«Il terremoto prima di tutto, come banco di prova fondamentale per l’Italia di mezzo, questo progetto ancora in fase embrionale che punta a mettere insieme risorse, energie, reti e potenzialità di una parte importante del Paese, formata prima di tutto da Marche, Toscana e Umbria, ma senza precludere ulteriori collaborazioni e assi con Lazio e Abruzzo. E proprio la sfida posta dal terribile sisma del 24 agosto rappresenta, appunto, una prima messa alla prova per questo progetto». Giovedì mattina a Perugia, Cgil, Cisl e Uil di Marche, Toscana e Umbria, hanno presentato alla cittadinanza e alle istituzioni le proprie proposte e idee per l’Italia di mezzo, contenute in un documento elaborato da un gruppo di lavoro interregionale delle tre organizzazioni.
Mattone dopo mattone A confrontarsi con Cgil, Cisl e Uil, i presidenti di Regione di Toscana e Umbria, Enrico Rossi e Catiuscia Marini, e l’assessora della Regione Marche, Manuela Bora (in sostituzione del presidente Ceriscioli impegnato nelle zone terremotate). I sindacati nell’introduzione di Claudio Bendini, segretario generale della Uil dell’Umbria, nella relazione di Walter Cerfeda, presidente dell’Ires Cgil Marche, e nelle conclusioni di Riccardo Cerza, segretario generale della Cisl Toscana, hanno sottolineato prima di tutto che «quello dell’Italia di mezzo deve essere un grande progetto economico, civile e sociale, prima ancora che istituzionale. Non dunque un percorso calato dall’alto, come è successo per le Province, ma una costruzione mattone dopo mattone aperta alla partecipazione delle forze sociali e dei territori».
Aldilà dell’emergenza L’Italia di mezzo, hanno proposto i sindacati, «potrebbe elaborare una proposta unitaria per la ricostruzione, come primo atto concreto del Protocollo firmato a Bruxelles lo scorso 17 giugno dalle tre Regioni, per riorientare parte delle risorse dei fondi europei verso ‘Casa Italia’, per un grande progetto comune per le zone interne e l’Appennino centrale, candidando questo riorientamento anche all’accesso ai fondi del Piano Juncker». Ma aldilà dell’emergenza contingente data dal terremoto, l’urgenza dell’Italia di mezzo sta nel fatto che «essa è oggi la condizione stessa per competere nel mondo aperto in cui viviamo». Perché, secondo Cgil, Cisl e Uil, «nel mondo si compete solo fra sistemi integrati, senza i quali, l’unico destino è quello della marginalizzazione». L’idea di fondo è che nella discussione sullo sviluppo del Paese sia necessario superare lo schema duale Nord-Sud, valorizzando invece di più l’asse Est-Ovest. «E’ evidente – scrivono Cgil, Cisl e Uil nel loro documento unitario – che andranno affrontate questioni costituzionali e istituzionali, ma è altrettanto chiaro che, fin da subito, si possono mettere a fattor comune molte azioni, che oggi le singole Regioni conducono separatamente, con una nuova e maggiore efficacia».
Università e centri di ricerca I sindacati hanno posto l’accento in particolare sulle potenzialità di una struttura produttiva «con radici solide e diffuse e molti punti di eccellenza, che necessita però dell’organizzazione di un flusso permanente di ricerca applicata e di trasferimento tecnologico. Per questo diventa strategica la messa a rete delle università e dei centri di ricerca presenti sul territorio dell’Italia di mezzo, che sono tra i più importanti al mondo. Servirebbe, però, la formazione di una cabina di regia, una sorta di Cnr interregionale, capace di fare da front office per le imprese e da back office per i centri di ricerca delle università».
Il sindacato dell’Italia di mezzo La messa a regime «efficiente dell’insieme dei servizi pubblici essenziali, la difesa di un modello di coesione e di benessere sociale che rappresenta lo stesso Dna ed il tratto distintivo più forte delle nostre regioni, e ancora, quel ‘capitale’ storico e culturale – 10 siti che la stessa Unesco ha riconosciuto patrimonio dell’Umanità – che può fare dell’Italia di mezzo il distretto della bellezza», sono questi, secondo Cgil, Cisl e Uil di Marche, Toscana e Umbria gli assi portanti su cui costruire il progetto. Un progetto verso il quale i sindacati, da parte loro, hanno già cominciato a muoversi, «mettendo insieme i primi mattoni unitari per la costruzione di un sindacato dell’Italia di mezzo. Insieme siamo 6 milioni di donne e di uomini, il 12% del Pil del nostro Paese e insieme possiamo anche avere l’ambizione di contribuire a realizzare un’Italia più bella, più solidale e più giusta».