Test rapidi in farmacia: «Rispettare il ruolo degli infermieri»

Lo chiede la Fials attraverso il segretario regionale Mario Bruni: «Tutto fa pensare che vengano esautorati. Bisogna agire»

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Il ruolo del personale infermieristico in relazione ai test rapidi eseguiti nella farmacie – pubbliche e private – e destinati ad alunni/studenti, insegnanti e addetti delle scuole dell’Umbria. Questo il tema della missiva che il segretario regionale della Fials, Mario Bruni, ha inviato all’Ordine delle professioni infermieristiche di Terni.

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L’accordo/convenzione

«L’accordo – scrive Bruni – si rivolge alla tutela della prevenzione e sicurezza dell’attività scolastica, coinvolgendo i genitori dei bambini e degli alunni/studenti, dei loro fratelli e sorelle, nonché ulteriori familiari conviventi e coloro che frequentano corsi universitari. In questo contesto, le associazioni delle farmacie pubbliche e private convenzionate, si sono dichiarate disponibili ad effettuare test sierologici nelle loro strutture. Nell’accordo sono espressamente richiamate le indicazioni imperative per avere diritto all’accesso al test, comprensivo del costo fissato in 9 euro, tutto a carico della Regione per un ammontare complessivo di 1,5 milioni di euro. È inoltre stabilito che dei 9 euro, 2 servono a renumerare il relativo materiale di consumo e 7 sono erogati per la prestazione del servizio».

«Chiediamo che l’Opi intervenga»

«Nel corpo centrale dell’accordo stranamente, mentre richiamano le responsabilità dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta nel rispetto delle competenze definite in un percorso sanitario – osserva il segretario della Fials -, nulla è evidenziato circa la competenza centrale di chi debba eseguire il test, se non un generico richiamo ad un allegato, il numero 1 per specifiche note in dettaglio. Alla lettura attenta di questo allegato, si evince che oltre a richiami più circostanziati a fattori strutturali in cui compiere i test ed all’individuazione di percorsi tesi alla prevenzione di massima sicurezza da infezione, è definito che l’esecuzione del test sembrerebbe essere in capo al farmacista (P5) contraddetto e assommato dal punto 6 in cui potrebbe essere lo stesso utente che esegue da solo il test su se stesso. Un fatto grave e di grande confusione che va certamente risolto. Ma anche e soprattutto, a nostro giudizio, il tentativo di esautorare e svilire le competenze del profilo infermieristico entro il quale sono collocate le richiamate competenze, definite all’interno di un atto sanitario. Faremo infatti fatica a capire – conclude Mario Bruni – il lavoro estenuante delle equipe infermieristiche a ciò dedicate, per non parlare di quelle dei drive-in che da tempo, in condizioni più che critiche, eseguono queste prestazioni. Per tutto quanto sopra veniamo a richiedere un autorevole intervento sui vertici della Regione per la difesa della categoria, ma soprattutto per il ripristino delle dovute competenze in sanità che sono e rappresentano ancora certezza nelle prestazioni».

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