Elezioni a Narni, parla l’Azione Cattolica

Dalla presidenza diocesana una serie di proposte operative per farne una «piccola grande città dell’innovazione»

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della presidenza diocesana dell’Azione Cattolica Italiana

L’Azione cattolica ha il dovere di riflettere sulla situazione economica e sociale di Narni e della più vasta area ternana in vista delle elezioni del prossimo giugno a Narni.

Non è compito della Azione Cattolica dare pagelle né tantomeno benedire candidati o schieramenti. Il nostro obiettivo è aiutare le persone, in primo luogo noi stessi, ad operare quel discernimento ecclesiale delle situazioni storiche, personali e sociali, in cui la fede cristiana e la Chiesa sono chiamate a vivere, e quindi a scegliere nelle contingenze della storia ciò che rende più piena, santa e vivibile la nostra quotidianità. Come ci ricorda il Concilio Vaticano II in una delle sue pagine più famose, non vi è nulla tra le preoccupazioni e le speranze degli uomini e delle donne del nostro tempo e delle nostre città che “non trovi eco” nei pensieri e nelle preoccupazioni dei credenti e della Chiesa. Allo stesso tempo per l’Azione cattolica, per i credenti e per la Chiesa di Terni Narni Amelia proporre e compiere un cammino di discernimento ecclesiale non è la risposta contingente a un bisogno particolare o ad una tradizione associativa. E’ piuttosto un modo essenziale di essere Chiesa, un suo dovere permanente: leggere e interpretare la storia “alla luce del Vangelo e dell’esperienza umana”.

Proprio perché riconosciamo la importanza in vista del bene di momenti come quello delle elezioni che rinnoveranno il Sindaco ed il Consiglio Comunale della città di Narni il prossimo Giugno, sentiamo prima di ogni altra cosa di dover esprimere la nostra gratitudine ed il nostro sincero apprezzamento per tutti quei concittadini e tutte quelle concittadine che lo hanno preparato e reso possibile. Da coloro che hanno dato un po’ della loro attenzione critica a coloro che si sono candidati.
Tradizione, aggiornamento e scelta: dal 14 giugno 2008 ad oggi

Il cammino di discernimento ecclesiale dell’Azione cattolica e della Chiesa di Terni Narni Amelia non comincia oggi. Nel suo svolgersi negli ultimi 15 anni ha accumulato riflessioni, spunti, analisi, indicazioni, giudizi ai quali queste nostre riflessioni si riconnettono pienamente. In particolare nel Convegno ecclesiale del 14 giugno 2008 la Chiesa di Terni Narni Amelia ha condiviso con uomini e donne delle città della diocesi le sue preoccupazioni e le sue speranze per il futuro delle città.

Interpretando e proponendo questo suo sforzo come un richiamo ad una responsabilità collettiva, una responsabilità di tutti per la costruzione del bene comune. Non c’è alcun primato di alcuna sfera sociale nella costruzione della città: tutte le sfere sociali sono chiamate a contribuire al bene comune, secondo le loro peculiarità e in un’ottica di ricostruzione collaborativa. Al contrario c’è una integrazione anche conflittuale e sempre in atto che passa all’interno della città, tra le sue diverse sfere sociali e tra città nell’ambito della più vasta area ternana. In rete dentro la città e in rete tra le città. La collaborazione orizzontale e senza primati nella città e tra le città è l’elemento di continuità con il Convegno del 2008 e allo stesso tempo ciò che richiede un aggiornamento e l’esercizio di una nuova scelta.

Ricostruzione e città
Dobbiamo parlare con franchezza di ricostruzione perché avvertiamo come urgente e decisiva la percezione di un passaggio cruciale nella storia di Narni e dell’area ternana. Un passaggio di fase che si può accomunare per intensità e epocalità a quello delle autentiche fasi di costruzione e ricostruzione materiale delle città. Il novecento urbano di Narni e dell’area ternana è terminato da almeno 30 anni: non abbiamo però ancora disegnato i contorni di un futuro nel quale crescano libertà, benessere e opportunità per il maggior numero possibile di narnesi.

Abbiamo provato più volte a farlo in questi anni, ma spesso abbiamo fallito. Ora non possiamo più fallire, è questo il nodo cruciale. Non possiamo più fallire coma sistema urbano: Narni insieme all’area ternana e al resto delle città che con Narni hanno relazioni intense e importanti. Siamo un sistema ma non abbiamo una visione del nostro futuro come sistema. Non Narni da sola, non Terni da sola, ma appunto il sistema urbano di Narni e Terni. Senza visione rischiamo di perdere quota come città, di ridurci a semplici aggregati di persone che vivono in un territorio. Troppo poco per dirsi ancora città.

Il sistema urbano. Una volta per tutte
Narni e il sistema urbano ternano sono il centro indivisibile della nostra riflessione. Le città sono la forma sociale nella quale si concentrano le maggiori possibilità di crescita e di sviluppo: il nostro è un tempo nel quale assistiamo, come dicono gli economisti, al trionfo delle città. Alle città sono consegnate le funzioni sociali di accogliere e integrare le diversità, di agglomerare persone e organizzazioni per fornire servizi e vantaggi, di ospitare e stimolare creatività e innovazione. In questo contesto il primato delle grandi città metropolitane non esaurisce il ruolo delle città medie e dei sistemi urbani nei quali città medie e città medio piccole assumano dimensioni di scala adeguate agli standard europei di sostenibilità e competitività.

La città e il sistema urbano della “conca” – e non la regione nel suo vecchio significato amministrativo – sono il motore fondamentale della crescita e dell’allargamento delle opportunità. L’Umbria con buona pace dei politici e degli storici è ormai solo una comunità immaginata, una tradizione inventata, un brand turistico. D’altra parte, tracciando un sommario, ma non ingannevole bilancio, la storia dell’Umbria come storia dell’efficacia delle azioni del suo governo regionale è stata in questi ormai quasi 50 anni una storia che ha portato marginali miglioramenti strutturali alla condizione sociale ed economica di Narni e dell’area ternana, risolvendosi quasi sempre in un passaggio di pura intermediazione politica. Occorre dunque spostare il baricentro dell’azione: non più all’interno di un’estenuante negoziazione intraregionale ma dentro il più vasto spazio delle reti di città e delle reti tra aree urbane dell’Italia centrale. Narni e il sistema urbano ternano raggiungono i 180.000 abitanti: è questa la scala su cui confrontarsi e progettare crescita e sviluppo. E su questa scala il riferimento per giocare le proprie chance non può che essere l’Italia centrale che guarda la dorsale adriatica, il sistema metropolitano romano e l’asse Civitavecchia-Ancona. Il resto serve solo ad alimentare gli interessi di brevissimo periodo di un ceto politico che non sembra disporre di idee vincenti.

La comunità ecclesiale di fronte alle proprie responsabilità
E’ questo un esercizio di discernimento nel quale non v’è distinzione tra intra ed extra. La Chiesa è nel mondo e, anzi, a servizio del mondo. Chiesa e città sono due realtà distinte ma non separate: non si fronteggiano, sono in intima relazione, quasi “interne” l’una a l’altra, diceva ancora il Convegno ecclesiale del 2008. Tanto che la Chiesa prende il nome dalle città nelle quali vive: la Chiesa che è in Terni Narni Amelia. Per questo fare discernimento ecclesiale non significa osservare una realtà (la città) dall’esterno (la Chiesa) per giudicare a proporre un’azione conseguente. Il discernimento non è l’applicazione dei principi alla realtà. Non c’è dunque né ci potrà mai essere un progetto della Chiesa per la città. C’è la condivisione di una comune responsabilità per il suo futuro, per la sua crescita, per il contrasto all’esclusione sociale, per la sua rigenerazione, per la sua ricostruzione. È in questo esercizio di comune responsabilità che la Chiesa ed i cristiani debbono spendere, con generosità e senza riserve, tutta la loro differenza.

In questo sforzo di condivisione la Chiesa che è in Terni Narni Amelia non deve cadere in un a duplice tentazione: quella del consumismo spirituale, così ben identificata e contrastata da papa Francesco che lo definisce come una forma di “morboso individualismo” (Evangelii Gaudium n.89). E quella del devozionismo protetto, cioè di un ripiegamento individualistico della fede che va a tutto vantaggio degli equilibri politici e sociali, ripiegamento che per quanto riguarda le Chiese che sono in Umbria costituisce una declinazione del consumismo spirituale. Sono queste tentazioni a creare l’ambiente favorevole e quella sorta di “assistenzialismo permanente” che mortifica l’autonomia delle organizzazioni sociali e delle stesse iniziative generate dalla comunità ecclesiale. Come dice Benedetto XVI “La Chiesa non può mai essere dispensata dall’esercizio della carità come attività organizzata dei credenti e, d’altra parte, non ci sarà mai una situazione nella quale non occorra la carità di ciascun singolo cristiano, perché l’uomo, al di là della giustizia, ha e avrà sempre bisogno dell’amore” (Deus Caritas Est n.29).
Città dell’impresa culturale e creativa

Nel nostro itinerario di discernimento giungiamo a leggere e proporre alcune questioni più urgenti che riguardano le condizioni e le potenzialità di Narni e dell’area ternana nel suo insieme. Innanzi tutto la scommessa sulla cultura come ambito e strumento di crescita e di sviluppo. La cultura non è un bene ancillare o l’impreziosimento estetico di un’idea di città e di sviluppo urbano che guarda in tutt’altra direzione. Non è, per capirci, un ingrediente in più del menù turistico che si tenta di vendere a quanti più clienti possibili. Il percorso semmai è rovesciato: il turismo è un ambito nel quale innovazione e impresa culturale possono trovare fertile terreno di sviluppo.

Per questo Narni innanzi tutto deve rovesciare la prospettiva: non partire dai beni culturali per fare impresa e turismo, ma partire dall’innovazione imprenditoriale e dall’impresa culturale e creativa per creare reddito e attrarre risorse e persone. La cultura al primo posto non significa tutelare il patrimonio artistico e attrarre turisti. Significa innovare e fare impresa nei settori dei new media, della comunicazione, del design, delle arti performative, dell’innovazione sociale e così via.
Detto in altre parole, perché Narni non può diventare la Farm cultural park dell’Umbria, uno dei casi di successo di investimento in cultura non come occasione di spettacolo o come attrattore turistico ma come esempio di rigenerazione urbana nella provincia di Agrigento? Dispone di tutti gli ingredienti di partenza: ha bisogno di progetti focalizzati e di cambiare approccio. Ma può farcela cominciando a rovesciare l’ordine delle priorità.

Leisure e sviluppo
Accreditarsi come città del leisure e del buon vivere non significa solo riscoprire, rigenerare e tutelare le risorse paesaggistiche e quelle naturalistiche. Significa anche in questo caso, come a proposito della cultura, fare impresa e soprattutto fare innovazione, aumentando prodotti, servizi e produttività. Creando nuova domanda ed esportando soluzioni. E’ il caso della mobilità smart, un tema che taglia orizzontalmente tutte le politiche di sviluppo di Narni e dell’area urbana ternana. Mobilità smart significa investimento e innovazione nel settore della bikeconomy. Significa progetti imprenditoriali innovativi per la creazione di valore lungo l’asse del Nera dalla Cascata delle Marmore fino al Tevere. Significa elaborare una visione strategica unitaria del sistema della mobilità dell’intero ambito urbano di Narni e Terni. Significa costruire progetti di impresa, connettere servizi tradizionali e innovativi, sviluppare modelli replicabili di mobilità per gli spostamenti casa lavoro e scuola lavoro. Nulla di impossibile se si hanno le idee giuste e la volontà di rompere con vecchi schemi che ancora si limitano a pensare a fare piste ciclabili che nessuno utilizza.

Servizi avanzati alla persona
Il progetto del nuovo ospedale non è un inefficiente ambizione passatista. La sua realizzazione deve essere guidata non tanto da spirito di campanilismo ma è necessario inquadrarla in una visione coordinata che mette insieme la qualificazione della rete assistenziale regionale e la qualificazione dell’offerta assistenziale del territorio sul quale la nuova struttura insiste. Per questo motivo occorre coinvolgere la comunità in un percorso di coprogettazione sostenuta da un’efficace capacità di rappresentanza e mediazione, secondo le regole del “dibattito pubblico”.

Si tratta di una sfida ardua e necessariamente ambiziosa dalla quale dipendono livelli di reddito e qualità dei servizi dell’intera area urbana. Il servizio e la sua gestione dovranno tenere conto di alcuni temi essenziali. Li accenniamo in sintesi.
• Integrazione con l’azienda ospedaliera S. Maria. L’ospedale di Narni non può essere pensato come l’ospedale di narnesi e amerini né come mero rimedio al sovraffollamento del nosocomio ternano né, tantomeno, come estremo rifugio per ambizioni professionali frustrate. Esso avrà un senso solo se si troveranno forme di integrazione con l’azienda ospedaliera S. Maria qualificanti da un punto di vista qualitativo.
• Integrazione extraregionale. Nella visione di un sistema integrato dell’assistenza ospedaliera del territorio ternano narnese amerino possono essere prese in esame relazioni di integrazione virtuosa anche con i sistemi di assistenza che riguardano i territori limitrofi e ciò permetterà di sviluppare sinergie capaci di rendere la nuova struttura attrattiva per un’utenza extraregionale.
• Integrazione assistenziale. Allo stesso tempo, il nuovo ospedale – che rimane comunque presidio della Usl Umbria 2 – dovrà esaltare la funzione comunitaria, ovvero il progetto di gestione dovrà fin da subito esplicitare in che modo la struttura si integrerà con il sistema della prevenzione e dell’assistenza del territorio attraverso percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali strutturati e valutati appropriatamente.
Solo puntando ad un servizio di eccellente livello che offra percorsi di riabilitazione di alta specializzazione e si occupi di una varietà di pazienti: dalla riabilitazione in età adulta e soprattutto geriatrica, fino alla riabilitazione specialistica per l’età evolutiva. Così si potrà dotare il territorio di una reale risorsa generatrice di sviluppo.

Education, education, education
Con queste parole un grande primo ministro inglese sintetizzava il programma del suo governo quasi 20 anni fa. E quasi cento anni prima nel 1877, racconta un grande economista inglese del novecento, il Balliol College e il New College dell’Università di Oxford fondano a Bristol il primo “University college”, cioè un’università per garantire un’offerta formativa agli abitanti di importanti città industriali prive di un proprio ateneo. Ancora, nel 1989 300 imprenditori della Provincia di Varese fondano la Libera università LIUC per preparare i giovani secondo le reali esigenze del mondo del lavoro.

Education, education, education dunque. Eventi così diversi che ci raccontano una grande verità: senza istituzioni formative non ci sono investimenti per la formazione. Inutile inseguire i politici di turno, più o meno convinti di saper “portare l’università” a Narni o di farcela restare. Dobbiamo pensare in grande e non strappare concessioni all’Ateneo più disponibile a trattare. L’eccellenza del polo educational narnese può diventare una buona pratica replicabile nel metodo e nei contenuti.
Perché non provare a pensare, in questa direzione, allo sviluppo di un polo scientifico e didattico che si occupi di security, agganciato al Dipartimento di Ingegneria dell’Ateneo perugino, per gli aspetti tecnico-scientifici e anche al sistema regionale della istruzione-formazione per quelli delle figure operative e di progettazione?

Occorre però trovare interlocutori disposti ad investire e non scaltri manager universitari che cercano di far investire il bilancio del Comune al posto di quello dei loro atenei. Dobbiamo pensare ad un grande accordo tra governi locali, MIUR, diocesi di Terni Narni Amelia e le istituzioni formative che abbiamo in città. Un accordo per lo sviluppo del sistema integrato dell’offerta scolastica statale e paritaria di Narni e dell’area ternana. Ognuno metterà qualcosa nell’accordo, secondo le proprie competenze e le proprie responsabilità, a partire dall’Ateneo di Perugia e dagli altri atenei che in rete vorranno scommettere su Narni. Per passare dall’Università ‘sotto casa’ ad un’offerta di istruzione terziaria con caratteri di originalità e dunque competitiva. Potremmo dire, giocando con l’esempio di prima, per andare da Maratta (sede abbandonata dell’esperimento Film studies dell’Università di Perugia) a Bristol. Tutti insieme, Narni in primo luogo.

Futuro 4.0
Lo sappiamo, è di moda. Tutti a giocare con le parole e con questi due numeri con un punto in mezzo. Eppure il puzzle della Narni industriale del 2030 è un’immagine che dobbiamo provare a comporre giocando con i pezzi di cui disponiamo oggi. Fare programmi per lo sviluppo e la crescita di Narni non significa avere un’idea certa di futuro e anticiparne le conseguenze ad oggi. Significa però intercettare le correnti del cambiamento e provare a non restare fuori dal futuro che si va disegnando.
In questo senso si può immaginare il futuro industriale di Narni mettendo mano alla creazione delle condizioni più favorevoli e eliminando ostacoli e vecchi modi di pensare. Quelli che servono ai politici per raccogliere qualche voto nell’immediato, ma che lasciano sul terreno solo cose che evaporano velocemente.

Tre questioni interrogano Narni da questo punto di vista. Una immediata: come scongiurare un uso assistenziale del piano di riconversione e ristrutturazione industriale legato alla strategia dell’area di crisi complessa. E’ inutile ripetersi: piani industriali calati dall’alto che fanno scelte settoriali fondate su presunte capacità di previsione del decisore politico sono ormai fuori da ogni logica di uso razionale delle risorse. Su questa strada sbagliata si possono naturalmente incontrare molti imprevedibili compagni di avventura: burocrati, politici, imprenditori, società pubbliche. Resta il fatto che l’avventura è sbagliata e abbiamo già contato molti errori nel corso di questi ultimi 30 anni. Ma scongiurare non basta, occorre avere uno sguardo sul futuro. Un futuro nel quale una molteplicità di autorevoli studi internazionali ci dice che entro 15 anni la computerizzazione del lavoro industriale (intelligenza artificiale, mobile robots e machine learning) con una probabilità dell’85% spariranno tutte le posizioni di lavoro degli operatori esecutivi nei settori della chimica e della siderurgia e con una probabilità del 57% anche quelle del livello tecnico (medio) nel settore della chimica. Il che significa non solo una trasformazione dell’organizzazione dell’impresa ma una rivoluzione del modello di rapporto tra grande impresa dei settori maturi e città, del rapporto tra organizzazione di impresa e organizzazione sociale e di rivoluzione nel rapporto tra “scuola” e “mondo dell’impresa”, basti pensare al coding e al pensiero computazionale.

Narni e l’area ternana si possono preparare a tutto questo solo guardando lontano e investendo sulle persone e sul capitale umano, sulle persone che si sono e su quelle che potrebbero esserci. Sulla loro capacità di creare nuovi prodotti, nuovi servizi, di replicare quanto fatto altrove adattandolo. Cioè di creare nuove imprese in un quadro di sostenibilità. Tutto il resto è destinato a sparire trasformandosi in qualcosa che non conosciamo ancora. Pensiamo soltanto agli effetti dell’intelligenza artificiale, della robotizzazione e del learning machine sull’organizzazione delle imprese manifatturiere. Ma Narni potrà ancora esserci ed essere protagonista come “piccola grande città dell’innovazione” in un contesto industriale che riguarda l’intero territorio. Abbiamo qui opportunità che non sono facilmente disponibili altrove. Pensiamo ad esempio alla possibilità di proporre alle importanti realtà della siderurgia europea presenti sul territorio joint venture per la creazione di start-up per la manifattura additiva, sul tema delle polveri e dello stampaggio 3D, facendo sistema con le iniziative esistenti.

Narni 2030
In questi prossimi mesi del 2017 si gioca la partita del futuro possibile per Narni. Più scenari sono ancora aperti: occorre però essere consapevoli che vanno fatte delle scelte, qualcosa dovrà restare indietro, un’agenda per Narni dovrà essere scritta. E l’agenda non è l’inventario dei problemi e delle possibili soluzioni. L’agenda è l’elenco delle cose fattibili, degli impegni realistici, dei tempi e degli obiettivi delle azioni.

Il PRG del 1999 aveva di fronte già questa alternativa. “Ciò che si vuole favorire, garantendo un’offerta di aree per la produzione, completando e migliorando l’infrastrutturazione del territorio, è lo sviluppo soprattutto di numerose piccole imprese con carattere labour intensive. Oppure ci si attende che la bellezza del paesaggio, dei centri antichi dei quali è disseminato, la vicinanza alla grande agglomerazione urbana della capitale, favoriscano lo sviluppo di un turismo sempre vagamente definito, fatto in parte di famiglie che acquistano una casa di vacanze entro il territorio narnese ed in parte di visitatori che frequentino Narni come Todi, Orvieto, Perugia.

Due sentieri, in termini aggregati tra loro radicalmente alternativi, si aprono forse per lo sviluppo di Narni: il primo, assai probabile, è che Narni prosegua la sua andatura a basso regime progressivamente migliorando le proprie condizioni di benessere individuale e collettivo: poco di tutto, ma dove ogni cosa, Il secondo, più difficile, fatto di una consistente dose di investimenti iniziali, concentrati nel tempo ed in alcuni luoghi strategici, fortemente coordinati e valutati nella loro efficacia complessiva; una strategia che modifichi rapidamente ed in modo radicale la posizione di Narni nell’economia nazionale ed internazionale, facendo di Narni una città ed una società con una forte, nuova e riconoscibile identità, ovviamente una identità diversa da quella passata e da quella odierna. Per questo si tratta di due scenari: difficilmente si può scegliere un poco dell’uno ed un poco dell’altro.” Cercare di elaborare una sintesi accettabile è forse quello che oggi è più opportuno fare: per Narni siamo ancora in tempo. Ma una scelta è assolutamente urgente e improrogabile ed è la responsabilità che è data a noi, a tutta la comunità narnese e a chi dovrà governare la città nei prossimi anni.

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