A Todi va in scena Racconti del ’21 secolo

Il 3 settembre alle 19.30 a palazzo Vignola l’installazione di Michele Ciribifera, performer Silvia Piconi, a cura di Valeria Molaioli

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C’è un luogo che conserva le memorie storiche di un gruppo di artisti di ultima generazione, come i protagonisti di questo racconto che hanno abitato e vissuto il territorio di Todi, seguendo la tradizione stilistica dei maestri che li hanno preceduti. Sabato 3 settembre alle 19.30 a palazzo Vignola di Todi va in scena Racconto del ’21 secolo, installazione di Michele Ciribifera, performer Silvia Piconi, a cura di Valeria Molaioli.

L’arte di Michele Ciribifera

Michele Ciribifera, umbro di appartenenza, ideatore di opere monumentali collocate nei luoghi d’interesse del tessuto locale, è scultore e conoscitore sapiente della materia nel suo continuo divenire. Nella sua ricerca ha sperimentato un equilibrio costruttivo, sonoro e strutturale, che si fonde al paesaggio divenendo un assolo. La sua arte si può osservare nell’installazione sonora per il Todi Festival, nel parco naturale di Borgo Brufa o l’opera scultorea montata sulle pendici di Forte Stella che si apriva come ali mobili nell’incanto panoramico dell’argentario, dove il sipario era il mare e l’opera si erigeva come una vela a cielo aperto sul tramonto. Le sue sculture negli anni hanno modificato l’andamento formale e la materia, seguendo lo stato delle cose e gli eventi che ci hanno coinvolti fino ad oggi.

Racconti del ’21 secolo

Racconto del ’21 secolo, vuole porre lo spettatore di fronte ad un tempio costruito da Michele Ciribifera nella resiliente memoria di colonne in decomposizione, come se la storia si fermasse a dare un contributo alle ceneri della guerra in un arresto forzato da due anni di pandemia, lasciando il segno indelebile di un nero difficile da cancellare. Qui entra in scena Silvia Piconi, giovane artista performer che irrompe nel racconto di Ciribifera con il proprio corpo, fogli di un libro mai scritto, pronto a tracciare con il carbone, sulle sue pagine i segni della sofferenza di un immaginario vissuto nei gesti e le memorie di esperienze già viste. Con il suo intervento Silvia parte dall’opera di Ciribifera e si erge su di essa come prolungamento della colonna con lo strascico di un abito che accoglie il passato e lo fa suo. Si muove cambiando pelle in modo naturale, lasciando la tunica e prendendo su di se i segni della polvere nera del carbone, traducendoli in una metamorfosi catartica, a rappresentare in quegli istanti le tracce di un codice di segni da non dimenticare. Le ceneri delle colonne che Michele Ciribifera riduce ad uno scheletro nero, divengono telaio di sofferenze e trama di una guerra troppo vicina ai silenzi inespressi e allo sconforto di una pandemia di cui resta solo la traccia, il segno.

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