Bocci, Duca e Valorosi restano ai domiciliari

‘Sanitopoli’: il Riesame respinge la richiesta di revoca della misura avanzata dai legali degli arrestati. «Delusione ma anche alcuni aspetti positivi»

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Il tribunale del Riesame di Perugia ha rigettato le richieste di Gianpiero Bocci, Emilio Duca e Maurizio Valorosi di tornare in libertà. L’ex segretario regionale del Pd, l’ex direttore generale dell’azienda ospedaliera di Perugia e l’ex direttore amministrativo restano quindi agli arresti domiciliari in virtù del loro coinvolgimento, con varie accuse, nell’inchiesta ha coinvolto vari esponenti della politica e della sanità umbra. Gli avvocati Francesco Falcinelli e David Brunelli avevano presentato lunedì la richiesta per i loro assistiti dinanzi ai giudici Giuseppe Noviello, Alberto Avenoso ed Emma Avella. Bocci, già sottosegretario al ministero dell’Interno nei governi Letta, Renzi e Gentiloni, era l’unico indagato presente al palazzo di giustizia.

L’INCHIESTA SULLA SANITÀ IN UMBRIA

Parla il legale di Bocci e Valorosi

Così l’avvocato David Brunelli, in merito alla posizione di Gianpiero Bocci: «La misura è stata confermata anche se ridimensionata nella sua premessa: sono riconosciute solo le esigenze legate al pericolo di inquinamento probatorio ed è esclusa la reiterazione dei reati. Ciò ha una ricaduta pratica sulla durata della misura che non potrà eccedere i 60 giorni (massimo fino al 12 giugno, ndR). È stata comunque esclusa la gravità indiziaria per il favoreggiamento che era il reato più ‘pesante’ e impegnativo dal punto di vista giudiziario. Per Gianpiero Bocci è rimasta una misura legata alla gravità indiziaria in merito a due concorsi (rivelazione delle tracce in concorso con altri, ndR) e solo per questo è stata confermata». Su eventuali prossimi passi: «Dobbiamo capire quando il Riesame elaborerà le motivazioni, leggerle ci servirà anche per determinare i nostri successivi passi, se chiedere le revoca della misura al Gip, ad esempio, o meno. Il nostro auspicio è comunque che i pubblici ministeri lavorino celermente, in modo che prima della scadenza dei 60 giorni non sussista più, dal loro punto di vista, alcun pericolo di inquinamento probatorio». In merito a Bocci e Valorosi: «I miei assistiti sono molto delusi perché le aspettative erano altre, a prescindere dagli aspetti positivi emersi».

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