«Abbandonati disabili gravissimi». La Usl2 replica

Terni – Il racconto della figlia di una paziente con varie patologie complesse: «Costretta ad improvvisarmi medico»

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di F.L.

«Mia madre ha 75 anni e sta male da quando ne ha 59. È una paziente allettata, epilettica e diabetica, ha il Parkinson, l’Alzheimer, un catetere a permanenza e una peg. È dunque fragilissima e vive sul filo di un rasoio. Situazioni come la sua sono difficilissime da gestire a casa, per questo per lei la medicina territoriale è un salvavita. Peccato che sia stata abbandonata a sé stessa, e come lei anche altri». A parlare è la figlia di un’anziana di Terni, da oltre 15 anni costretta a convivere con patologie molto gravi e difficili da affrontare innanzitutto per lei, ma anche per chi le sta intorno e talvolta – stando alle testimonianze della donna – deve improvvisarsi medico, in mancanza di un’assistenza adeguata da parte dei servizi della sanità pubblica.

L’emergenza peg nel week end

Motivo della protesta, nello specifico, è la gestione della peg della signora, cioè la gastrostomia endoscopica percutanea, una tecnica che, tramite una sonda posizionata nello stomaco, permette di nutrire i pazienti che non sono in grado di farlo autonomamente per bocca. «Ogni tre mesi è prevista la visita a domicilio di un medico nutrizionista mandato dall’Usl Umbria 2 che sostituisce la peg e valuta il piano terapeutico – è il racconto della figlia della disabile -, ma con l’arrivo del Covid il servizio a domicilio è stato completamente sospeso, per poi riprendere circa due mesi e mezzo fa». Ma la vera emergenza si pone venerdì sera, quando la sonda della peg della donna, già da alcune settimane in condizioni da supporne la sostituzione (programmata per il 2 febbraio), esce dalla sua posizione. La procedura prevede che se non viene sostituita nel giro di un’ora il paziente deve essere sottoposto ad un intervento chirurgico. Il medico di famiglia non può intervenire perché fuori orario di reperibilità, partono allora una serie di telefonate di ricerca d’aiuto, tutte senza esito. «Chiamo il 118 spiegando la situazione – spiega ancora la figlia -, ma mi dicono che non avrebbero potuto fare la manovra in quanto le ambulanze non sono più fornite di personale medico. Mi consigliano di portare mia madre in ospedale, con tutte le difficoltà del trasporto e i rischi di contagio. Avrei dovuto ovviamente seguire tutto il protocollo Covid e sarebbe trascorso altro tempo. Mi rivolgo quindi alla guardia medica, ma questa mi dice che la cosa non è di sua competenza».

Ulteriori ‘no’

Tra i minuti che passano e l’ansia che cresce, la donna decide allora di farsi coraggio e di procedere alla sostituzione della peg da sola, facendo quello che ha visto fare tante volte, per tamponare una situazione di emergenza. Il tentativo va fortunatamente a buon fine, ma la figlia della disabile vorrebbe che qualcuno di esperto lo verificasse con i suoi occhi. «Dal servizio infermieristico del distretto dell’Usl – prosegue – mi dicono che l’infermiera senza medico non sarebbe venuta, dalla guardia medica ho ricevuto un ulteriore rifiuto ad accompagnarla. Alla fine dopo due chiamate ad altrettanti centri di medicina privati riesco ad ottenere, ovviamente a pagamento, un’ecografia a domicilio, che conferma il corretto posizionamento della peg e verifica la presenza di un’ernia ombelicale che io stessa avevo ipotizzato. Insomma, nessuno si è preso la briga e la responsabilità di venire a vedere mia madre, speravo che almeno l’appuntamento programmato per martedì dall’Usl fosse anticipato a lunedì, invece nulla di tutto ciò. Dal distretto sanitario mi hanno detto ‘che adesso ci sono altre priorità’». Martedì, infine, il medico nutrizionista dell’azienda sanitaria ha svolto la visita programmata, la prossima sarà tra due mesi.

Le riflessioni

Per la donna, che già a primavera aveva scritto a Regione ed Usl contestando la sospensione del servizio a domicilio – «i protocolli Covid non lo prevedevano per i disabili gravissimi» sottolinea – e che dice di aver più volte contattato i referenti del proprio distretto, il Covid ha solo «acuito un problema che già esisteva, quello dell’abbandono di questi pazienti». «Non è possibile – conclude – che debbano trascorrere tre mesi per vedere un medico, tra l’altro costretto a fare i salti mortali per coprire da solo un territorio molto vasto. Quanto alla guardia medica, sarebbe dovuta intervenire.Serve una medicina territoriale all’altezza, che magari attivi un servizio di emergenza per le situazioni di urgenza, come capitato a me, anche per non gravare sui pronto soccorso. Oppure perché non organizzare un corso per i familiari per prepararli?».

La Usl Umbria 2 risponde

A stretto giro arriva la replica dell’azienda sanitaria Usl Umbria 2: «Non c’è stato alcun ‘abbandono’ di disabili gravissimi – riferisce l’azienda – e non corrisponde al vero l’assunto secondo il quale la signora sia stata trascurata dai servizi territoriali. Nel caso di specie, come risulta dai registri, la stessa familiare ha richiesto la temporanea sospensione del servizio prestato dai nostri operatori socio sanitari dal 3 aprile all’8 maggio 2020 a causa dell’emergenza pandemica. Risultano invece consuntivate tutte le altre prestazioni previste per il caso. Nello specifico – spiega la Usl -, i servizi domiciliari non sono predisposti per l’emergenza, non esiste infatti reperibilità notturna ed operano su programmazione, nonostante ci si adoperi ad intervenire anche in tali situazioni, quando questo è possibile. Da quanto si rileva dall’articolo, emerge chiaramente che la parente della paziente sia stata – correttamente – più volte invitata a rivolgersi al pronto soccorso. Tale indicazione non è stata accolta dalla parente della signora che ha addotto motivazioni che non trovano alcun riscontro nella realtà dei fatti in quanto presso il pronto soccorso tali prestazioni vengono regolarmente effettuate. L’indicazione, con tutta evidenza, è stata formulata per garantire la massima tutela della salute della paziente. Sempre da quanto emerge nella narrazione, la signora ha effettuato autonomamente una manovra di tipo sanitario, di riposizionamento e non di sostituzione della sonda, assumendosi in modo imprudente la responsabilità del caso. È opportuno inoltre ribadire che il personale infermieristico del distretto di Terni e del centro salute si è adoperato con grande disponibilità all’ascolto della signora contattandola più volte per cercare di risolvere la situazione. Ovviamente il personale infermieristico non può sostituirsi a personale specializzato ad effettuare tali manovre. Il personale svolge attività di assistenza e cura su prescrizione medica, non in seguito a richieste di familiari o a indicazioni riferite per via telefonica ai familiari da altri professionisti, dichiarazioni che non possono essere verificate. Essendo stato confermato il corretto posizionamento, tramite ecografia, della PEG, in base alla descrizione fornita dallo specialista la sostituzione si sarebbe potuta effettuare tranquillamente, come da programma, il martedi e non il lunedì come chiesto dalla parente. Accogliamo con favore e disponibilità, infine, la proposta di valutare l’opportunità di un addestramento adeguato per situazioni analoghe».

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