Terni, l’ultimo saluto a don Sandro: «Grazie di tutto»

In cattedrale i funerali del parroco emerito di Santa Maria Regina. Il vescovo: «La parrocchia è stata la sua vita»

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La comunità della parrocchia di Santa Maria Regina, e con questa tanti ternani affezionati al ‘don’, giovedì pomeriggio hanno dato l’ultimo commosso saluto – anche virtualmente – a monsignor Sandro Sciaboletta, morto lunedì all’ospedale Santa Maria di Terni a causa delle complicanze dovute al Covid. Ad officiare le esequie in cattedrale, trasmesse anche via social, il vescovo Giuseppe Piemontese. Alla cerimonia, oltre ai familiari del parroco emerito di Santa Maria Regina, erano presenti l’ambasciatore del Kosovo in Italia Lendita Haxhitasim, che ha ringraziato per l’opera di solidarietà e fratellanza tra popoli portato avanti in questi anni da don Sandro. Ha mandato il suo saluto il sindaco di Ferizaj in Kosovo, città che aveva conferito a don Sandro la cittadinanza onoraria.

«Pastore vivace»

«Le relazioni umane e amichevoli con chiunque incontrasse, le scelte pastorali al passo col dopo concilio, la passione che poneva nell’esercizio del suo ministero sacerdotale ne hanno fatto uno dei sacerdoti più conosciuti e stimati della diocesi» ha ricordato il vescovo all’inizio della sua omelia. «La parrocchia di Santa Maria Regina – ha continuato – è stata la sua vita: una delle parrocchie più grandi della diocesi, piena di giovani famiglie, che egli ha accompagnato e animato come Gesù, buon pastore. Lo zelo del sacerdote si è unito all’entusiasmo e alle novità del primo post concilio, che egli ha saputo cogliere e mettere in atto nelle espressioni più vivaci: catechesi, ministerialità, animazione della gioventù nei campi a Castel del Monte, ecc.». Ma monsignor Piemontese ha anche voluto sottolineare come «gli occhi di don Sandro si illuminano quando parla del suo apostolato tra i lavoratori, specie alle acciaierie, per 10 anni (1969-1979)». «Ha appreso e esercitato rispetto per il lavoro, amore per i lavoratori, per i quali aveva attrezzato ambienti di prima ospitalità e per il tempo libero». Altro nucleo di impegno sociale e di carità, ricordato nell’omelia, quello iniziato l’11 novembre 2002 con l’esperienza del Kosovo, in cui ha coinvolto tutta la parrocchia. «Un gemellaggio a tutto tondo da parte di famiglie della parrocchia a favore di famiglie kosovare – ha continuato Piemontese -, dei bambini e dei giovani studenti, accompagnati e sostenuti negli studi accademici a Terni e in Italia». Infine, anche un ricordo per un aspetto di don Sandro «che molti non conoscono e che ha modellato la sua sensibilità e il suo cuore di prete», quello della «spiritualità francescana».

Gli ultimi giorni di vita e l’eredità che lascia

«L’ultima volta che ho parlato con don Sandro – ha spiegato il vescovo – è stato il 14 gennaio. Mi parla del Covid, ma mi dice che può farcela. Avevamo messo in programma un’altra riunione del consiglio pastorale, ma era da rinviare. Poi il giorno 16 è trasferito nel reparto Covid, da cui non sarebbe più uscito, vivo, dopo una passione e agonia asfissiante, come quella di Gesù sulla croce. So che ha ricevuto i sacramenti e che ha annuito al cappellano che gli porgeva i saluti e gli auguri della parrocchia e del vescovo domenica 31 gennaio. Ma il Signore, che conosce i tempi del nascere e del morire, lo ha preso con sé, lasciando a noi la consegna di un cristiano e un ministro di Dio, testimone del buon pastore e dell’amore del Padre verso tutti». Don Sandro – ha proseguito monsignor Piemontese – «ha interpretato i segni dei tempi, le provocazioni del Concilio in maniera originale ed ha cercato di coinvolgere generazioni di bambini, di giovani e di adulti. Ora affida a voi, fedeli della parrocchia di Santa Maria Regina, non di ripetere quanto ha fatto lui, ma di interpretare a vostra volta la volontà di Dio e i segni dei tempi attuali, particolarmente difficili, travolti dalla pandemia e da indifferenza religiosa generalizzata. Di don Sandro dobbiamo mutuare le motivazioni profonde della sua personalità e del suo agire. Grazie don Sandro – ha concluso Piemontese – a nome della nostra chiesa diocesana, a nome di tutti».

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