Si uccide, ai familiari andrà mezzo milione

Terni, Usl e azienda ospedaliera dovranno versare 480 mila euro ai parenti di una minore: sarebbe stata dimessa troppo presto e senza i necessari accertamenti psichiatrici

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di F.T.

480 mila euro: tanti ne dovranno versare, in solido, l’azienda ospedaliera di Terni e l’ex Asl4 del ternano (oggi Usl Umbria 2 e chiamata in causa dello stesso Santa Maria) – nei confronti dei familiari di una ragazza ternana che il 13 gennaio del 2007 si era tolta la vita gettandosi dal tredicesimo piano di un palazzo. La sezione civile della corte d’appello di Perugia ha infatti confermato in toto la sentenza emessa nel gennaio del 2015 dal giudice Alessandro Nastri del tribunale di Terni.

La vicenda L’11 gennaio 2007, due giorni prima del tragico gesto la ragazza, neanche sedicenne, era finita in ospedale per aver assunto un ‘cocktail’ di farmaci in seguito ad una lite con il proprio fidanzato. Le sue condizioni non erano apparse gravi ma i medici del pronto soccorso di Terni ne avevano comunque disposto il ricovero per una necessaria consulenza psichiatrica da parte dello specialista del Servizio psichiatrico diagnosi e cura della Asl. Quest’ultimo, a seguito di un colloquio con la giovane paziente, aveva poi valutato l’assunzione di farmaci come «neanche un gesto dimostrativo», consigliando il «ricovero per breve periodo di osservazione».

La tragedia Il mattino seguente, dopo alcuni esami del sangue, la ragazza era stata dimessa dall’ospedale senza altri accertamenti di natura psichiatrica. Al ritorno a casa aveva fatto seguito quello a scuola, il 13 gennaio, dopo che aveva insistito con i propri genitori per riprendere la vita di tutti i giorni. Il padre l’aveva così accompagnata al cancello dell’istituto ma lei, anziché entrare, si era dileguata fino a raggiungere un palazzo vicino, gettandosi nel vuoto.

La battaglia I familiari della giovane, assistiti dal compianto avvocato Fabio Farnesi, si erano battuti per vedere riconosciute le responsabilità civili del nosocomio e dei medici che l’avevano dimessa senza alcun regime ‘protetto’, evitando di sottoporla ad esami più approfonditi. Un punto di vista che il tribunale civile di Terni, in primo grado, aveva accolto in pieno condannando la Usl per 4/5 e l’ospedale per la restante parte, a versare 480 mila euro ai genitori ed ai fratelli della ragazza.

La sentenza Per il giudice Alessandro Nastri, la condotta dello psichiatra che aveva visitato la giovane «non è stata esente da imperizia, imprudenza e negligenza. La giovane età della paziente e il suo tentativo di suicidio mediante l’uso improprio di farmaci – scriveva nella sentenza di primo grado – avrebbe dovuto indurre lo specialista ad una particolatre attenzione nell’esame del caso, nell’elaborazione della diagnosi e nella predisposizione di dettagliate strategie terapeutiche».

Le responsabilità «Il medico – prosegue il giudice – ha ritenuto sufficiente il colloquio avuto con la paziente, omettendo l’elaborazione di una diagnosi sufficientemente dettagliata, senza neppure prospettare la necessità di ulteriori approfondimenti o controlli psichiatrici». Ma per il tribunale «anche la condotta dei medici dell’ospedale di Terni, che hanno avuto in cura la giovane sino al mattino seguente, non è esente da censure. Sarebbe stato opportuno mantenere la giovane in osservazione per un altro periodo, sottoponendola ad un ulteriore colloquio psicologico, adottando una maggiore prudenza e mettendo in atto un coordinamento più efficiente con il Servizio psichiatrico diagnosi e cura gestito dalla Asl». In sostanza la ragazza, dopo il primo grave tentativo di togliersi la vita, sarebbe stata lasciata «in uno stato psicologico di abbandono e di mancanza di punti di riferimento».

La conferma Una sentenza, quella del giudice Alessandro Nastri, che la corte d’appello di Perugia – presieduta da Silvio Magrini Alunno – ha inteso confermare pienamente, respingendo l’appello dell’azienda sanitaria e di quella ospedaliera, accogliendo il punto di vista di familiari della ragazza e del legale che li rappresenta, l’avvocato Massimo Farnesi del foro di Terni.

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