È di Narni il socio di Verdini jr. arrestato nell’inchiesta sugli appalti Anas

Si tratta di Fabio Pileri, 46 anni, già consigliere comunale ad inizio anni 2000

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C’è anche un 46enne di Narni, già consigliere comunale ad inizio anni 2000 nella città del Gattamelata, fra i cinque arrestati dell’inchiesta della Guardia di finanza e della procura di Roma incentrata sugli appalti di Anas: si tratta del geometra Fabio Pileri, residente a Terni, consigliere dapprima di minoranza e poi di maggioranza durante le sindacature Bigaroni. L’indagine è quella che vede coinvolto anche Tommaso Verdini, figlio dell’ex senatore Denis – anche lui indagato nel fascicolo in questione – e fratello della compagna del vice premier Matteo Salvini. Pileri si è visto applicate la misura cautelare degli arresti domiciliari su decisione del gip di Roma. Il 46enne narnese è socio di minoranza della Inver Srl, di cui fa parte insieme a Tommaso Verdini, e secondo gli inquirenti avrebbe ricevuto da un dirigente ed un funzionario di Anas, informazioni riservate sulle gare in corso di pubblicazione per favorire gli imprenditori legati alla stessa Inver. In cambio, Pileri, Tommaso e Denis Verdini avrebbero promesso ‘favori’ come raccomandazioni per la conferma o la collocazioni in ruoli apicali nell’ambito di Anas.

Le contestazioni

Le ipotesi di reato di turbativa e corruzione, secondo quanto ricostruito dalle indagini, si sarebbero concretizzate nell’ambito di commissioni di gara che avevano come oggetto l’affidamento di lavori per il risanamento strutturale di diverse gallerie sparse sul territorio nazionale. Il tutto per un importo complessivo di 180 milioni di euro. «Le utilità promesse – spiega la procura di Roma in una nota – per come ricostruito nelle indagini coordinate dalla Procura stessa e svolte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Roma, sarebbero consistite nell’intervento dei consulenti arrestati per far ottenere ai funzionari indagati avanzamenti di carriera e conferme in posizioni apicali di Anas Spa». Sempre secondo la procura gli indagati «sono stati in grado, grazie ai loro ‘agganci’ politici e conoscenze all’interno di Anas e ad un sistema di scambio di reciproci favori, di avvantaggiare i propri clienti nell’aggiudicarsi gare». Concludendo che «è significativo il verificarsi di numerosi incontri, tutti in luoghi non istituzionali, spesso differenti e difficilmente monitorabili, la cui motivazione è intessere rapporti per acquisire informazioni utili in merito alle gare, ottenere i disciplinari in anticipo al fine di riuscire ‘a cucire’ le offerte al bando nel miglior modo possibile. E di fatto a determinarne l’esito».

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