Terni: «Figlio malato, istituzioni distratte»

La denuncia della mamma di un adolescente affetto da una malattia neurovegetativa incurabile. Che ricorrerà al tribunale. La Regione: «Fatto il possibile»

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di M.T.

Ha 16 anni, ma da quattro ha smesso praticamente di vivere. Perché quella di ‘Lorenzo’ – lo chiameremo così, pensando ad un Lorenzo vero, un altro adolescente che Terni non dimentica – non è più una vita. Lui sopravvive. Grazie alle macchine a cui è attaccato. Ma la famiglia punta il dito «contro le istituzioni, che non ci aiutano».

La malattia A raccontare la storia è la mamma del nostro ‘Lorenzo’: «Fino ai 12 anni era un bambino perfettamente sano, poi all’improvviso è arrivato il mostro che se lo sta mangiando». Una malattia neurovegetativa grave ed incurabile «per la quale a gennaio, al Bambino Gesù di Roma, è stato necessario sottoporlo ad un intervento di tracheostomia (il posizionamento di una cannula nella trachea, dalla quale una macchina immette aria nei polmoni; ndr) per permettergli di sopravvivere». Ecco, appunto, di sopravvivere. Ma c’è modo e modo di farlo.

A casa, ma come? Perché dopo l’intervento e «il periodo necessario a quella che i medici definiscono la ‘stabilizzazione’ – dice la mamma – a marzo nostro figlio era stato messo in dimissione dall’ospedale e al Bambino Gesù di Roma, dov’era stato operato, ci hanno parlato della così detta ‘dimissione protetta’, cioè della possibilità di portare nostro figlio a casa, con la garanzia di essere assistito da personale specializzato». E loro si sono informati.

Prime difficoltà «Ad aprile il nostro ragazzo era pronto per essere dimesso e siamo andati nella sede della Asl2 di Terni, dove ci hanno spiegato che la normativa regionale prevede 28 ore di assistenza infermieristica domiciliare a settimana. Quattro ore al giorno. A fronte della nostra protesta, perché sappiamo che altre Regioni ed altre Asl garantiscono servizi migliori, ci è stato proposto di ricoverare nostro figlio all’Hospice di viale Trento, quello dove vengono parcheggiati i malati terminali. Abbiamo rifiutato e chiesto al dottor Stefano Federici (il direttore del distretto sanitario di Terni della Asl2; ndr) se c’era qualcuno che potesse intervenire in nostro aiuto». La risposta è stata: «Forse l’assessore regionale Barberini».

Raffaele Nevi

L’intermediario E loro si sono dati da fare: «Grazie ad un consigliere regionale – dice la mamma di ‘Lorenzo’ – abbiamo portato il nostro caso all’attenzione dell’assessore Barberini, ma al di là delle promesse, abbiamo ottenuto poco». Una breve ricerca permette di identificare in Raffaele Nevi (Forza Italia) il consigliere regionale in questione: «Sì – conferma lui – ho parlato più volte con l’assessore Barberini e con il dottor Federici. Devo dire che entrambi hanno mostrato la volontà di fare il massimo possibile, ma la verità è che la normativa regionale ha più di una falla e in casi come questo non consente di andare oltre quello che è stato fatto».

Le differenze Ma questo la famiglia lo sapeva già: «In Toscana, semplicemente, danno 4.500 euro al mese alle famiglie, che così possono pagarsi gli infermieri, mentre nelle Marche l’azienda che fornisce i macchinari e che è la stessa che lavora in Umbria, mette a disposizione il personale, che la famiglia paga e che poi viene rimborsata dalla Regione. Qui da noi è stato segnalato come un grande risultato il fatto che l’assessore Barberini è riuscito ad aumentare i fondi a disposizione, in casi come il nostro, a 1.200 euro al mese. Ci si paga un infermiere per 40 ore mensili». E dalla ditta che fornisce i macchinari che tengono in vita ‘Lorenzo’ arriva la conferma: «Tutto vero, ma c’è da chiarire che la fornitura è possibile perché il bando originario, che la nostra azienda ha vinto, la prevedeva espressamente, mentre in Umbria questo non era previsto».

Luca Barberini

La Regione Gli uffici dell’assessorato regionale alla Sanità, sollecitati da umbriaOn, spiegano che «quando il ragazzo è uscito dal Bambino Gesù è stato redatto un piano di dimissione protetta, redatto da un’equipe multidisciplinare ed accettato dalla famiglia, che prevede 41 ore settimanali di assistenza domiciliare attraverso operatori socio sanitari (Oss; ndr) e altre 28 ore settimanali di presenza di infermieri specializzati, oltre alla formazione della famiglia. Purtroppo in Umbria non è prevista l’istituzione di un’equipe dedicata, ma l’assessore Barberini sta seriamente pensando, di concerto con le Asl, alla sua istituzione».

Il 118 Già, perché gli «infermieri specializzati» che si occupano di ‘Lorenzo’, spiega la mamma «altri non sono che quelli del 118, a cui va tutta la nostra riconoscenza, che si alternano nel lavoro quando sono liberi dai turni in ambulanza. Con il risultato che in casa nostra è un continuo alternarsi di persone diverse e con il nostro ragazzo che viene a contatto con un numero esagerato di persone. Cosa che, oltre a non permettergli di ‘conoscere’ le persone che lo assistono, per lui che ha un livello di difese immunitarie bassissimo, rappresenta un ulteriore e gravissimo rischio».

I ritardi Ma la rabbia della famiglia di ‘Lorenzo’ nasce anche «dal ritardo con cui ci si è mossi: «Perché quelli che affrontiamo ora sono solo la parte attuale dei problemi, visto che il nostro ragazzo è rimasto al Bambino Gesù fino al 20 luglio, nonostante la richiesta dell’attivazione della dimissione protetta – spiega la mamma – sia stata inviata all’Asl fin dal mese di aprile». Dalla Regione confermano, ma precisano: «Più che di ritardi crediamo sia giusto parlare di tempi tecnici necessari per l’attivazione del servizio». Ma intanto il papà del ragazzo è da mesi in aspettativa: «Perché solo così riusciamo a conciliare i tempi e seguire adeguatamente le sue esigenze terapeutiche», dice la mamma. 

Imolo Fiaschini

La denuncia Nel frattempo, però, la famiglia di ‘Lorenzo’ aveva avviato altre procedure. Quelle legali: «Abbiamo inviato una formale richiesta di risarcimento danni – spiega l’avvocato Patricia Turilli, legale di fiducia della famiglia e molto attiva sul fronte dei diritti dei malati – perché riteniamo che si sia sottovalutato il caso. Ma alla nostra lettera il direttore generale dell’Asl2, che pure aveva fatto grandi promesse alla famiglia (Imolo Fiaschini; ndr) non ha nemmeno risposto. Ci sono state anche delle interlocuzioni con la Procura della Repubblica (il papà di ‘Lorenzo’ è un funzionario dello Stato; ndr) e a quanto ci risulta solo l’ennesimo sollecito da parte della magistratura ha permesso di arrivare alla dimissione protetta».

La rabbia La mamma di ‘Lorenzo’ è un fiume in piena: «I cari signori della Regione Umbria – dice – dovrebbero andare qualche ora almeno al Bambino Gesù, per guardare con i propri occhi le realtà sui cui devono fare le leggi e verificare come lavorano i loro ‘colleghi’ delle altre Regioni. A ragazzi nelle condizioni di mio figlio è stata assicurata l’assistenza infermieristica domiciliare anche per 16 ore al giorno; alle famiglie che, come la nostra, hanno dovuto affrontare viaggi e permanenze prolungate per stare al capezzale del proprio congiunto, sono state rimborsate, oltre alle spese di viaggio, anche quelle per la spesa alimentare. Qui in Umbria, dove ci si vanta di una sanità d’eccellenza, siamo nella situazione che siamo costretti a denunciare».

La replica Dall’assessorato alla Sanità, però, arriva una presa di posizione decisa: «Che la sanità regionale sia all’avanguardia non lo diciamo noi, ma lo attestano organismi superiori. Certo è che siamo consapevoli della gravità delle condizioni del giovanissimo paziente e delle difficoltà che la famiglia deve affrontare: l’assessore Barberini è intenzionato a fare in modo che i loro disagi possano essere in qualche modo mitigati. L’impegno, in questo caso, non è formale, ma sostanziale perché parliamo di un adolescente che soffre».

Le norme Ma Raffaele Nevi rincara la dose: «Pur dando ancora atto all’assessore Barberini ed al dottor Federici dell’impegno garantito – dice il capogruppo di Forza Italia in Regione – occorre prendere atto che ai grandi proclami che periodicamente vengono fatti, su “Regione benchmark” per la sanità non corrispondono realtà tali da avvalorare i proclami stessi. La legislazione è carente e occorre mettere mano con urgenza a delle modifiche sostanziali».

L’esposto Che in Regione potrebbero essere costretti a valutare in fretta, visto che l’avvocato Patricia Turilli anticipa che «in tempi brevissimi presenteremo un ricorso urgente, in sede civile, nel quale chiederemo al giudice di esprimersi in relazione alle condizioni del ragazzo, ai ritardi che si sono registrati nella gestione del suo caso ed alle implicazioni di carattere economico e psicologico per la famiglia. La salute, il diritto alla salute, non sono questioni che possano essere condizionate dalla burocrazia, ma che devono essere affrontate e risolte con rapidità. E questo chiederemo al giudice di stabilirlo una volta per tutte».

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