Psichiatria territoriale Terni, l’sos tra rette e nuovo Psr: «Rischio smantellamento»

Una missiva della Usl ha messo in allarme diverse società e anche il Comune: nodo compartecipazione e spese a carico delle famiglie in ambito sociale

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di S.F.

«Stiamo parlando di una fetta di popolazione già sofferente, particolarmente fragile. Attribuirgli anche la necessità di spesa per la possibilità di cura significa ‘retrocedere’: è un dovere morale nostro, come ce ne prendiamo cura? Gli viene chiesto di pagare. Così non si dà chance ai soggetti interessati di curarsi e ciò comporta ripercussioni a livello sociale». La più incisiva a spiegare cosa sta accadendo nel Ternano nell’ambito delle rette per le residenze psichiatriche è Cristina Pocetta, responsabile della Tabor cooperativa sociale di Piediluco: a Terni c’è un grave problema creatosi di recente con la Usl Umbria 2 e martedì mattina si è sviluppato un confronto tra diversi attori del terzo settore, l’assessore al welfare Cristiano Ceccotti ed i consiglieri: il nodo è sulla compartecipazione alle spese, la ‘separazione’ tra l’aspetto sanitario e sociale e, infine, il nuovo Psr che rischia di «smantellare il percorso» sulla materia. L’sos è lanciato, palla a palazzo Spada e non solo. I guai iniziano dal 2005 e di mezzo c’è anche la mancana di chiarezza nell’incrocio tra normativa umbra e nazionale.

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L’audizione a palazzo Spada

Comunità terapeutiche, psichiatria e macchia d’olio

In estrema sintesi – il succo del discorso – è che sponda Usl Umbria 2 si chiede la compartecipazione sociale – la quota percentuale di quella sanitaria è a capo del sistema sanitario regionale – degli assistiti in salute mentale nelle comunità terapeutiche e nelle unità di convivenza. A parlarne in audizione le cooperative sociali Actl, La Speranza, Tabor, Servizi e strutture Terza Età srl e Villa Rosalba srl: si parla di oltre 150 soggetti interessati e altrettante famiglie che rischiano di andare in forte affanno con questa vicenda. Focus sulle rette per le residenze psichiatriche in definitiva: «La cosa è gravissima – ha esordito Sandro Corsi, numero uno dell’Actl -, c’è continuità tra giunta precedente e attuale nello spostare la questione inerente il bilancio a carico del sociale. In merito ci sono alcune delibere vecchie ‘morte’, c’è impossibilità di mettere i costi a carico del sociale. E in alcune zone dell’Umbria si fa finta di nulla. Ci sono ospiti delle strutture del Perugino cui si fattura il 100% sul Ssn, ad Orvieto invece si chiede la compartecipazione. Si agisce a macchia d’olio. A Foligno le famiglie non pagano. La Usl – ha sottolineato – ci ha chiesto di consegnare lettere pre ingiuntive alle famiglie per dire che devono pagare. Ci siamo rifiutati». L’input è chiaro: «Serve interloquire con il Comune perché da agosto ci hanno detto che dobbiamo fatturare solo la parte sanitaria e diciamo no perché esistono delle convenzioni in essere. Inoltre ci sono sentenze del Consiglio di Stato sul tema. Sta alle amministrazioni farle rispettare. Ora passeremo un mese difficile ed in accordo con tutti proseguiremo a fare fatture complete. Non solo per la parte sanitaria. La situazione è incredibile e siamo fortemente preoccupati». E palazzo Spada? «Sappiamo che le casse del Comune hanno qualche problema. Noi chiediamo di accompagnarci in questa resistenza: formalmente è per le persone assistite, ma chiunque può avere a che fare con una situazione del genere. Ci auguriamo che ci sia incisività politica sia nei confronti della Regione che della Usl Umbria 2, un’azienda di emanazione regionale», le parole di Corsi. 

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Numeri, costi e guai 

Luca Simonetti (M5S) ha chiesto lumi sui costi di tutto ciò. Corsi ha spiegato che si tratta all’incirca di oltre 150 soggetti interessati dalla vicenda e si parla mediamente di 118 euro al giorno, mentre per le unità di convivenza si è intorno ai 75 per i pazienti psichiatrici: «La delibera regionale dice che è 100% sanitaria la retta», ha ribadito. In definitiva in un mese per le famiglie si parla di oltre 1.000 euro al mese, non poco. La Pocetta è concisa e precisa nel dare una lettura dal lato delle famiglie: «Attribuirgli anche la necessità di spesa per la cura significa retrocedere perché poi loro ti dicono ‘non ho bisogno di nulla’. Così le persone sono sempre meno motivate a curarsi. Rischiamo di tirar via 40 anni di legge 180 (Basaglia)». Sottolineato poi che negli stessi distretti sanitari ci sono diversi trattamenti sul tema, al netto di Isee e accompagnamento.

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La normativa schizofrenica e la richiesta

Ceccotti – accanto a lui la dirigente al welfare Donatella Accardo – ascolta, prende appunti e inizia parlando di una «normativa schizofrenica» tra quella regionale e nazionale: «La prima è stata rivista per la definizione delle compartecipazioni alle rette e inoltre già a dicembre 2021 il Comune ha inviato una nota sul nuovo piano sanitario regionale: fu specificato che c’era bisogno di chiarezza anche a livello amministrativo per definire in modo omogeneo le attività della Usl, come ad esempio i trasporti. Ciò che paga il pubblico resta definito solo in ambito sanitario, non altrettanto avviene nel socio-sanitario perché vanno applicati dei criteri». Poi un messaggio più volte ritirato in ballo: «La compartecipazione non è mai automatica e non c’è un regolamento. Ma solo delibere regionali del 2009, 2011 e 2017 per la modulazione percentuale». A palazzo Spada l’informativa della Usl 2 sul tema è giunta il 7 luglio: «Non è possibile fare un ‘taglio’ sul tema con i bilanci già predisposti, sono arrabbiato come voi». Il sindaco Latini il 1° settembre ha chiesto un incontro tecnico-amministrativo per verificare le procedure: «Siamo pronti a fare il nostro ruolo, servono interventi strutturali e non a macchie d’olio».

Beghe politiche e applicazione distorta

La seconda parte dell’audizione è tutta di natura politica o quasi: «Si scarica sulle famiglie – il pensiero di Alessandro Gentiletti di Senso Civico – una questione che compete ad altri. Ci sarebbe dovuta essere la Usl 2 oggi. La scelta politica è sbagliata, cerchiamo di passare ai fatti». A ruota Luca Simonetti del M5S: «Perché la Usl 2 ha mandato missive? Il Comune deve imporsi». Immediata replica di Ceccotti: «L’ultima delibera regionale è del 2017 ed è applicata in modo distorta in altre zone sociali. Ripeto che ho chiesto una modifica al piano sanitario regionale per l’assistenza territoriale e la rivisitazione delle quote percentuali tra parte sanitaria e sociale. Vogliamo stare vicino alle famiglie. Se dobbiamo sostenere il costo delle rette abbiamo bisogno di risorse che ora non ci sono. Non posso andare contro una norma non fatta da me».

Rischio smantellamento

Francesco Filipponi (Pd) ha parlato di una «innegabile applicazione diversa della deliberazione 2017 della giunta regionale. Questa è una battaglia giusta da sostenere, ben venga la lettera del sindaco del 1° settembre». Almeno su questo tema – ci mancherebbe altro – si va d’accordo o quasi: «Non è giusto che si scarichi tutto sull’anello finale del servizio. Il Comune non può facilmente affrontare la situazione con un bilancio già approvato, gli interlocutori sono Regione e Usl 2», il commento di Lucia Dominici di FI. A ristabilire un po’ d’ordine ci pensa ancora Corsi: «La storia inizia con la dgr 21 del 2005. Devono discuterne Regione e Comuni. Poi se gli utenti non pagano che facciamo? Il tso? Li rimandiamo a casa?». L’ultimo allarme è della Pocetta: «Il Psr preadottato prevede la compartecipazione: oggi è 40% sociale e 60% sanitario, con il nuovo piano si inverte. E ciò significa smantellare tutto il sistema, salterebbe la psichiatria territoriale». Ultima replica di Ceccotti, poi se ne riparlerà: «Ripeto, sono dalla parte delle famiglie. E della normativa. Non l’ho fatta io e voglio modificarla». Le famiglie restano in attesa: serve che la politica agisca bene e anche in fretta.

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