Centri antiviolenza: «Ecco nuovi fondi»

Umbria, Catiuscia Marini replica ad Enrico Flamini: «Tagli del governo al fondo nazionale antiviolenza? Falso. Polemica sterile»

Condividi questo articolo su

«Posso assicurare che i tre centri umbri antiviolenza (Perugia, Terni e Orvieto) potranno continuare ad operare grazie all’impegno straordinario della Regione che, con l’ultima manovra di assestamento del bilancio, ha erogato un contributo straordinario di 200 mila euro».  Catiuscia Marini, rispondendo alle parole del segretario regionale di rifondazione comunista dell’Umbria Enrico Flamini, rilancia l’azione sui centri antiviolenza.

La risposta La presidente della Regione afferma che «è alquanto sterile, se non fuori luogo, la polemica di Enrico Flamini nei confronti del Governo circa la vicenda di presunti tagli al fondo nazionale antiviolenza. Cosa che non risponde assolutamente al vero». E in merito al mancato riparto del fondo nazionale per l’attività dei centri antiviolenza, spiega che «è stato determinato dal fatto che alcune Regioni (non l’Umbria) non hanno ancora formalizzato i rendiconti di attività, impedendo così la possibilità di effettuare il riparto in occasione dell’ulta riunione della Conferenza Stato-Regioni, che è stato, quindi, solo rinviato. Grazie all’impegno ed alla sensibilità di questo Governo e del Ministro Maria Elena Boschi, titolare della delega alle pari opportunità, sono state notevolmente incrementate le risorse statali per l’attuazione di politiche di genere e di lotta alla violenza sulle donne».

Rete antiviolenza In questi anni – prosegue la Marini – «abbiamo ampliato in Umbria la rete antiviolenza, un sistema di servizi integrati che comprende alcuni punti di ascolto diffusi sul territorio regionale, il telefono donna attivo 24 ore su 24 presso il centro regionale pari opportunità, i centri antiviolenza di Perugia, Terni e Orvieto, le case rifugio ad indirizzo segreto, con il personale dedicato per il ‘codice rosa’ nei pronto soccorso degli ospedali, ma anche con i progetti educativi nelle scuole, per un cambiamento culturale che inizi dai più giovani, ragazzi e ragazze, e con risorse finanziarie. Una rete che si integra con i servizi offerti dalle strutture socio-sanitarie, dalla rete ospedaliera e dalle associazioni di volontariato umbre. Tutto ciò è stato possibile anche grazie alle risorse messe a disposizione dalla Regione e dai Comuni. I centri – conclude la presidente della Regione – sono nati grazie ad un progetto sperimentale nazionale e noi abbiamo sempre perseguito l’obiettivo di rendere permanente in Umbria la loro attività, tant’è che proprio la nuova legge regionale sulle politiche di genere prevede ancora ulteriori risorse affinché ciò possa concretamente realizzarsi».

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli