TerniEnergia, indagine ‘sarda’: Cassazione ok

La Suprema Corte ha accolto il ricorso contro l’ordinanza del Riesame che aveva confermato sequestri per 7,5 milioni di euro. Fra gli indagati l’ad Stefano Neri e Paolo Allegretti

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di F.T.

L’indagine del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Sassari, era emersa lo scorso novembre con il sequestro preventivo di oltre 7,5 milioni di euro nei confronti di tre società agricole e dei rispettivi rappresentanti legali: l’ex presidente dell’associazione degli industriali di Sassari, Stefano Romeo Poddighe, il presidente del cda di TerniEnergia, Stefano Neri, e l’amministratore esecutivo di quest’ultima, Paolo Allegretti, tutti indagati dalla procura di Parma per ‘truffa aggravata ai danni dello Stato’.

Stefano Neri, TerniEnergia

Ricorso accolto Quel sequestro – pari all’importo degli incentivi pubblici che, secondo le Fiamme Gialle, le società avrebbero incassato indebitamente – era stato confermato a fine dicembre dal tribunale del riesame di Parma. Una decisione ribaltata di recente dalla Corte Suprema di Cassazione che lo ha invece annullato, riscontrando il mancato rispetto dei termini di notifica fissati dalla legge. L’ulteriore decisione è stata così rinviata al tribunale ‘reale’ di Parma che dovrà esprimersi in merito al ricorso presentato dagli indagati.

Al centro dell’indagine condotta dal pm di Parma, Giuseppe Amara, c’erano finite tre società agricole ubicate in provincia di Sassari: l’Agricola Fotosolara Cheremule Srl (detenuta al 100% da TerniEnergia), l’Agricola Bonnanaro Srl e l’Agricola Fotosolara Oristano Srl (detenute al 5o% in joint venture da TerniEnergia). Partita da Sassari, l’inchiesta era stata poi riassunta dalla procura emiliana che aveva ‘intercettato’ una tranche di un finanziamento versata su un conto corrente bancario aperto in Emilia da uno degli indagati.

Secondo gli inquirenti, sui terreni delle tre società erano stati costruite delle ‘serre fotovoltaiche’ che, connesse direttamente alle attività agricole, avevano consentito alle tre società di ottenere oltre 7 milioni e mezzo di fondi pubblici dal Gestore dei servizi energetici. Per la Finanza sassarese, però, gli impianti non erano funzionali alle attività agricole, ma solo alla produzione industriale di energia elettrica.

Le stesse società sarebbero state costituite per ottenere gli incentivi, pur non disponendo dell’adeguata capacità agricola. I contributi in questo settore sono riservati solo a chi svolge attività agricole, mentre in questo caso – secondo la Guardia di Finanza di Sassari – società e rispettivi rappresentanti legali «erano interessati unicamente all’incasso del contributo erogato e si sarebbero invece totalmente disinteressati della coltivazione del terreno».

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