Omicidio via Galvani: confessa dopo sei mesi

Terni: concluse le indagini sul delitto Demir Hyseni, freddato sotto casa lo scorso 18 luglio. L’omicida, Kujtim Beli, ha ammesso tutto

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Sette colpi di pistola – uno dei quali mortale – sparati con una ‘Basque’ calibro 32. Prima, un breve diverbio fra i due – vittima e assassino – che si conoscevano e fra i quali non correva buon sangue. Poi la fuga dell’omicida verso Bari, per tornare in Albania, stoppata dai carabinieri. Infine la confessione lo scorso dicembre, nel corso dell’interrogatorio chiesto al pm Raffaele Pesiri. Caso e indagini chiuse, in attesa del processo.

Kujtim Beli, l’omicida

L’OMICIDIO DI VIA GALVANI – LE FOTO

La procura di Terni ha concluso le indagini preliminari per l’omicidio di Demir Hyseni, il carpentiere 49enne albanese freddato la mattina dello scorso 18 luglio sotto la propria abitazione di via Galvani, a Terni. L’omicida – il 60nne Kujtim Beli, connazionale e detenuto a Terni – è accusato di omicidio volontario premeditato, oltre che di aver detenuto illegalmente l’arma del delitto. Rischia una condanna pesante: probabile che dopo la fissazione dell’udienza preliminare, il suo legale difensore – l’avvocato Francesco Mattiangeli – chieda il giudizio abbreviato.

Fuga inutile Dopo aver ucciso il ‘rivale’, Kujtim Beli aveva gettato la pistola in un cassonetto ed era fuggito verso la stazione, per prendere il primo treno utile per Bari. Immediate le indagini dei carabinieri di Terni che, fra rilievi, testimonianze e analisi del segnale telefonico del soggetto, lo avevano intercettato al porto del capoluogo pugliese, mentre stava cercando di ‘piazzare’ a poche centinaia di euro l’auto con cui era giunto in Italia, a bordo di un traghetto. Un piano andato a monte grazie all’Arma ed ora i familiari della vittima – la moglie ed i suoi tre figli assistiti dall’avvocato Cristina Rinaldi – chiedono giustizia per il proprio caro, strappato alla vita proprio mentre stava andando al lavoro.

«Chiede perdono» «Nell’interrogatorio reso, su sua richiesta, all’autorità giudiziaria – afferma l’avvocato Mattiangeli – il mio assistito ha chiesto più volte perdono ai familiari della vittima. Lui è consapevole che potrebbe passare in carcere il resto della propria vita, vista la gravità di quanto compiuto».

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