Terni, Faurecia: il gelo dopo il referendum

I sindacati ribadiscono «un giudizio complessivamente accettabile sull’ipotesi» bocciata dai lavoratori

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L’ipotesi di accordo tra Faurecia e sindacati – tre anni di ‘tagli’ agli stipendi, a fronte della promessa di investimenti, trenta lavoratori in mobilità su base volontaria – per ora torna dentro i cassetti. La bocciatura subìta nel referendum ha bloccato tutto.

La nota La Rappresentanza sindacale unitaria di Faurecia, infatti, fa sapere che «registra, a seguito del voto svolto in azienda sull’ipotesi di accordo sottoscritta il 22 Luglio 2015, un risultato che ha sostanzialmente respinto l’ipotesi di accordo stessa. Come delegati Rsu di Faurecia, nel rispetto del voto democratico espresso dai lavoratori, riteniamo giusta la decisione presa congiuntamente alle segreterie di non sottoscrivere l’ipotesi stessa».

Lo scenario È chiaro che, adesso, per i 220 lavoratori di Faurecia rischia di aprirsi una fase difficile. Molto difficile. Perché in assenza di un accordo la proprietà potrebbe essere tentata di forzare la mano e prendere comunque alcune iniziative – soprattutto in relazione alla mobilità e agli investimenti – che potrebbero risultare penalizzanti. E per contrastare le quali servirebbe il massimo della coesione tra lavoratori e sindacati.

Freddezza Il gelo con il quale i sindacati hanno incassato il ‘no’ al referendum, invece, appare evidente: «Fermo restando quanto sopra detto come Rsu di Faurecia intendiamo ribadire che, nel rispetto delle opinioni di tutti, l’ipotesi raggiunta rappresentava un accordo che evitava i licenziamenti, garantiva l’applicazione del contratto nazionale di lavoro, prevedeva il mantenimento della contrattazione integrativa».

«Onestà intellettuale» I sindacalisti di base di Faurecia ribadiscono che «l’ipotesi, per onestà intellettuale, prevedeva altresì sacrifici economici nell’arco dei tre anni, ma contraddistinti da equità e da un progressivo recupero salariale nello stesso periodo. Tali sacrifici avrebbero garantito un impegno immediato da parte della multinazionale su Terni contraddistinto da investimenti tesi ad aumentare le capacità produttive dell’azienda».

Il giudizio E quindi ribadiscono che il loro resta «un giudizio complessivamente accettabile sull’ipotesi che ci ha portato ad apporre la firma sullo stesso ed ancora oggi torniamo, con coerenza e determinazione, a ribadirne convintamente la sua complessiva bontà». Però dicono di voler «rispettare il voto dei lavoratori ed insieme a loro intraprendere le azioni che si riterranno opportune e che devono avere l’obiettivo di difendere il lavoro ed i suoi diritti».

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