Elettrocarbonium, rientro tra le tensioni

Terni, venerdì i lavoratori rientreranno nello stabilimento di Narni e inizierà un’assemblea permanente. Il ‘giallo’ del fax

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La situazione non si sblocca. La portineria dell’Elettrocarbonium sì. La decisione è stata presa dall’assemblea che si è svolta nel pomeriggio di giovedì: venerdì mattina alle 6 lo sciopero finisce e i lavoratori torneranno all’interno dello stabilimento, dando poi vita ad un’assemblea permanente. Con tanto di ‘chiamata’ a Confindustria per l’arrivo dell’Rlst – Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale – e la successiva verifica delle condizioni per proseguire l’attività nella fabbrica da parte. Sindacati e lavoratori si giocano il ‘jolly’. E no, le ‘chiavi’ – la consegna era prevista per venerdì  – non saranno date a Sgl.

Un momento dell'assemblea

Un momento dell’assemblea

Niente stipendi Un fatto certo, intanto, è che gli stipendi in arretrato sono tornati ad essere due, visto che oltre a quello di febbraio non è stato accreditato nemmeno quello di marzo ed è presumibile che non siano state versate neanche le varie forme contributive.

In sostanza tutti dentro e poi attesa per vedere se quella minaccia di Elettrocarbonium – libri in tribunale e via al procedimento per il fallimento – si concretizzerà. Poi l’Rlst (con l’intervento di strutture competenti come l’Asl, viene ipotizzato) , sempre nel caso che ciò avverrà nella giornata di venerdì, dovrà farsi un giro e dare il ‘placet’ in merito alla situazione all’interno: da tempo non ci sono acqua, gas e luce. Una decisione che viene definita «provocatoria e d’attesa, per vedere cosa succede».

Le lettere I sindacati, nella serata di giovedì, hanno scritto all’azienda per comunicare che «l’assemblea dei lavoratori di Elettrocarbonium, svoltasi nel pomeriggio di oggi, ha sancito la revoca delle sciopero dalle ore 06:00 di domani 15 Aprile 2016 e l’ingresso dei dipendenti in assemblea permanente. Si conferma infine la disponibilità per fissare una data al fine di riprendere la trattativa sull’accordo relativo al licenziamento collettivo» e a Confindustria per richiedere «il tempestivo intervento dell’Rlst presso Elettrocarbonium da svolgersi nella giornata di domani 15 Aprile 2016 per verificare l’effettivo stato del sito e se sussistono le condizioni per prestare attività lavorativa al suo ingresso».

Ultimatum scaduto Sindacati questa volta uniti nel prendere la decisione: «L’ultimatum della settimana scorsa – le parole di Marianna Formica della Filctem Cgil – è scaduto e nulla è cambiato. Rientriamo tutti e vediamo la reazione di Monachino». Tempo un minuto e Fabrizio Framarini (Femca Cisl) la interrompe, perché la novità è arrivata. Elettrocarbonium si fa sentire.

Luigi Nigrelli

Luigi Nigrelli

Il giallo del fax Spunta infatti un fax – che sembra essere partito dall’interno dello stabilimento stesso (il numero è 0744.089515 e la firma ‘reale’ sarebbe quella di Luigi Nigrelli) – nel quale si legge che «la mensilità di marzo non può essere lavorata, e a oggi non è stato fatto, dallo studio di consulenza in quanto lo sciopero dei lavoratori ha impedito le operazioni di consuntivazione delle presenze da parte degli addetti preposti, ciò significa che non si potrà dar seguito alle vostre richieste in tal senso». E poi: «Il pagamento della mensilità di febbraio non è in discussione non appena sarà possibile dare corso alle disposizioni oggi ferme per il medesimo effetto di cui sopra; si ribadisce che allo stato attuale non vi è alcuna disponibilità finanziare per gestire una incentivazione del personale in esubero stante la chiusura di ogni attività aziendale e il mancato recupero della materia prima ferma in deposito. Peraltro la merce che continua a restare depositata in azienda, e che oggi può essere una risorsa economica, rischia di tramutarsi in un ulteriore costo con danno economico per l’azienda che non solo viene privata di importanti risorse economiche ma potrebbe trovarsi nelle condizioni di dover spendere altri soldi per lo smaltimento». Niente stipendio di febbraio insomma, la ‘chiave’ indicata giovedì scorso dall’assemblea per lo sblocco della situazione.

Elettrocarbonium lavoratoriLe minacce Poi l’azienda attacca: «Ancora una volta si sottolinea che vi è una conclamata necessità di recuperare ogni risorsa utile a poter facilitare la difficile situazione odierna e in questo senso vi è tutta l’intenzione di tutelare gli interessi della società rivalendosi nei confronti di coloro che stanno volutamente causando un danno all’azienda con un comportamento intenzionalmente spinto a una inservibile conflittualità; il pagamento della mensilità di febbraio deve portare alla chiusura dello stato di agitazione e alla disponibilità dei lavoratori a gestire un periodo di attività, utile a completare le citate necessarie lavorazioni, e di sospensione dal lavoro in attesa della condivisione di un percorso di uscita di lavoratori. Un vostro ulteriore diniego in tal senso chiuderà ogni presupposto per definire un accordo e di conseguenza si provvederà a chiedere l’attivazione della fase amministrativa prevista dalla procedura di mobilità, nelle more della quale le vostre organizzazioni non potranno artificiosamente ed esclusivamente per aggiungere ulteriore disagio all’attuale situazione aziendale dichiarare il rientro di uno stato di agitazione che per forza di cose non può considerarsi risolto».

Libri in tribunale La discussione passa poi alle conseguenze dell’eventuale azione di Monachino. Franco Di Lecce – Uiltec Uil – afferma infatti che «non ci sono alternative al momento e se Monachino porta i libri in tribunale non ci interessa». Ma qualche lavoratore ha dei dubbi in merito e chiede lumi su licenziamento collettivo e individuale: in quest’ultimo caso infatti c’è l’indennità Naspi e non la mobilità. Altra questione da affrontare.

I lavoratori all'assemblea

Licenziamento collettivo La domanda che viene rivolta ai sindacati è semplice: «Ma dovesse farlo realmente, non sarebbe problematico svincolarsi da una società in fallimento? Si può uscire comunque con un licenziamento collettivo?». La discussione si accende, anche perché a breve – 3 giugno, circa venti – delle persone perderanno la mobilità e la rabbia per lo stallo generale inizia a farsi largo: «Finora gli abbiamo fatto – tuona un lavoratore – solo favori, venti giorni fa eravamo nella stessa condizione e non è cambiato nulla. Basta giocare, qui nessuno ci sta dando risposte. Non mi sento tutelato e anche gli altri colleghi dovrebbero farsi sentire invece di stare zitti». E qui il dibattito accelera.

L’iter e la decisione Framarini a questo punto spiega che la via del fallimento potrebbe portare via troppo tempo: «Prima di tutto – ha specificato – il tribunale lo deve accettare, poi c’è il permesso retribuito durante questo periodo e infine la palla passa al curatore, che decide. Il tutto potrebbe svilupparsi anche per mesi». Poi la proposta che fa scattare più di qualcuno: «Potremmo ancora pensare alla soluzione della cassa in deroga della Regione». La reazione non è delle migliori da parte dei lavoratori. Idea subito bocciata. Quindi la svolta legata all’assemblea permanente (12 le ore annuali consentite), consigliata da un lavoratore e – dopo oltre mezz’ora di accesa discussione – accettata. E una certezza, con cui Di Lecce mette fine all’assemblea: «Chi ci doveva aiutare è sparito».

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