Payback sanitario: in Umbria a rischio 200 posti di lavoro

Grande incertezza anche sulle gare di appalto per la fornitura ad Usl e ospedali dei prodotti salvavita

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di Giovanni Cardarello

È scattata la corsa contro il tempo per salvare le piccole aziende sanitarie e farmaceutiche che forniscono i dispositivi medici a tutti gli ospedali ed alle Usl dell’Umbria. Aziende che generano centinaia di posti di lavoro. Il prossimo 30 ottobre, infatti, scade il termine ultimo per il pagamento del cosiddetto payback sanitario. Un meccanismo di spesa che si attiva quando le regioni, come il caso dell’Umbria, sforano il tetto di spesa messo a bilancio per ogni anno fiscale.

Il payback sanitario

Il meccanismo esiste da quando, nel 2015, il ministro del Governo, allora guidato da Matteo Renzi, Pier Carlo Padoan, di concerto con i ministri Guidi e Lorenzin, inserì il tetto. Il payback sanitario, di fatto, è la cifra eccedente a quanto previsto e deve essere ripartita al 50% tra lo Stato e le aziende che forniscono i dispositivi medici. Il pagamento della prima tranche relativa agli sforamenti determinati nel periodo 2015-2018 è slittata di anno in anno, in primis per il calcolo effettivo e successivamente per le questioni legate al Covid. Ma ora, terminata la fase emergenziale, si torna all’ordinario ed il 30 ottobre 2023 è la data indicata, ed inderogabile, per eseguire i pagamenti.

Gare d’appalto

La cifra per la Regione Umbria ammonta a 90 milioni di euro, cifra che viene ripartita tra le varie aziende in base al fatturato. L’ulteriore proroga richiesta non è stata accolta dal Governo Meloni e molte aziende, soprattutto quelle medio piccole, rischiano seriamente di non farcela. Le aziende umbre a rischio, precisa in una intervista al Tgr Umbria Paolo Palombi, presidente di Asfo Umbria Confcommercio, sono oltre una decina e con oltre 200 dipendenti in organico. Ma non solo. A preoccupare, e molto, è anche la paralisi degli ospedali e delle due Usl regionali, soprattutto se, vista la situazione di grande incertezza che si è determinata, le gare di appalto per la fornitura dei nuovi dispositivi medici, andranno deserte. Dispositivi medici che, ricordiamo, vanno dalla semplice garza fino alle protesi agli stent e a vari prodotti salvavita. Pertanto, oltre al fallimento delle aziende, alla perdita di posti di lavoro e al danno all’economia regionale, c’è in ballo anche la salute dei cittadini.

L’addizionale

Come detto la corsa contro il tempo è iniziata e la sensazione è che i margini di manovra siano prossimi allo zero. Per questo, sempre Confcommercio, ha proposto da tempo una soluzione interessante. La proposta è quella di inserire una addizionale per tutte le gare messe a bando dal 2024 in poi. Questa addizionale sarebbe trasparente alle aziende sanitarie e farmaceutiche già in sede di compilazione dell’offerta, potrebbe portare nelle casse dello Stato, e quindi delle regioni, circa 600 milioni in grado di ridurre il rischio di sforare il tetto di spesa e di doverne poi pagare le conseguenze.

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