Terni: «Mio figlio bullizzato mentre fa sport. Che esempio diamo?»

Il racconto del papà di un bimbo di 6 anni colpito con un pugno e calci negli spogliatoi. «Omertà da parte della società»

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di F.L.

Un bimbo di 6 anni ‘terrorizzato’ da un paio di compagni di ginnastica artistica, un papà che si interroga non solo sul ruolo educativo delle famiglie, ma anche su quello della società sportiva che – a suo dire – avrebbe dovuto vigilare o, almeno, correre ai ripari successivamente. Succede a Terni, dove il genitore di Luca (nome di fantasia) ha deciso di raccontare ad umbriaOn un brutto episodio «di bullismo» accaduto al suo piccolo, aggiungendo anche una propria riflessione personale.

Il fatto

«Ho iscritto mio figlio al corso di ginnastica artistica di una nota società sportiva del centro – spiega l’uomo -, felice che si avvicinasse ad uno sport non di contatto. La mia gioia è durata però solo il tempo di quattro lezioni. Già dall’inizio mi era stato spiegato che, per ragioni legate al Covid, avrei potuto assistere solo alla prima lezione, e così ho fatto. Noi genitori però non possiamo entrare neanche negli spogliatoi». Ed è proprio lì che sarebbe accaduto il fatto. «Quando alla quarta lezione sono andato a riprendere mio figlio, l’ho trovato che piangeva. Alla mia richiesta di spiegazioni mi ha detto che un compagnetto gli aveva dato un pugno in bocca e che poi era stato preso a calci, anche da un secondo. Ho mantenuto la calma, cercato di parlare con il bambino che ha colpito mio figlio per primo, il quale mi ha spiegato di non riuscire, mentre il padre era dietro di lui, ‘a gestire la rabbia’. Mio figlio, nel frattempo, non è voluto più tornare a lezione e dopo due settimane ha ancora paura che qualcuno possa fargli del male».

La riflessione

Quello che si chiede il papà è «come sia possibile che nessuno, da parte della società sportiva, vigili su quanto accade negli spogliatoi». «Potrebbero succedere mille cose, anche un incidente – continua -, è un luogo pericoloso. Ma alla richiesta di spiegazioni, la stessa società mi ha spiegato che non è responsabilità loro quanto accaduto, che piuttosto rientra nel percorso di vita. E io che pensavo di aver portato mio figlio in un ambiente sano. Mi aspettavo un messaggio di scuse, invece anche la mia educata richiesta di rimborso dei 200 euro di quota di iscrizione versati, mi è stata negata. Non ne faccio meramente una questione di soldi, ma di principio. C’è stata un’omertà che non condivido, la mia rabbia è tanta. Quanto a mio figlio, lo iscriverò ad hip hop».


Aggiornamento

Nella giornata di martedì, si apprende, il genitore è stato contattato dalla società sportiva che si è scusata per l’accaduto ed ha assicurato che la quota versata, verrà restituita.

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