Spoleto, morte Scerna: fascicolo archiviato

Morte del 25enne nel 2015, non ravvisati profili di responsabilità penale per la Provincia di Perugia. Il padre: «Tanta amarezza, questa è l’Italia»

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«Non c’è solo amarezza, ma totale rigetto morale per queste conclusioni». Delusione e sconcerto per Massimo Scerna, papà di Simone, il 25enne deceduto il 21 aprile 2015 dopo uno schianto a pochi chilometri da Spoleto – strada provinciale 451 di Bruna, la Tuderte – con il suo mezzo: il Gip del tribunale di Spoleto, Daniela Caramico D’Auria, ha accolto la richiesta del pm titolare del caso, Michela Petrini, disponendo l’archiviazione del fascicolo per omicidio colposo. Nessun profilo di responsabilità penale dunque per la Provincia di Perugia e fine del procedimento. A comunicarlo è lo Studio 3A.

MORTE SCERNA: «L’INDAGINE PROSEGUA»

Archiviazione I familiari della vittima speravamo in un esito diverso dopo l’istanza di opposizione presentata dal legale e la riserva sulla decisione formulata dal Gip nell’udienza dello scorso 6 giugno. Simone Scerna perse la vita schiantandosi – in una strada ben nota per la pericolosità e i molti incidenti stradali – contro uno dei platani a bordo strada, con ribaltamento della macchina nel fossato – «concausati dal manto stradale sconnesso e dalla presenza ai lati della carreggiata di due filari di alti platani a breve distanza l’uno dall’altro, senza contare i due profondi fossati che scorrono poco più in là: un mix letale per chi sbanda», sottolinea lo Studio 3A.

La Provincia e le indagini Il penalista della famiglia, in collaborazione con lo Studio 3A, presentò «una memoria ex. art 90 cpp presso la Procura di Spoleto per chiedere al Pm di effettuare specifiche indagini, anche con una consulenza tecnica, per valutare eventuali responsabilità degli organi preposti della Provincia di Perugia, ente proprietario della Tuderte e dunque tenuto alla sua cura e manutenzione, e poi ha proposto opposizione alla richiesta di archiviazione del Pm. Nell’atto si dissentiva dalle conclusioni del magistrato, che non ravvisava ‘elementi di responsabilità, colposa o dolosa, in capo a terzi nella causazione del sinistro’, sostenendo invece che si potevano desumere le prove ‘di tale responsabilità, per il fatto di non aver correttamente manutentato la strada e non aver approntato tutti i sistemi di sicurezza che avrebbero potuto evitare, o ridurre, gli esiti letali della fuoriuscita di strada di Simone Scerna’. Due, in particolare, gli elementi di rischio evidenziati, determinanti nel decesso: il manto stradale dissestato e i filari di platani senza protezione».

Lacuna Nell’opposizione inoltre si «ricordavano anche le norme che vietano di piantare alberature lateralmente alle strade o impongono distanze minime, sei metri, nella fattispecie non osservate, prescrivendo anche la protezione e la messa in sicurezza degli ostacoli fissi, tra cui gli alberi. Norme che dovevano conoscere anche gli uffici preposti della Provincia, se è vero che a solo un paio di km dal luogo del sinistro, in direzione Castel Ritardi-Spoleto, sono stati installati una serie di guardrail a protezione dei platani e diversi cartelli stradali di avvertimento della pericolosità della strada per l’alberatura sul ciglio. Presidi che invece mancavano dove Simone è deceduto: una lacuna che acuisce la rabbia dei familiari per una tragedia evitabile».

Il giudizio del Gip Fascicolo archiviato. Perché, secondo il Gip, «la Provincia aveva predisposto la segnaletica verticale ed orizzontale indicando il limite di velocità di 70; il segnale di pericolo di strada dissestata; il segnale di pericolo di incrocio con pannello aggiuntivo ‘serie’. Me consegue che la posizione di garanzia da parte dell’ente proprietario deve ritenersi assolta, non potendosi ravvisare in capo allo stesso alcun profilo di colpa». Lo Studio 3A puntualizza che non c’è stato «nessun accenno ai platani a ridosso della strada e alla mancanza dei guardrail».

La delusione «Su questa strada – il commento del padre di Simone Scerna – maledetta ci sono state decine di vittime, non si contano i mazzi di fiori attaccati ai suoi alberi. Non si capisce perché la Provincia ha messo i guardrail in alcuni punti e in altri no. L’ente ha implicitamente ammesso le gravi lacune visto che, dopo che li abbiamo chiamati in causa, hanno iniziato alcuni interventi di messa in sicurezza, per quanto limitati alla ri-asfaltatura di alcune curve e al posizionamento di alcuni semafori, che peraltro non funzionano. Purtroppo questa è l’Italia: la giustizia italiana non ha gli attributi per fare luce sulle cose serie e nessun giudice ha il coraggio di andare contro l’amministrazione pubblica». In conclusione il legale della famiglia e lo Studio stanno valutando «l’opportunità di chiamare in causa la Provincia anche in sede civile».

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