Condannato a 7 anni: assolto in appello

Terni: la vicenda di un 30enne rumeno accusato di aver ridotto in schiavitù la compagna. Quest’ultima non si è mai presentata per confermare le accuse

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Nel novembre del 2012 era stato condannato a sette anni di reclusione dal tribunale di Terni per i reati di tratta di persone, riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione. Dopo oltre quattro anni – e diversi mesi trascorsi in carcere – la corte di appello di Perugia lo ha assolto perché ‘il fatto non sussiste’.

La vicenda riguarda un 30enne di nazionalità rumena, arrestato nel marzo del 2009 dalla polizia di Terni dopo la denuncia sporta dall’ex convivente a cui aveva fatto seguito l’indagine della direzione distrettuale antimafia di Perugia. La donna – una giovane connazionale – aveva raccontato agli inquirenti di essere giunta in Italia a seguito delle pressioni dell’uomo e dietro la promessa di una vita migliore. In realtà, aveva finito quasi subito per prostituirsi, accusando il compagno di tutta una serie di violenze, privazioni e costrizioni poi verbalizzate anche di fronte alle forze di polizia.

Condanna e appello Alla denuncia avevano fatto seguito l’arresto e il processo, con la condanna a sette anni – in aula il pm Antonella Duchini ne aveva chiesti nove – da parte del tribunale di Terni in composizione collegiale. I legali difensori del 30enne rumeno, gli avvocati Francesca Abbati e Daniele Biancifiori, avevano appellato la sentenza evidenziando, fra le altre cose, come la persona offesa non si fosse mai presentata in aula per confermare e ribadire direttamente le accuse formulate a suo tempo.

Assolto Un punto di vista che i giudici dell’appello hanno accolto in pieno: il procedimento è stato discusso nel settembre del 2015 e, dopo vari tentativi e decreti della stessa Corte per acquisire la deposizione della donna – irreperibile sul territorio nazionale – è arrivata la decisione che scagiona completamente l’uomo dalle accuse che lo avevano fatto finire alla sbarra. «Riteniamo – affermano gli avvocati Daniele Biancifiori e Francesca Abbati – questa sentenza pienamente coerente con lo sviluppo processuale che non ha mai visto la presunta vittima presentarsi per confermare quanto dichiarato a suo tempo alla polizia giudiziaria. Resta il tempo trascorso, con tanto di custodia cautelare, che non potrà di certo essere restituito al nostro assistito. Ci riserviamo comunque di chiedere i danni per l’ingiusta detenzione».

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