Terni, aria e salute: «Populismo ‘inquina’»

Convegno venerdì a palazzo Gazzoli. In campo anche la procura: «Basta dati poco trasparenti». M5s contro sindaco e assessore

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Ambiente, salute, impresa e lavoro. A Terni. Concetti talvolta contrapposti fra di loro con una buona dose di approssimazione, partendo dal presupposto che la Conca è un luogo invivibile. Non una verità assoluta, ma neppure una boutade, visto che la stessa procura, con un’attenzione sì ‘tecnica’ ma motivata da più di una richiesta in tal senso, sta indagando sulla ‘questione ambientale’ ternana. Il convegno che si è tenuto venerdì pomeriggio a palazzo Gazzoli, patrocinato da procura di Terni, Comune, Regione e Confindustria Umbria – moderato dalla responsabile della redazione de Il Messaggero, Vanna Ugolini – è stato anche un tentativo di fare un po’ di ordine, e di cultura, in tal senso. Peccato per la platea scarna, specie quando i temi vengono considerati, almeno a parole, centrali nella quotidianità di ogni cittadino.

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Il sindaco: «Serve equilibrio»

Dopo l’introduzione del sindaco Latini («negazionismo, da un lato, e le cosiddette ‘reazioni di pancia’ dall’altro, poco rispecchiano un contesto che richiede equilibrio fra diverse esigenze: produttive, ambientali e sanitarie. Lavoro e salute devono trovare una giusta sintesi», ha detto) hanno preso la parola i rappresentanti istituzionali e gli esperti invitati. Per primo l’assessore comunale all’ambiente Benedetta Salvati.

«Ridurre la percezione del rischio»

«Terni – ha detto la Salvati – deve affrontare problemi ambientali diversi, in larga parte ereditati da un passato in cui contava solo produrre e l’unica priorità era il reddito. Oggi, ad esempio, ci troviamo a fare i conti con intere aree destinate nei decenni scorsi allo smaltimento dei rifiuti. La coesistenza fra diritto al lavoro, di fare impresa e diritto alla salute è necessaria. Avere consentito fino a poco più di dieci anni fa il funzionamento contemporaneo di tre inceneritori, autorizzati ma tutti insistenti nella conca ternana, ha incrementato nella popolazione la percezione del rischio portando ad una chiusura totale, ad una sorta di reazione anche emotiva. Su questo fronte bisogna recuperare a tutti i costi e gli enti devono portare avanti iter e percorsi virtuosi, come quello in corso relativo allo smaltimento delle scorie di Ast. Ridurre la percezione del rischio della popolazione rispetto a questa azienda, e non solo, è fondamentale».

«I rifiuti? Sono una risorsa, per tutti»

Daniele Carissimi, consigliere giuridico del sottosegretario al ministero dell’ambiente, è invece partito da un excursus fra le fonti del diritto sui temi ambientali, per poi dire la sua anche sulla realtà locale. «A partire dallo stesso ‘sviluppo sostenibile’ che ci accompagna dagli anni ’80, la contrapposizione persone-imprese è rimasta una costante. Ma lo sviluppo del diritto ambientale è progredito – ha detto -, pur partendo da presupposti claudicanti e dal mancato riconoscimento dei diritti delle persone. Taranto è un caso esemplare ed ha portato, recentemente, anche ad una sentenza della Corte europea dei diritti umani che ha riconosciuto una responsabilità dello Stato italiano che non ha fatto abbastanza per la salute dei cittadini. Sul piano economico sono stati riconosciuti solo 5 mila euro a ciascun ricorrente, ma la sentenza ha introdotto un importante principio: lo Stato deve agire, tanto per i cittadini quanto per le imprese, e non può restare a guardare. Terni non è Taranto ma anche qui c’è un Sin, c’è stato uno studio Sentieri: in entrambe le realtà c’è una difficoltà nell’accertamento del nesso causale fra inquinamento e salute. Se gli studi parlano di incidenza di problematiche ambientali che si traducono in mortalità e malattie, dall’altro non si riesce ad agganciare su piano giuridico tali fenomeni in maniera solida e certa. Terni – ha aggiunto Daniele Carissimi – è la mia città e nonostante abbia una situazione ‘segnalata’, alcuni elementi non devono essere guardati come criticità». Il richiamo è al riciclo dei rifiuti, alla cosiddetta ‘economia circolare’, «concetto, questo, che sta solo nei convegni e non sul territorio. E non è colpa delle imprese che, purtroppo, non vengono messe nelle condizioni giuste. L’economia circolare, si badi, non può fare a meno dell’incenerimento dei rifiuti. Serve un cambiamento culturale: produco, uso, riuso, raccolgo, riciclo, riuso. Spostiamo più in là il tempo in cui il bene diventerà rifiuto. Questa è economia circolare. Il rifiuto raccolto è solo una minima parte, va gestito recuperando materia ed energia – la città di Brescia è un esempio virtuoso – e dobbiamo riuscirci. Perché i rifiuti sono soprattutto una risorsa».

L’Aia

La ‘palla’ è poi passata ai tecnici – Andrea Monsignori e Paolo Grigioni – operativi presso il Servizio autorizzazioni ambientali della Regione Umbria. Il primo ha chiarito come l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) «abilita l’esercizio di un impianto e non riguarda altri elementi, come ad esempio la posizione di un’azienda. Non è con l’Aia – ha detto – che si può chiudere o spostare un’azienda. A noi si può e si deve chiedere che le imprese, che dai propri camini non fanno certamente uscire aria fresca, rispettino le norme europee in termini di ‘insieme di condizioni e prescrizioni’». Approfondita anche l’analisi di Paolo Grigioni che ha illustrato come ‘nasce’ l’Aia, quali sono i suoi presupposti, i controlli – su cui è competente l’Arpa – e gli obblighi per le imprese monitorate.

I numeri, le aziende più ‘pericolose’

In Umbria – è stato detto – le aziende ‘in Aia’ sono 130, di queste 125 sono sottoposte ad un piano di ispezione ambientale. Le più ‘rischiose’ dal punto di vista ambientale sono 35. A Terni l’Aia riguarda le seguenti realtà industriali: Acea Ambiente, Ast, Asm, Cosp Tecno Service, Edison, Fucine Umbre, Gpi (ex Iosa), Ilserv, Linde Gas Italia, Novamont, Polymer Servizi Ecologici, Sii, Terni Biomassa e Wienerberger. Sette quelle più ‘a rischio’: Acea Ambiente, Asm, Ast, Gpi, Ilserv, Novamont e Terni Biomassa.

«Sentirsi un problema è spiacevole. Terni non è affatto agli ultimi posti»

Dal presidente di Confindustria Umbria, Antonio Alunni, è invece giunta un’accorata ‘difesa d’ufficio’ delle imprese ed anche di alcuni concetti, a partire da quello che «non esiste alcun conflitto fra industria, lavoro e ambiente. Viviamo – ha detto – in un mondo che ha tecnologie e intelligenze per gestire ogni complessità in modo giusto. Poi dipende se si fa o meno, se si rispettano le regole o meno. Ma questo è un altro tema. Il bivio non è ambiente/industria anche perché le aziende sotto Aia sono le più controllate e dotate di maggiori strumenti per gestire al meglio i processi produttivi». Su Terni, Alunni ha affermato che «è una città industriale per definizione, non solo per la presenza di Ast. Confrontarla con altre realtà messe molto peggio è solo sinonimo di ignoranza e in alcuni casi di ‘dolo’. Sentirsi – il punto di vista è quello dell’imprenditore – come un problema e non un’opportunità non fa affatto piacere, non aiuta a fare impresa. Terni e l’Umbria da questo punto di vista non sono affatto agli ultimi posti. Quando vado all’estero, anche nei paesi considerati più ricchi ed evoluti come gli Usa, Francia, Inghilterra, Germania, non mi sento complessato. Vorrei che Terni assumesse una maturità maggiore anche perché c’è finalmente una trasparenza spinta. L’indagine in corso da parte della procura verificherà se le cose sono state fatte e se sono state fatte correttamente: metterà un punto importante anche per superare contrapposizioni ideologiche prive di senso».

«Noi ‘tecnici’, lontani da politica e populismo»

Intervento conclusivo quello del procuratore capo di Terni, Alberto Liguori: «Non sono io l’arbitro – ha chiarito in apertura – che dovrà mettere la parola finale su questo tema, anche perché i magistrati non sono infallibili. L’autorità giudiziaria ha obblighi e doveri giuridici da assolvere. Le nostre indagini non sono politiche o sociologiche, bensì tecniche. Quando nasce un’inchiesta, normalmente c’è uno studio molto profondo e molto particolare. La prima domanda che ci siamo posti, nello svolgere il lavoro che stiamo conducendo, è stata: quali sono i margini, il perimetro d’indagine dell’autorità giudiziaria? Individuato il confine, abbiamo assunto la consapevolezza che il giudice penale si concentra su chi, in piena coscienza e consapevolezza, decide di fare business a danno della salute pubblica. L’occasione di oggi è positiva anche per studiare e approfondire tematiche con modalità lontane da quel populismo che alimenta talune inchieste, destinate poi a naufragare».

«Troppi dati poco comprensibili. Vogliamo lavorare»

Il procuratore capo di Terni ha poi delineato uno degli obiettivi dell’inchiesta annunciata – ed in corso – sull’ambiente e i fattori inquinanti: «Al netto della delusione rappresentata dalla legge 68 del 2015, che affronta i superamenti dei limiti con semplici sanzioni, come se stessimo parlando di autovelox, uno dei compiti resta quello di capire quali e quanti siano i fattori inquinanti e che peso, ciascuno di loro, abbia sulla salute pubblica. Ma ciò è talvolta reso impossibile da dati che sono il più delle volte incomprensibili per noi, pieni di equazioni ad esempio. Figuriamoci per il comune cittadino. Ecco, ciò che chiediamo è di essere messi in condizioni di comprendere e lavorare. Sono i tecnicismi a distruggere talvolta i diritti soggettivi, come quello di essere informati con chiarezza. Il cittadino non riesce a sapere e noi non riusciamo a lavorare. Un po’ come quando lanciai l’appello sulla video sorveglianza cittadina: il non funzionamento delle telecamere non ci ha ancora consentito di individuare il responsabile dello stupro di una donna (quello avvenuto nel gennaio del 2018 in piazzale Bosco, ndR) e se la tecnologia funziona, non sono costretto a spendere 400 euro al giorno per le intercettazioni». Liguori è poi tornato sul tema-ambiente: «Se poi enti come l’Arpa possono contare, in un territorio che ha anche un Sin, su risorse umane numericamente insufficienti, allora il cerchio è chiuso. Che a Terni si faccia business rispettando la salute è un punto di vista che condivido. Ma noi dobbiamo fare giustizia, non giustizialismo. Per questo la trasparenza, il poter contare su dati chiari e non imperscrutabili, è un aspetto cruciale. Per tutti».

«Dichiarazioni vergognose»

Le dichiarazioni di primo cittadino e assessore all’ambiente, in occasione del convegno, hanno mandato su tutte le furie il consigliere comunale del M5s Thomas De Luca che parla di «dichiarazioni a dir poco vergognose. Il sindaco – afferma De Luca – che non sa che cosa viene bruciato negli inceneritori ternani dice che non ci si può lasciare andare a ‘reazioni di pancia’. Mentre l’assessora dell’Arpa si permette di dire che i tre inceneritori hanno ‘incrementato nella popolazione la percezione del rischio portando ad una chiusura totale, ad una sorta di reazione anche emotiva…’. I ternani hanno quindi una paura eccessiva dell’inquinamento, sono troppo chiusi e che il suo obiettivo è lavorare per ridurre questa percezione. Ci siamo perfettamente accorti che il suo obiettivo non è sicuramente ridurre l’inquinamento e i fattori di rischio. Fare peggio di Di Girolamo era quasi impossibile – conclude il consigliere pentastellato – ma sia lui che la Salvati ci stanno riuscendo. Sono indignato come ternano, come cittadino e come amministratore».

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