«Airbnb? Altro che affitti brevi. Vere e proprie attività ricettive: una giungla»

Il presidente Simone Fittuccia e i dati di una recente analisi: «Interventi urgenti per un fenomeno che crea concorrenza sleale ed evasione fiscale»

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«L’affitto breve di appartamenti ad uso turistico gestito da privati, se fatto in modo corretto, dovrebbe rispondere a tre semplici regole: essere una integrazione al reddito, costituire un’attività occasionale, consentire di condividere l’esperienza con il proprietario dell’appartamento. Regole assolutamente disattese nella realtà». Questo si legge in una nota di Federalberghi Umbria Confcommercio a seguito dei risultati di una recente analisi di tutti gli annunci pubblicati sul portale Airbnb per quanto riguarda l’Italia (440.305 in totale), con l’obiettivo di rappresentare l’entità di un fenomeno che ha numeri rilevantissimi anche in Umbria.

I dati

«La nostra regione – si legge ancora – si colloca al 14° posto in Italia, con 8.327 annunci, in una classifica che vede al primo posto la Toscana, seguita, nell’ordine, da Sicilia, Lombardia, Puglia, Sardegna e Lazio. In provincia di Perugia, il capoluogo è al primo posto con 1.106 annunci, seguito, per rimanere alle prime posizioni, da Assisi con 672, Castiglione del Lago con 444, Spoleto con 405, Todi con 346. Nella provincia di Terni, al primo posto si colloca Orvieto, con 336 annunci, seguito dal capoluogo con 177, Amelia con 156, Narni con 116 e San Venanzo con 102. Degli annunci totali in Umbria, ben l’82,9%, pari a 6.905, riguarda appartamenti interi, il 65,6% (5.464 annunci) offre disponibilità superiore ai 6 mesi e il 68,8% (5.728 annunci) sono pubblicati da host che gestiscono più alloggi. Questi tre dati – denuncia Federalberghi Umbria – testimoniano come nella maggior parte dei casi dietro ‘la foglia di fico’ delle locazione in realtà gli appartamenti ad uso turistico operano a tutti gli effetti come strutture ricettive, e quindi devono essere soggetti alle stesse regole previste per alberghi, affittacamere e bed and breakfast».

«Mettere ordine nella giungla»

«La nostra analisi – sottolinea il presidente di Federalberghi Umbria Confcommercio, Simone Fittuccia – mostra chiaramente le quattro grandi bugie della cosiddetta sharing economy: più di tre quarti degli annunci si riferiscono ad interi appartamenti, quindi non c’è nessuna condivisione con il titolare; gli affitti brevi sono attività economiche a tutti gli effetti, perché oltre 2/3 sono pubblicati da soggetti che gestiscono più alloggi; non sono affatto attività occasionali, dato che più della metà sono disponibili per oltre 6 mesi; non è vero che le locazioni tendono a svilupparsi dove c’è carenza di offerta, poiché gli alloggi, anche in Umbria, si concentrano nelle principali località turistiche dove è maggiore la presenza di strutture ricettive». Federalberghi chiede dunque al Governo e al Parlamento, ma anche alla Regione, ai Comuni umbri e agli organi di controllo, ciascuno per la parte di loro competenza, «di mettere ordine nella giungla degli appartamenti ad uso turistico e di promuovere la trasparenza del mercato, nell’interesse di tutti gli operatori, perché l’evasione fiscale e la concorrenza sleale, attuate sistematicamente e in modo così diffuso, danneggiano le casse pubbliche, le imprese turistiche tradizionali e coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza».

«La regolarizzazione degli affitti brevi deve diventare un priorità»

Federalberghi Umbria metterà a disposizione della Regione e degli enti preposti ai controlli «il dettaglio dei dati raccolti per favorire due azioni specifiche: la concreta attuazione a livello regionale della normativa che prevede un codice identificativo degli alloggi ai fini turistici, così da consentire il monitoraggio del fenomeno, e l’attuazione di controlli sistematici per sanare le troppe situazioni irregolari. La regolarizzazione degli affitti brevi – conclude Fittuccia – deve diventare un priorità nell’ambito delle strategie della Regione di gestione del comparto turismo: questo permetterebbe di recuperare tanta evasione, anche in termini di tassa di soggiorno, di contrastare una inaccettabile concorrenza sleale e di dare a chi utilizza questa forma di accoglienza le massime garanzie di trasparenza».


LE TABELLE RIASSUNTIVE

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