Coop: «Troppi privilegi riservati a pochi»

Da Vasco Cajarelli, dirigente Cgil e dipendente, una dura presa di posizione: «C’è da interrogarsi su cosa sia stato e dove siano finiti i princìpi del ‘movimento cooperativo’»

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di Vasco Cajarelli
Dipendente Coop e dirigente sindacale

Sono dipendente e socio Coop da 33 anni e posso dire di aver visto completarsi la trasformazione genetica di questa realtà. C’è da interrogarsi su cosa sia stato e dove siano finiti i princìpi del ‘movimento cooperativo’, che anche nella nostra regione si era sviluppato, crescendo fortemente sulla spinta di valori che delineavano una possibile ‘terza via’ rispetto ai modelli economici esistenti.

Ma poi tante cooperative nel nostro territorio hanno chiuso, penso all’importante esperienza del Molino cooperativo del Trasimeno o agli oleifici cooperativi che avevano tentato di coniugare le battaglie mezzadrili con l’idea di un autogoverno dell’impresa e che consentivano di superare la necessità e l’obbligo di rivolgersi ai padroni e al loro grande capitale fondiario.

E allora, mi domando e vi domando cosa è diventata oggi l’esperienza cooperativa. Mi si risponderà che le aziende se non fanno profitto chiudono, ma è altrettanto vero che queste cooperative sono nate per il bisogno di rispondere alla necessità di una visione diversa del ‘mercato’ o, per lo meno, di una visione non ‘unilaterale’, cioè rivolta solo al profitto.

Certo, quando un cliente, anche un socio Coop, va al supermercato, deve avere qualità nel servizio e un buon prezzo. Ma forse alla Coop il cliente si aspetta qualcosa di più: un’azienda che vuole fare dell’etica commerciale anche uno stile. E allora, perché questa azienda oggi sceglie di intraprendere una concorrenza verso il basso alle catene commerciali più agguerrite? Perché si punta sulla ‘finanza creativa’, anziché tutelare i piccoli risparmiatori con il ‘prestito soci’, che era e dovrebbe ancora essere una delle importanti risorse della Coop? Questa azienda ha deciso di diventare come le altre, recidendo l’ultimo cordone ombelicale con la sua storia ormai lontana?

Quando aziende come la Coop sono state attaccate da una certa cultura di destra per togliergli le agevolazioni fiscali, le abbiamo difese, pensando e credendo ancora nelle finalità sociali che le caratterizzavano. E allora: perché si sceglie ancora la strada della riduzione dei diritti del lavoro, arrivando a minacciare la possibilità che il magazzino di Castiglione del Lago sia esternalizzato? Già oggi i dipendenti Coop hanno stipendi anche troppo bassi, fino al punto che qualche volta sono costretti a rinunciare a fare la spesa nel loro supermercato e rivolgersi alla concorrenza.

Ma non è per tutti così. È vero o no che all’interno di questa azienda c’è una condizione di privilegio per pochi, con condizioni economiche e di ‘rendita di posizione’ indiscutibili e indiscusse? È vero o no che si può restare ai vertici di una cooperativa per quasi 40 anni, senza rischiare mai la messa in discussione? Esiste o no un problema di democrazia decisionale ed economica in questa azienda?

Vorrei che all’interno di Coop si sviluppi una riflessione, per fare meglio ed accrescere anche la competitività. Perché prima o poi dovremo fare i conti con un aspetto fondamentale: non esiste solo la dittatura del mercato, ma forse si può vincere puntando ad altro. È vero che viviamo tempi difficili, riduzione dei diritti economici, sociali e democratici, i grandi ideali sembrano scomparsi, ma forse, ancora, abbiamo bisogno di credere che l’uomo non si riduca a ricercare la felicità nell’affermazione di sé e limitando le possibilità a chi gli è vicino o lavora con lui, nella stessa azienda.

33 anni fa, quando caricavo un pancale o rifornivo un camion, avevo il sogno che quel gesto, oltre a darmi da vivere, alimentasse la speranza di contribuire ad un’altra idea di mercato. Non uccidiamo tutti i sogni, o saremo tutti più soli.

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