Giovani e lavoro, in Umbria 29 mila ‘Neet’

Il 19% dei ragazzi non studia e non lavora. In media impiegano 36 mesi dopo la laurea per trovare un’occupazione

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L.P.

Non studiano e non lavorano. In inglese ‘Neet’, in italiano ‘Né Né’. Sono 2,3 milioni in tutta Italia, suddivisi in 998 mila disoccupati, 589 mila inattivi e 762 mila forze lavoro potenziali.

Lo studio Questi i dati di una delle poche ricerche condotte sul tema e intitolata ‘Ghost’, realizzata dall’onlus WeWorld e che mette nero su bianco la condizione di precarietà cui i giovani di oggi sono costretti. Quelli che hanno tra i 15 e i 29 anni e che in Umbria sono circa il 19 % della popolazione totale. Cifre allarmanti, che non fanno ben sperare per il futuro e che indicano l’inconsistenza delle politiche attive del lavoro messe in campo dal governo nazionale e regionale.

Neet Il termine significa letteralmente ‘not engaged in education, employment or training’ e include tutti quei ragazzi compresi tra i 15 e i 29 anni che non hanno un impiego, non lo cercano, non studiano e non ricevono alcun tipo di formazione. Secondo la ricerca, all’interno di questo microcosmo si possono rintracciare quattro diversi ‘tipi di tribù’ perché questa condizione non è benvoluta, i giovani, oggi, cercano di fare esperienze, rafforzare i valori, essere attivi e guadagnare qualcosa. Un modo, insomma, per inventarsi il futuro lo trovano sempre, a discapito di quello che ministri e politici dichiarano nelle loro interviste.

Cgil Sui pesanti effetti della disoccupazione giovanile, che nel 2014 era salita al 42,5% dal 37,2 del 2013, nei mesi scorsi aveva tuonato contro anche la Cgil, ricordando come ci fosse, in Umbria, «la presenza di una quota di disoccupati di difficile assorbimento da parte della domanda di lavoro». In Umbria i giovani che non lavorano e non studiano sono circa 29 mila unità. Molti dei quali laureati e che vivono ancora a casa con i genitori.

Lavori saltuari Ci sono quelli alle prese con lavori saltuari, prestazioni occasionali, collaborazioni a progetto e piccoli lavoretti estivi. Sono i baristi che ci servono l’aperitivo, ogni sera, nel bar in piazza, i camerieri che ci portano la pizza al tavolo, i babysitter cui facciamo tenere i nostri bambini, gli organizzatori di eventi cui partecipiamo nel week end e gli operatori telefonici che ci contattano per offrirci le tariffe più convenienti. Poi ci sono i laureati, quelli che 30 anni fa il giorno dopo la discussione della tesi già lavoravano e che oggi, a 2, 3 anni di distanza, vivono di collaborazioni di 6 mesi in 6 mesi. Secondo l’Istat, un laureato oggi impiega almeno 36 mesi a trovare un’occupazione, ma se è in ambito umanistico l’attesa è più lunga.

Laureati E così scopriamo che, a un anno dalla laurea, il tasso di disoccupazione è al 31,5% in ambito psicologico, al 31,3% in quello geo-biologico, al 30,4% in quello letterario, al 27% per chi ha studiato architettura, al 26% per chi ha deciso di studiare scienze politiche e affini. Tra i gruppi disciplinari che aiutano a trovare lavoro prima e meglio le materie scientifiche (8,5%), medicina e affini (9,8%) e ingegneria (10,5%).

Volontariato E per uscire dalla trappola del divano e dello stare tutto il giorno chiusi in casa, davanti un pc, a mandare curricula, i giovani di oggi, restii ad essere considerati ‘bamboccioni’, si attrezzano come possono per uscire dalla propria condizione e darsi da fare. Un vero e proprio esercito di resilienti che, sfidando condizioni economiche avverse e una politica che non si cura di loro, prova a costruirsi un presente e a immaginarsi un futuro. E così viene fuori che, in Italia, si può fare del bene per gli altri e per sé stessi. Chi si dedica al volontariato, infatti – circa un milione di giovani in tutta Italia – sceglie di non subire passivamente il fallimento di politiche economiche e l’acuirsi di una crisi occupazionale senza precedenti, di cui pagano lo scotto più grande, e di rendersi comunque utili per la propria comunità. Si occupano di accoglienza, immigrazione, bambini svantaggiati, animali, anziani, ambiente e territorio e per questi giovani la fiducia nelle istituzioni è calata drasticamente al 19%, quella riposta nella politica ad appena il 14%.

A casa con mamma e papà Quando il lavoro non c’è e gli studi sono terminati, per tanti ragazzi l’unica scelta rimane quella dello sport. Così esiste tutto un mondo di sportivi che, per arginare l’esclusione sociale, frequenta in maniera sempre più assidua, palestre, piscine, campi da calcio o da tennis. L’impossibilità di trovare un reddito dignitoso per sostenere un affitto, spinge 6 giovani su 10 a vivere con i genitori fino ai 34 anni.

Garanzia giovani Oltre il Jobs Act, c’è il programma Garanzia giovani per cui l’Umbria dispone di quasi 22,8 milioni di euro nell’ambito del piano di attuazione italiano. I fondi maggiori sono destinati alla formazione, 8,5 milioni di euro per allineare i profili degli under 30 con le figure richieste dalle aziende, 3,7 milioni sono destinati ai bonus occupazionali per le imprese che assumono e il resto è destinato all’accoglienza, ai tirocini, al servizio civile e alla mobilità professionale. Opportunità oppure nuova schiavitù, con compensi pagati in ritardo e aziende che sfruttano competenze e professionalità, i giovani non ci stanno a vivere l’assenza di lavoro o di un contratto come una colpa. Semmai è un problema, di natura squisitamente politica.

 

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