Forum delle Acque, Eulisse: «Ecomusei coinvolgenti e al servizio della comunità»

Il direttore esecutivo della rete mondiale dei musei dell’acqua ha introdotto la terza giornata di lavori a Villalago

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Eriberto Eulisse, direttore esecutivo del Global Network of Water Museums (la rete globale dei musei dell’acqua), un’iniziativa Unesco-IHP, ha introdotto i lavori della terza giornata del Forum delle Acque, nella splendida location di Villalago di Piediluco (Terni). «La rete nasce prima del 2018 – ha spiegato Eulisse – ma nel 2018 è stata ‘battezzata’ dal programma idrologico inter-governativo per rafforzare la voce e il ruolo dei musei dell’acqua all’interno del dibattito sulla sostenibilità, dando posizione istituzionale a questa rete per promuoverli al meglio. Questi musei hanno una forma partecipata di gestione che ha origini molto antiche. Prendono decisioni ecologiche, su come le acque vengono correttamente gestite e allocate. La natura dei musei che aderiscono a questa rete – ha spiegato il direttore generale – è varia e poliedrica, puntano sulla partecipazione delle comunità. Ecco perché parliamo di ‘ecomusei’ in un’ottica specifica dal nostro statuto. Il nostro scopo è quello di costruire una nuova cultura dell’acqua, un nuovo senso di civiltà che aiuti a riconnettere le persone e l’acqua in tutte le dimensioni: tecnico-scientifica, ma anche sociale, artistica e spirituale. Uno dei motivi per cui l’Unesco ha battezzato questa rete è proprio per questa visione a 360 gradi. In breve, puntiamo a cambiare il paradigma di gestione dell’acqua puntando sulla sostenibilità ecosistemica e preservazione delle biodiversità. Perché i musei? I musei sono piattaforme per alimentare dibattito sulla ‘citizen science’. E sono anche considerati una fonte di informazione attendibile. Le persone apprendono di più dai musei che dai dibattiti scientifici, e partono in vantaggio perché sono istituzioni abituate a comunicare con un pubblico ampio, avendo un linguaggio semplice e fruibile basato su dati scientifici e sono fonti di informazione per tutti. Musei non sono soltanto collezioni di oggetti catalogati. I musei dell’acqua ormai si affacciano a questa nuova decade con una funzione specifica: promuovere il patrimonio dell’acqua nel territorio e comunicare le sfide globali. I musei diffusi sono sempre più connessi con le persone e la comunità ed è proprio questa l’evoluzione. Ecco dunque che possiamo definire gli ecomusei ‘piattaforme per lo scambio e agenti di cambiamento’. La sfida è grande perché l’acqua, oltre a comunicare dati, scienza e informazione, comunica emozioni. E queste dipende sempre dal tipo di linguaggio che vogliamo utilizzare. Abbiamo in tutto 90 membri, con 20 milioni in 41 Stati diversi, la maggior parte in Europa e un gran numero (22) anche in Italia. Inoltre tra una settimana avremo 12 nuovi membri. Una rete in crescita. Ora – ha sottolineato Eriberto Eulisse – dobbiamo concentrare l’attività in Africa, in America, in Asia: è una sfida complessa perché l’Unesco ci chiede attività a livello internazionale. Dobbiamo proporre un modello di cooperazione tra ecomusei italiani, da trasferire ad altri Paesi. Dobbiamo creare una rete di ecomusei che presentino piattaforme di coinvolgimento locale, cosa particolarmente gradita dall’Unesco. Ci auguriamo che Piediluco posso accoglierci qui per questo appuntamento periodico e sempre più importante. In Umbria e in Emilia Romagna se riusciremo ad ottenere finanziamenti, promuoveremo delle altre attività di censimento anche all’estero. Stiamo dunque cercando di attivarci con comitati nazionali, chiedendo loro di inviarci liste dei loro musei. Questo vuol dire attivare una collaborazione per lavorare con altre cattedre Unesco. Subentra quindi anche l’aspetto politico. Questo significa cooperare con 169 paesi al mondo, è chiaramente difficile ottenere risposte immediate ma a noi ne bastano 20-30 per iniziare attività di diplomazia a livello mondiale». Nel corso dei lavori è intervenuto anche Edo Bricchetti di EMI – Rete Ecomusei Italiani: «L’ecomuseo si regge sul processo di consapevolezza, di interessi e di collaborazioni. Tutto al servizio della comunità. Gli ecomusei in Italia esistono da 40 anni e hanno saputo adattarsi alle esperienze editoriali. In Umbria sono parecchi ed hanno una specifica missione. Il primo passo per la costituzione dell’ecomuseo è quello di procedere con la perimetrazione dell’area grazie ad una conoscenza reale del territorio. Si passa poi alla descrizione dei beni materiali, immateriali e paesaggistici. Si considerano quindi gli edifici, le ville, i mulini fino alle memorie, i saperi, ciò che viene trasmesso all’interno di una comunità. Infine,i beni paesaggistici, come una sedimentazione di tante vicende ed avvenimenti. Importante è l’individuazione degli stakeholder e trasmettere alle nuove generazioni la capacità per formarli in questo discorso. Bisogna programmare le attività e promuovere l’ecomuseo attraverso la formazione delle nuove generazioni, guardando al futuro del territorio».

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