Crisi idrica in Umbria: siccità e inquinamento

Incontro in Regione con l’assessore Cecchini. Petruzzelli (Federconsumatori): «Situazione allarmante». La Lega: «Serve stato di calamità»

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L’Umbria non è in buone acque. Non piove da settimane, la falde si stanno asciugando, l’agricoltura e l’allevamento sono in forte difficoltà. E come se non bastasse ci si mette pure l’inquinamento.

UMBRIA, ALLARME INCENDI: MANCANO CANADAIR

Riunione in Regione Se n’è parlato mercoledì mattina al Broletto, una delle sedi della Regione Umbria, dove era stata convocata una riunione per una valutazione dell’impatto sulla distribuzione idrica legata al servizio idropotabile e all’irrigazione della scarsità di piogge che da gennaio interessa tutto il territorio regionale. Con l’assessore Fernanda Cecchini, all’incontro hanno partecipato i rappresentanti dell’Auri (Autorità umbra Rifiuti ed Idrico), dell’Ente Acque Umbre Toscane, delle società di gestione del servizio idrico integrato operanti sul territorio regionale, dei Consorzi di Bonifica, delle organizzazioni professionali agricole, il direttore regionale all’Ambiente della Regione Umbria Diego Zurli e i dirigenti regionali Viterbo e Polenzani.

Nel 2017 piogge dimezzate Da settembre 2016 – è emerso nell’incontro – sono stati registrati dei cali significativi sulle piogge cumulate in un mese, localmente anche di circa il 50% in meno rispetto alla media storica, circa il 24% in meno di media a livello regionale. Peggiore è la situazione dall’inizio del 2017: si registrano mancate piogge mensili fino a maggio localmente superiori al 55%, e piogge cumulate da inizio anno inferiori sino al 55% alla media storica.

Peggio che durante le «calamità naturali» Mediamente, a livello regionale, considerando anche il mese di giugno fino al giorno 20, si registra una mancanza di pioggia pari al 39% circa di media. Sempre a giugno 2017 sono state registrate piogge medie a livello regionale pari a circa 2.2 mm a fronte di una media di 60 mm. Confrontando i dati delle precipitazioni attuali con le precedenti crisi idriche storiche del 2001, 2006 e 2012 che avevano comportato lo stato di calamità naturale, la situazione attuale è molto più grave, in quanto nel 2001 e 2006 era stato riscontrato un deficit annuale di pioggia rispettivamente del 24,8% e del 26.3%, e nel 2012 anno in cui si era registrato il deficit maggiore, pari al 38,7%, contro l’attuale deficit del 39.2%.

Controllo sulle reti idriche Per verificare lo stato dei livelli idrici dei corsi d’acqua è stata avviata una campagna di controllo della situazione in cui versa il reticolo idrico nei principali comprensori regionali. Sono state riscontrate criticità diffuse per tutti corsi d’acqua, più evidenti per i corsi d’acqua minori dove si registrano situazioni di assenza di scorrimento o minimo scorrimento, mentre per quanto riguarda il fiume Tevere lo scorrimento è garantito da rilascio dell’invaso di Montedoglio attualmente pari a 1,6 mc/secondo.

Il Trasimeno non preoccupa (per ora) Per quanto riguarda il lago Trasimeno, nonostante la forte carenza di precipitazioni, l’attuale livello è di circa 40 cm sotto lo zero idrometrico, lontano quindi dalla grande criticità degli anni precedenti (nel 2003, 2008, 2013 dove si sono raggiunti rispettivamente -185, -168, -151 cm sullo zero idrometrico), anche se va considerato che negli ultimi 20 giorni il livello del lago è diminuito di circa 10 cm e che si è ancora all’inizio della stagione più calda, dove in genere il lago cala in maniera significativa, circa 50 centimetri.

Acqua bene di tutti«In Umbria non siamo all’emergenza idrica – assicura l’assessore Fernanda Cecchini – ma la siccità di questi ultimi mesi sta indebolendo i deflussi dei fiumi, i livelli di invasi, falde e sorgenti. Dobbiamo perciò mettere in atto una strategia comune per evitare che con l’ulteriore protrarsi della carenza di piogge la situazione peggiori. Un obiettivo al quale devono concorrere gestori del servizio idrico integrato, cittadini, imprese agricole nella consapevolezza che l’acqua è un bene di tutti e pertanto va usata correttamente e va salvaguardata».

«Investimenti importanti» «Dal 2001 ad oggi – ha ricordato l’assessore – la Regione ha investito oltre 200 milioni di euro in interventi di tutela e utilizzo delle risorse idriche ad uso potabile e sono in corso lavori per oltre 100 milioni di euro per completare l’invaso del Chiascio. Sono inoltre in arrivo importanti risorse per rafforzare il sistema dell’invaso di Montedoglio, tra le priorità del Piano delle grandi opere del Governo Gentiloni, per realizzare impianti di sollevamento e pompaggio. Sul tema delle acque a scopo idropotabile e irriguo abbiamo investito e operato bene, meglio di altre realtà regionali, grazie anche ai finanziamenti assegnatici negli anni dai Ministeri. E si deve a questi interventi se non siamo all’emergenza, anche se questa situazione non ci mette completamente al riparo dalle conseguenze dell’assenza di precipitazioni piovose».

«Cittadini siano responsabili» Il confronto proseguirà dal punto di vista tecnico con i gestori del servizio idrico integrato e con l’Auri, per quanto riguarda gli usi idropotabili, per monitorare la situazione legata alle problematiche delle perdite dagli impianti acquedottistici e con i rappresentanti del mondo agricolo per le esigenze del settore. Ai gestori del servizio idrico la Regione Chiede razionalizzando il più possibile l’acqua per uso idropotabile e irriguo. «Sollecitiamo i cittadini affinché facciano un consumo oculato di acqua per allontanare il rischio che, da qui alle prossime settimane, l’acqua scarseggi – dice la Cecchini – per l’agricoltura, chiediamo di fare in modo che non si impoverisca la portata dei corsi d’acqua così da salvaguardare gli ecosistemi naturali, la flora e la fauna ittica».

Troppi pesticidi Il problema non è solo la quantità di acqua, ma anche la qualità. Secondo Alessandro Petruzzi, Presidente Federconsumatori Umbria, uno dei problemi è l’inquinamento delle falde: l’indagine dell’Ispra, costruita con i dati forniti dalle Regioni e dalle Agenzie per la protezione dell’ambiente, fornisce un panorama da brivido. Sotto accusa erbicidi, fungicidi e insetticidi. «Le acque superficiali dell’Umbria risultano, secondo le indagini 2014, contaminate da pesticidi in 95% dei punti controllati. La contaminazione diventa ancora più preoccupante se si confronta questo dato con quello nazionale, che si ferma al 63,9%».

Si arricchiscono in pochi «In alcune zone – denuncia Petruzzelli – non solo non si può irrigare l’orto con l’acqua, ma non ci si può nemmeno lavare i piatti, talmente è inquinata. A questo si unisce quello che secondo me è una delle cause fondamentali di impoverimento, cioè i milioni di litri e metri cubi di acqua che viene imbottigliata e spedita qua e là per il mondo. Prima di fermare l’uso potabile e rischiare di bloccare la filiera agroalimentare – si pensi che una mucca beve 100 litri di acqua al giorno – forse sarà il caso di affrontare il problema dell’imbottigliamento e il controllo sulle concessioni, che spetta alle Regioni: non può succedere che le persone restino senza acqua potabile ma che le concessioni arricchiscano le aziende private. In Umbria dalle sorgenti si estraggono 400 milioni di litri l’anno e il fatturato per il privato è di 53 milioni di euro ma la Regione incassa solo 400mila euro l’anno».

«Stato di calamità» Decisamente più pessimista Emanuele Fiorini, capogruppo della Lega Nord Umbria: «L’assessore Fernanda Cecchini sottovaluta il problema siccità, la invito a recarsi di persona presso i campi degli agricoltori umbri e controllare con i propri occhi come, per alcune culture tipo orzo, favino, grano e ortaggi, si prevedono raccolti inferiori del 50-60% rispetto agli anni precedenti». Fiorini, in merito alla questione siccità e alla carenza di piogge, chiede alla giunta «di attivarsi presso il governo nazionale e richiedere immediatamente lo stato di calamità naturale come hanno già fatto altre regioni tipo Emilia Romagna e Toscana. L’ondata di caldo che ha colpito l’Umbria ha causato gravissimi danni alle coltivazioni e agli allevamenti (per quanto riguarda il foraggio) e se il clima continuerà a non concedere tregue, allora potrebbe esserci il serio rischio di compromissione dell’intera produzione delle culture di girasole, mais e sorgo. Il riconoscimento dello stato di “calamità naturale” – prosegue Fiorini – consentirebbe un sostegno economico per tutti coloro che dopo il gelo improvviso di aprile si sono trovati a fare i conti con un altro improvviso sbalzo di temperature, questa volta verso il rosso e ad una carenza di piogge che ha messo a rischio le produzioni nella nostra regione».

 

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