Perugia, la Cgil: «Siamo in serie C»

Il segretario, Vincenzo Sgalla: «Se non vogliamo finire tra i dilettanti, “l’allenatore” deve dire che tipo di gioco intende fare »

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di Vincenzo Sgalla
Segretario generale Cgil Umbria

La fotografia impietosa scattata dal Sole24Ore sulle condizioni di Perugia dimostra, ancora una volta, che i problemi della città capoluogo dell’Umbria non solo non sono risolti, ma al contrario si vanno acuendo. A fronte di questa situazione vorremmo ricordare al sindaco Romizi che non ci si candida a governare una città come Perugia se non si è convinti di poterlo fare.

Perugia e con lei l’Umbria hanno bisogno di idee, coraggio e capacità politica. Purtroppo, invece, in questi due anni di governo della città non si ricorda una scelta, un’azione, un provvedimento che sia stato in grado di tracciare una linea politica chiara, anche di destra. Non abbiamo capito cosa intende fare il sindaco, ad esempio, rispetto alla vertenza Perugina, al commissariamento di Gesenu, alla riqualificazione dell’ex carcere di piazza Partigiani, al problema dei parcheggi, sempre più cari, al futuro del Mercato coperto e più in generale del centro storico. E l’elenco potrebbe proseguire.

Perugia non è una città qualsiasi dell’Umbria. Dai destini del capoluogo, come ci insegna la storia, dipendono i destini dell’intera comunità regionale. Se si decide di governarla, quindi, occorre avere ben chiaro un progetto strategico, un percorso attraverso il quale rilanciare non solo la qualità della vita, ma la stessa vocazione della città in Umbria, nel Paese e in Europa.

Questo richiede coraggio, richiede di assumere decisioni popolari o meno, in grado di interrompere la caduta e poi di riportare la nostra città al livello che le spetta. La politica ha questa funzione, non quella di difendere sempre il proprio operato e di negare l’evidenza, e questo vale per Perugia, come per Terni e per l’Umbria. E siccome la situazione di emergenza, al di là delle classifiche, è assolutamente reale, chiediamo al sindaco di uscire dall’immobilismo e mandare un segnale: la politica del silenzio adottata fino ad oggi non paga. Siamo già retrocessi in serie C, se non vogliamo finire tra i dilettanti, “l’allenatore” deve dire che tipo di gioco intende fare, con quali uomini e con quali obiettivi di breve e medio termine. Se non è in grado di farlo bisognerà prenderne atto.

 

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