Lavoro: «In Umbria boom per i voucher»

Secondo la Uil nel 2016 ne sono già stati venduti oltre 432 mila: «Fanno aumentare la precarietà e c’è un peggioramento normativo, salariare e contributivo dei lavoratori»

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«Nel 2016, in Umbria, sono già stati venduti 432.167 voucher lavorativi, 86.433 dei quali nella provincia di Terni». Il dato è contenuto in uno studio della Uil- Servizio politiche attive e passive del lavoro, dal quale emerge che, a livello nazionale, l’uso del vaucher avviene soprattutto nel settore commercio, turismo e servizi.

In Italia Complessivamente «nel nostro Paese si è passati da 536 mila buoni venduti, gli oltre 115 milioni del 2015. Nati con l’intento di favorire l’emersione del lavoro nero sembrano invece aumentare la precarietà ed un peggioramento normativo, salariare e contributivo dei lavoratori. Sicuramente sono aumentati gli working poor, coloro che cioè pur lavorando hanno redditi inferiori alla soglia di povertà. Nel 2015 se ne contano circa 1,4 milioni, con una crescita del 35% rispetto al 2014».

Il voucher Si tratta, spiega la Uil, «di un ticket-lavoro, con un valore nominale ed orario di 10 euro lordi (comprensivi di un 13% di contribuzione previdenziale alla gestione separata Inps, una copertura assicurativa Inail del 7%, ed un contributo per il concessionario del servizio pari al 5% da destinare all’Inps), ma di cui, quindi, solo 7,50 euro netti vanno al prestatore di lavoro. Cade, con la ‘riforma Fornero’, il riferimento al concetto di “accessorietà ed occasionalità” della prestazione da svolgere con i voucher, restando quale unico limite quello economico di 7 mila euro netti all’anno».

No tax Ma c’è dell’altro: «Il lavoro occasionale accessorio non è una tipologia contrattuale, non prevede la dettagliata comunicazione obbligatoria di assunzione al Servizio per l’impiego, non da diritto a malattia, maternità, assegni familiari, trattamento di fine rapporto, e tutto ciò che è connesso ad un ‘vero’ rapporto di lavoro in termini di diritti e tutele. E il compenso percepito o erogato – spiega la Uil – è esente da imposizione fiscale per committente e lavoratore. Si pone dunque la necessità, per arginare il fenomeno ed evitare un uso distorto, da una parte di prevedere la tracciabilità del vaucher e dall’altra anche il porre un tetto annuo ai committenti».

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