano già a conoscenza i dipendenti, in quanto alla base di una trattativa per la cessione della testata a una cooperativa composta da giornalisti, trattativa poi naufragata.

Patto parasociale Non solo, Camilloni sembra prendersela con la vecchia proprietà che, a suo dire davanti al

Uno stralcio del verbale d'assemblea di società

Uno stralcio del verbale d’assemblea di società

notaio, non avrebbe rispettato il patto parasociale sottoscritto, contestualmente alla vendita, dai vecchi soci. Nel patto, spiega più avanti Camilloni, era stato stabilito che in caso di «discordanza tra quanto previsto in termini di flussi finanziari e le esigenze effettive del Gruppi Editoriale Umbria 1819 srl, venissero prontamente effettuati da parte dei soci cedenti accrediti in qualunque forma per supportare le esigenze» dell’azienda, almeno fino a tutto il 31 dicembre 2015. Il direttore chiarisce meglio la questione: il 3 dicembre servono 320 mila euro, ma a questa richiesta non viene dato nessun seguito.

Pubblicità E poi c’è la questione della pubblicità. Camilloni parla di un «azzeramento indiscriminato ed immotivato dei crediti vantati da Geu 1819 srl nei confronti di Centro Italia Pubblicità, la società che si occupava di trovare le pubblicità per il giornale e «che incassava i soldi degli inserzionisti». Ci sarebbero, poi «atti contrari all’interesse della società da parte di alcuni membri del Cda». A che cosa si sta riferendo, dunque, il direttore? Per Camilloni hanno deliberatamente attuato una strategia di danneggiamento della società attraverso sottrazione di crediti «mediante svalutazioni integrali o mancato pagamento da parte di società da loro dirette». E il riferimento è di nuovo alla concessionaria Centro Italia pubblicità. Per questo la società si riserverebbe di far attuare una particolareggiata verifica dei singoli atti gestionali da parte di un legale incaricato.

La redazione I nuovi, però, non ce l’hanno solo con i vecchi soci. Se la prendono anche con i giornalisti, che si sono rifiutati di applicare il piano editoriale varato in ottobre e le nuove testate realizzate, «tanto che – prosegue Camilloni – in maniera del tutto irrituale e inusuale, oltreché illegittima, veniva respinto per intero il piano editoriale di dettaglio» che lo stesso direttore aveva inviato al comitato di redazione. Che, secondo il contratto nazionale collettivo, ha da sempre il potere di respingere un piano editoriale proposto, senza che questo sia vincolante per chi dirige la testata. «Non era neanche un piano editoriale, quattro pagine con un nuovo timone, da lui definito menabò, e una linea editoriale incentrata sul nazionale» ricorda Andrea Luccioli del cdr. Ancora sul personale Camilloni scarica le colpe di ferie arretrate, assenze coordinate, malattie, scioperi «per rallentare la produzione e impedire la editazione dei prodotti». Tutti atteggiamenti che, secondo il direttore, «hanno reso inattuabile alcuna forma di rilancio».

Liquidazione Data la situazione si veniva dunque a determinare «uno stallo strutturale dell’azienda e pertanto l’unica decisione plausibile è di procedere alla formale chiusura delle attività con la liquidazione dell’azienda». Dopo aver tentato di trovare altri imprenditori interessati a creare una nuova compagine sociale per continuare a pubblicare la testata locale – un incontro del 18 dicembre scorso, andato deserto, in cui era stata indetta un’offerta pubblica di sottoscrizione per un aumento di capitale fino a dieci milioni di euro – la nuova proprietà si è rivolta alle fondazioni bancarie, ma ugualmente non c’è stato niente da fare. Pertanto con il voto favorevole di tutti i presenti, cioè del solo direttore Luigi Camilloni, l’assemblea alla ‘unanimità’ ha quindi deliberato lo sciglimento anticipato della società e l’affidamento delle operazioni liquidatorie allo stesso Camilloni supportato dal parere legale dello Studio Marrocco.

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