Terni, bimbo abusato: dubbi sulla maternità

Il pm Massini ha chiesto l’incidente probatorio per accertare violenze dirette e per chiarire se il piccolo sia effettivamente il figlio della donna arrestata

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Gli inquirenti della squadra Mobile

Gli inquirenti della squadra Mobile

Un accertamento, con le modalità dell’incidente probatorio, per chiarire tutta una serie di aspetti fondamentali nell’indagine che ha portato in carcere una 25enne dedita alla prostituzione e il suo compagno 30enne, entrambi rumeni, per maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale su un bimbo di 6 anni che, stando ai documenti, risulta essere il figlio della donna. I fatti, avvenuti a Terni a partire dallo scorso settembre nell’abitazione dove i due vivono con il piccolo nella zona di via Gramsci, sono finiti sotto la lente della squadra Mobile di Terni, coordinata dal dirigente Alfredo Luzi (VIDEO), e quindi del pm Elisabetta Massini che ha chiesto ed ottenuto dal gip Federico Bona Galvagno l’arresto, con traduzione in carcere, per i due soggetti.

BIMBO ABUSATO, GLI ‘ORCHI’ NON PARLANO

Elisabetta Massini

Elisabetta Massini

Le conseguenze La richiesta di incidente probatorio è al vaglio del gip che dovrà decidere se procedere o meno con gli accertamenti ritenuti centrali dal pm. Quest’ultima ha chiesto una visita medica per accertare l’eventuale stato di denutrizione del piccolo – apparso molto magro agli inquirenti – ed altre patologie fisiche riconducibili ai maltrattamenti subiti e al regime di vita a cui era sottoposto. Ma obiettivo della procura è anche chiarire se abbia subìto o meno abusi sessuali diretti e ‘invasivi’, oltre alle eventuali conseguenze sulla psiche del piccolo prodotte da tutte le gravissime condotte contestate ai due ‘orchi’.

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Dubbio enorme Ultimo, ma non per importanza, c’è un dubbio che – una volta chiarito – potrebbe condurre a nuovi e inattesi sviluppi. Il pm ha infatti chiesto il test del Dna per accertare se la 25enne sia effettivamente, o meno, la madre del bimbo vittima di abusi. Troppi gli aspetti che spingono gli inquirenti a pensare che il piccolo non sia figlio suo, a differenza di quanto sancito nei documenti: oltre alle condotte accertate dalla polizia di Stato, a colpire è stata soprattutto la freddezza della donna quando le hanno fatto presente che l’avrebbero separata dal bimbo e, in generale, la totale assenza di gesti di affetto, anche minimi, nel quotidiano.

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