Ospedale di Perugia: «Abbiamo lavorato in un clima di guerra»

Il commissario Antonio Onnis illustra com’è cambiata l’azienda ospedaliera dopo l’emergenza coronavirus

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Articolo in aggiornamento

Il commissario dell’azienda ospedaliera di Perugia Antonio Onnis in conferenza stampa ha illustra com’è cambiata l’azienda ospedaliera dopo l’emergenza coronavirus, snocciolando i numeri sui posti letto via via dragati dagli altri reparti in favore della terapia intensiva e quelli sul personale impiegato. Un modo per chiarire cosa si è fatto e cosa si farà e, al tempo stesso, smentire quelle che lui chiama ‘fake news’ sul presunto ritardo nella risposta sanitaria dell’Umbria e di Perugia.

EMERGENZA CORONAVIRUS – UMBRIAON

Clima di guerra

«Abbiamo lavorato in un clima di guerra», esordisce Onnis per raffigurare il contesto in cui si è lavorato. E non è un termine usato a caso. Visto che le principali risposte arrivano rispetto ad un servizio della trasmissione ‘Report’ andata in onda lunedì scorso (il cui titolo era ‘La guerra degli infermieri’ e che sembra il motivo principale, ancorché sottinteso, di questa conferenza). come già detto alla Rai, Onnis ha sottolineato che «nessuno poteva considerarsi pronto ad affrontare questa pandemia».

La guerra degli infermieri (video Report)

Le smentite

«Sono venute fuori alcune amenità ad esempio su presunte stabilizzazioni di figure che in realtà non sono stabilizzabili». Ma ovviamente il focus è quello sui dispositivi di protezione individuale (su cui si è concentrata la trasmissione Report): «Abbiamo avuto, come tutti, delle difficoltà iniziali a reperire tali dispositivi e per ovviare a ciò abbiamo messo in campo una razionalizzazione nell’utilizzo dei dispositivi che avevamo, dandoli a chi ne aveva davvero bisogno e invitando a utilizzarli nel modo corretto. Ora tale crisi è superata: possiamo dire che abbiamo autonomia per alcuni di 2-3 giorni e per altri anche di una ventina di giorni». Sottolineato anche il fatto che l’incremento nel consumo di dispositivi è aumentato anche di dieci-venti volte.

I DATI FORNITI: POSTI LETTOSTABILIZZAZIONI

I positivi

«Noi abbiamo in questo momento 31 dipendenti risultati positivi; di questi solo due hanno avuto bisogno di ricovero – dice Onnis – ma una buona parte di queste persone ha avuto la sventura e la sfortuna di contrarre l’infezione nel proprio ambiente, ma non per questo nessuno si è mai permesso di definirli ‘untori’, come pure è stato scritto; né vuole essere un atto di accusa verso alcuno».

Tornare alla normalità

E comunque secondo il commissario la risposta è stata soddisfacente e lo sforzo è stato massiccio, sia dal punto di vista sanitario sia da quello logistico, per tenere separati i pazienti e gli operatori dei reparti ‘covid’ da quelli ‘non covid’; idem per le rianimazioni e le terapie intensive, che devono continuare (anzi, ricominciare) ad avere anche la loro funzione ‘generalista’, ovviamente dopo opportuna bonifica.

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