Controlli in corsia, ‘querelle’ a Terni

Tensione al Santa Maria per gli accertamenti notturni sulle persone che assistono i pazienti. La dura lettera di una donna. Colasanti (Unmil): «Verifiche legittime»

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A qualcuno, per motivi diversi, i controlli non sono andati giù. E chi li ha messi in atto, se ne prende la responsabilità e spiega la propria versione. Prima c’è però quella di coloro che – fra chi ha alzato la cornetta e chi ha preso carta e penna (pardon la tastiera) scrivendo alla direzione generale del Santa Maria di Terni e ai media, firmandosi – non hanno affatto gradito ciò che è accaduto nella notte fra mercoledì e giovedì in diversi reparti dell’ospedale.

La lettera La presa di posizione più trasparente è quella di una donna, si chiama Stefania Vitolo, che ha reso pubblica la sua versione dei fatti attraverso una lettera. Ne riportiamo i passaggi principali: «Il giorno 12 febbraio 2018 – scrive – intorno alle ore 20, nel reparto di geriatria nel quale mia madre era ricoverata, due donne, dipendenti dell’agenzia di assistenza ospedaliera (omissis), si sono introdotte nella stanza di degenza ed hanno aggredito verbalmente la signora che le prestava assistenza (persona di fiducia) urlando e minacciandola perché non appartenente all’agenzia di cui sopra, che pare detenga il monopolio dell’assistenza agli ammalati. Le urla si sono udite in tutto il reparto e ne hanno disturbato la quiete. A seguito di tale aggressione mia madre si è spaventata moltissimo ed è rimasta agitata per tutta notte».

Il racconto «Tale episodio – riferisce la donna – è stato da me denunciato al Tribunale dei diritti del malato il giorno 14 febbraio. Il nuovo episodio si è verificato nel reparto lungodegenti post acuzie, nel quale mia madre è stata trasferita il 21 febbraio per iniziare un periodo di riabilitazione. Appena mia madre è stata trasferita nel suddetto reparto, la caposala e gli infermieri mi hanno illustrato il regolamento e si sono fatti fornire gli estremi delle persone che le avrebbero prestato assistenza; mi hanno inoltre informata che, per consentire a mia madre di eseguire la mobilizzazione attiva in una situazione di sicurezza, lei, come gli altri pazienti nelle medesime condizioni, avrebbe dovuto utilizzare una poltrona dotata dei dispositivi necessari, fornita dal reparto. Tale poltrona in effetti è stata immediatamente sistemata accanto al letto e la caposala si è raccomandata di tenerla coperta e pulita».

Notte ‘tesa’ «La notte scorsa (fra mercoledì e giovedì, ndR)  intorno alle 1.30 due persone che non si sono qualificate – un uomo su una sedia a rotelle ed una donna – sono entrate nella stanza in cui è ricoverata mia madre e, dopo aver acceso la luce, svegliandola, si sono rivolte alla signora che come ogni notte le presta assistenza, regolarmente autorizzata dal personale del reparto. Parlando a voce alta e con un tono aggressivo e intimidatorio le hanno ingiunto di non farsi più trovare accanto a mia madre poiché lei, come le altre due pazienti ricoverate nella stessa stanza (una delle quali è regolarmente assistita giorno e notte), a loro giudizio non necessitano di assistenza ‘perché tanto dormono…’. Hanno inoltre provato a intimorirla con frasi del tipo ‘mi guardi negli occhi quando parlo’. Subito dopo hanno fatto portare via la poltrona assegnatale per la mobilizzazione».

Le domande «A questo punto mi chiedo innanzitutto chi fossero le due persone che si sono introdotte nella camera e da chi autorizzate. Mi chiedo, inoltre, con quali competenze hanno ritenuto non indispensabile l’utilizzo della poltrona per la mobilizzazione attiva e con quale professionalità hanno giudicato non meritevole di assistenza notturna una persona afasica, emiplegica, fibrillante, con catetere vescicale a permanenza, con sondino naso-gastrico per alimentazione, confondendo uno stato di vigile torpore con la sonnolenza. Nel ribadire la mia più profonda stima e sentita riconoscenza nei confronti del personale tutto della struttura diretta dalla dottoressa Proietti e nella certezza che verranno adottati adeguati provvedimenti nei confronti di chi lede la dignità dei pazienti e l’immagine dell’azienza ospedaliera, faccio presente che quanto descritto sarà da me comunicato ufficialmente all’autorità giudiziaria ed agli organi di stampa».

Altre denunce Allo stesso modo, ma senza qualificarsi, c’è chi telefonicamente ha fatto presente episodi simili avvenuto nel corso della stessa notte: persone che entrano in una camerata senza fornire le proprie generalità, che parlano a voce alta disturbando, che controllano e chiedono i tesserini alle donne che prestano assistenza ai pazienti. Insomma, una situazione di tensione di cui vanno comprese appieno le ragioni.

«Sono stato io» A sbrogliare parzialmente la matassa – sul punto anche l’azienda ospedaliera di Terni, è prevedibile, dirà la sua – ci pensa intanto Gianfranco Colasanti. L’uomo ‘sulla sedia a rotelle’ indicato dalla donna che ha spedito la sua missiva alla direzione del nosocomio e ai media. «Mercoledì sera – racconta – io e la dottoressa Ambra Proietti, dirigente dei servizi infermieristici, accompagnati da alcuni infermieri, abbiamo eseguito controlli che sono iniziati alle 22.30, protraendosi fino alle 3.30 circa». E una. «Ci siamo qualificati e, in maniera che ritengo cortese, educata e soprattutto esibendo nomi e, nel mio caso, il tesserino ricevuto dall’azienda ospedaliera, su delega del direttore generale, in quanto presidente regionale dell’Unmil, abbiamo dato seguito ad alcuni accertamenti». E due.

L’oggetto delle verifiche, riferisce a Colasanti, «riguarda i requisiti delle persone che prestano servizi di assistenza notturna nei vari reparti. Anche a seguito di alcuni articoli di stampa – spiega – abbiamo accertato che questi assistenti, per lo più donne, fossero familiari dei pazienti o comunque in possesso di regolare tesserino delle cooperative autorizzate a prestare questo tipo di servizi all’interno del Santa Maria. Si tratta di uno screening finalizzato a far emergere le eventuali irregolarità e ad avere il quadro reale della situazione, viste le tante segnalazioni riferibili a situazioni poco chiare che avvengono ogni giorno. Ritengo – conclude Colasanti – che chi lavora vada sempre rispettato. Non c’è la volontà di penalizzare nessuno. Ma nel contesto di un protocollo coop-ospedale che va senz’altro rivisto, questi accertamenti servono a verificare ciò che accade e a rendersi conto della realtà del nosocomio e da chi è frequentato, specie di notte». Ma a che titolo li avete eseguiti? «Siamo stati autorizzati dall’azienda – osserva – pertanto è tutto in piena regola». Palla all’ospedale.

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