Area di crisi, Paparelli e sindacati a confronto

Terni, le ‘sigle’ chiedono alla Regione di essere coinvolti nella costruzione del progetto, ma il vice presidente le bacchetta: «Affermazioni che stupiscono»

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Se ci si ritrova tutti insieme, a ribadire determinati concetti, forse gli appelli non hanno incontrato le risposte che i sindacati si attendevano. Così Cgil, Cisl e Uil rilanciano – con una lettera al vice presidente della Regione Umbria, Fabio Paparelli – l’esigenza di un approccio diverso, da parte dell’istituzione regionale, sul tema dell’area di crisi complessa Terni-Narni. Un punto di vista, quello delle sigle, che finisce per allargarsi anche ad altri temi ma che non esclude – anzi – frecciate, e talvolta bordate, alla Regione e al modo in cui la questione è stata finora affrontata.

ROMANELLI (CGIL): «CAMBIARE PASSO»

I sindacati

«Basta ‘recinti stretti’» «Il sistema – attacca il segretario generale della Camera del lavoro di Terni, Attilio Romanelli – non può essere solo ‘informare le parti’ a giochi fatti. Serve anche il nostro coinvolgimento per elaborare una proposta in grado di aiutare questa comunità ad uscire dalle secche della crisi. Altrimenti si rischia di perdere quello che forse è l’ultimo treno. Serve una mappatura in grado di capire lo stato dell’arte di tutti i comparti, delle piccole, medie e grandi imprese. Altrimenti si rischia che a fare da padroni siano ancora una volta i soggetti più forti, come le multinazionali. Se si continua a tenere il ‘recinto stretto’, a rimetterci è l’intero sistema ternano ed umbro».

«Verticalizzare le produzioni» «C’è un ulteriore aspetto – prosegue Romanelli – che unisce le tre direttrici dell’area di crisi complessa, siderurgia, chimica e agroalimentare. Salvo alcune eccezioni, come la filiera del ‘tubo’, ovvero delle marmitte, mancano esperienze importanti nella verticalizzazione delle produzioni. Da ciò che abbiamo di buono sul territorio, ed esempi ce ne sono nella meccanica, nella chimica e nella siderurgia, si deve essere in grado di avviare nuove esperienze industriali in grado di valorizzare tali produzioni». Poi, un riferimento alla crisi della ex Novelli: «Domani c’è l’incontro fra vari soggetti al Mise per discutere della situazione e se il Governo definisce l’ex Novelli ‘strategica per il Paese’, è ora che a queste parole faccia seguire fatti ed atti concreti».

Ambiente e infrastrutture «È innegabile – afferma il segretario della Cgil di Terni – che questo territorio sconti la presenza, dal punto di vista ambientale, di una presenza storica del manifatturiero. Ma non sarò mai fra coloro che pensano che per recuperare l’ambiente, si debbano dismettere le produzioni. Serve equilibrio perché una comunità senza lavoro è destinata ad impoverirsi ancora di più. Servono interventi coraggiosi, in grado di riconsegnare al territorio le aree dismesse, maltrattate dalla presenza industriale ed oggi adibite per lo più a discariche, avviando nuove attività produttive». Poi sul ‘nodo’ delle infrastrutture, sempre troppo poche o insufficienti anche nelle dimensioni e nel ruolo: «Si proceda – dice Romanelli – al completamento della piattaforma logistica di Maratta, opera che gioca un ruolo anche nella salvaguardia ambientale di un territorio che vede dominare il trasporto, anche pesante, su gomma».

«Arrestare il crollo» A riportare il discorso sui numeri è Riccardo Marcelli, segretario territoriale della Cisl: «Negli ultimi 30 anni Terni è passata da 15 mila a 6.800 addetti nel manifatturiero, Narni da 4 mila a 2 mila. Abbiamo chiesto alla Regione che all’esito ci sia un testo ‘smart’, semplice e che tutti e 17 i comuni coinvolti nell’area di crisi complessa possano comprendere ed attuare. La fotografia del tessuto industriale e manifatturiero è poi essenziale Si deve costruire un percorso che tenga conto di tutte le anime, per evitare che a beneficiare siano poche, pochissime realtà o che, peggio, i contributi vengano erogati ‘a pioggia’ per fare contenti un po’ tutti».

I ‘freni’ Gino Venturi della Uil evidenzia come «tutti i cambiamento sistemici richiedano una coralità complessiva e non ‘assoli di prime donne’. Dal concetto di area di crisi complessa deve nascere quello di ‘territorio di grandi opportunità’. Non solo la tempistica delle decisioni è essenziale, ma anche quella con cui si spendono le risorse. Le pastoie della burocrazia, e in questo senso le difficoltà del Comune di Terni non lasciano ben sperare, rischiano di ingoiare anche quelle realtà che hanno le carte in regola per rilanciare sé stesse e il territorio. Occorrono servizi efficienti, una fiscalità locale contenuta e tempistiche della giustizia civile e del lavoro compatibili con la realtà delle imprese e dei lavoratori».

«Non si pensi al consenso» Il ‘carico’ sul tema, anche politico, che aleggia sul territorio ternano, ce lo mette il segretario regionale della Cisl, Ulderico Sbarra: «L’Umbria continua a meridionalizzarsi. Anche l’Abruzzo, prima regionale del meridione, ci ha superati in quanto a Pil. Calano i consumi e cresce la disoccupazione, perché nessuno ci venga a dire che tre voucher sono altrettanti posti di lavoro, viste anche le condizioni ed i compensi. Ma c’è anche un problema-legalità: quando la crisi è così lunga, si finiscono per accettare condizioni e situazioni che poi diventano la normalità. Quando in Italia si ‘chiude un occhio’, e accade spesso, poi quell’occhio resta chiuso e non si riapre più. La questione non è il reddito temporaneo o ridotto, che può essere una risposta all’emergenza, ma il lavoro: senza lavoro non c’è dignità e che sia lavoro dignitoso e produttivo. L’Umbria – afferma Sbarra – ha molti problemi ed uno di questi è drammatico: dalla metà degli anni ’90 non abbiamo un sistema produttivo che possa definirsi tale. La produttività è troppo bassa anche in relazione alle persone impiegate e questa mancata produzione di ricchezza, i territori la stanno scontando da troppo tempo. Per questo serve un approccio diverso sull’area di crisi complessa: dare un po’ di soldi a tutti per tenere buona la gente e creare quel minimo di consenso, è una strada che rischia di farci finire a picco. Questa occasione non si può e non si deve perdere e bisogna fare tutto il possibile per ricomporre la comunità».

«Passo da ‘routine’» Il segretario umbro della Cgil, Vincenzo Sgalla, è sulla stessa linea: «Da questa sfida si capirà se continueremo a scendere sul piano inclinato in cui la nostra regione si trova o se, viceversa, saremo capaci di invertire la tendenza. Altre aree italiane sono nella stessa situazione di Terni, ma nessuna di queste è decisiva per la propria regione, come Terni lo è per l’Umbria. Finora sull’area di crisi complessa il passo è da ‘routine’ e si deve cambiare, perché l’idea strategica deve essere diversa. Per rimodulare il sistema manifatturiero e industriale serve un confronto che coinvolga tutte le parti in causa, altrimenti rischiamo di rendere poco efficaci gli strumenti che sono stati concessi».

La lettera Questa la lettera inviata al vice presidente della Regione, e assessore alle politiche industriali, Fabio Paparelli. A lui così come al dirigente del servizio politiche industriali della Regione Umbria, Mauro Andrielli. «Come annunciato nell’ultimo incontro, siamo a rimetterVi alcune considerazioni su quanto proposto negli atti deliberativi. Esprimiamo la necessità di chiarire in primo luogo il metodo necessario a definire un utile lavoro tra le parti in cui venga affermata la volontà del confronto e ascolto per arrivare a conclusioni e proposte possibilmente condivise. La pratica della sola informazione in una fase particolare della comunità ternana la consideriamo poco produttiva e non all’altezza degli impegni e responsabilità richiesti ai diversi soggetti sociali e istituzionali. Il perimetro definito dell’area di crisi complessa ha bisogno di un protagonismo e una convinta partecipazione in primo luogo delle associazioni datoriali tutte, dove lavoro e innovazione trovino una declinazione funzionale al potenziamento industriale e produttivo. Il tema occupazione deve essere al centro di una proposta convincente e attrattiva. Con questo spirito ci sentiamo di affermare e chiarire che gli atti in indirizzo siano chiari nella definizione delle potenzialità attrattive del territorio e siano caratterizzate dalla celerità nei processi decisionali. Il tessuto industriale temano-narnese deve offrire qualificati servizi e fattori localizzativi attrattivi per chi pensi di investire nelle diverse aree, superando tutti gli ostacoli burocratici che possono in qualche modo dissuadere chi sarà intenzionato ad intervenire. C’è l’esigenza di un testo ‘smart’, in grado di esprimere una proposta chiara che sia facilmente capibile dagli imprenditori, soprattutto se tra gli obiettivi c’è l’intenzione di attrarne da fuori regione. Chiediamo di procedere e socializzare la mappatura del sistema per conoscere offerte e domande al punto che i tre comparti individuati ne arricchiscono esperienze consolidate e nuove attività. L’intreccio Industria 4.0 e Lavoro 4.0 non possono non legarsi alle attività storiche presenti nel temano avendo un’attenzione particolare per tutti gli interventi legati al tema della efficientazione, delle verticalizzazioni e della formazione professionale. Siamo convinti che una nuova stagione deve caratterizzare il rapporto scuola-lavoro con attenzione ai processi formativi tesi a rendere sempre più centrale il lavoro umano: sarebbe quindi opportuno predisporre l’analisi del fabbisogno territoriale. Su questa linea pensiamo che risposte adeguate debbano essere trovate nell’intreccio ambiente-infrastrutture per isolare chi pensa, attraverso la salute, di condurre una battaglia contro il lavoro industriale. La salute e il rapporto cittadino-lavoratore è interesse di tutti salvaguardarlo in una visione equilibrata in grado di sconfiggere in primo luogo l’idea della decrescita felice. Il risanamento ambientale accanto alla scelta politica di controllo dell’aria e dell’acqua ci porta a sostenere che non sono più procrastinabili alcuni interventi come, ad esempio, il completamento della piattaforma logistica e un rapido piano di recupero di aree sedi di attività industriali dismesse o utilizzati in modo importanti. Con questo spirito collaborativo siamo ad affermare la nostra volontà di contribuire alla costruzione di una nuova stagione industriale».

Il corsivo Sul tema era subito intervenuto – con il suo corsivo per umbriaOnWalter Patalocco: «I sindacati  – ha scritto – lanciano l’allarme: sarà ora di fare qualcosa di “vero” per utilizzare le opportunità offerte dall’area di crisi complessa? I mesi passano e quello che è uno strumento legato all’eccezionalità per forza di cose non dura in eterno. Il momento di svolta è questo. A Terni, in Umbria, è ormai una tradizione: c’è sempre stata una mobilitazione generale, compatta, concorde quando capitavano opportunità da usare per lo sviluppo del territorio. E’ adesso che Regione, Comuni, associazioni di piccole, medie e grandi imprese, rappresentanti dei lavoratori e via dicendo, debbono spingere sull’acceleratore. Con programmi, proposte. Invece, ad oggi, non risultano riunioni allargate, chiamate a raccolta per confronti e rappresentazione di esigenze».

Fabio Paparelli (Foto Mirimao)

La replica Il vice presidente della Regione, Fabio Paparelli, non si è fatto attendere: «La Regione Umbria sin dai giorni successivi al riconoscimento dei territori di Terni e Narni quali aree di crisi complessa ha coinvolto nel percorso gli attori istituzionali, le organizzazioni sindacali e le associazioni datoriali», manda a dire. «Come noto la Regione Umbria ha costituito, con delibera di Giunta regionale, un Comitato Istituzionale, ancorché questo non fosse espressamente previsto dalla normativa, proprio per favorire un puntuale coinvolgimento di tutti gli attori locali. Da ottobre ad oggi il Comitato si è riunito più volte a regolari intervalli di tempo con l’obiettivo di consolidare livelli di informazione e consapevolezza in merito all’avanzamento delle procedure amministrative e di programmazione degli interventi. Solo da ultimo, anche alla luce della necessità di individuare sia il bacino dei lavoratori da reimpiegare, nell’ambito dei territori dell’area di crisi, sia con riferimento alla individuazione degli indirizzi di massima relativi alla gestione di processi di riconversione dell’area, la Regione  ha informato i sindacati sui contenuti delle  proposte regionali convocandoli ad un incontro che si è svolto il 24 maggio scorso, propedeutico alla riunione del Comitato istituzionale tenutosi lo scorso 29 maggio alla presenza di tutti i soggetti coinvolti».

Vice presidente «sorpreso» Le organizzazioni sindacati, ricorda Paparelli, -«hanno rimesso una nota pervenuta il 1 giugno di cui la Regione ha tenuto conto ai fini della definizione degli indirizzi  poi deliberati dalla Giunta regionale il 7 giugno e successivamente inviati al Ministero. Sorprendono, dunque le argomentazioni fornite alla stampa da parte de sindacati, specie in un contesto in cui la Regione ha più volte rappresentato una chiara visione di politica industriale trasferita negli atti formali di indirizzo già a partire dall’istanza con cui è stato richiesto il riconoscimento dell’area di crisi complessa. Politiche industriali che mettono al centro delle strategie di sviluppo sia i temi di rilevanza settoriale, legali alla presenza di grandi imprese nei settori della chimica, della metallurgia e dell’agroalimentare, sia una forte attenzione alle ‘pmi’ locali. Altrettanta importanza viene attribuita  ai temi di natura orizzontale che attengono alla qualità dello sviluppo e alla sua sostenibilità come gli investimenti ambientali, le misure per l’efficientamento energetico e dal punto di vista delle infrastrutture, una forte connotazione con i fabbisogni del sistema produttivo».

Invitalia Paparelli spiega ancora che «le procedure ampiamente note a tutti gli attori sociali prevedono, nel caso di aree di crisi complessa, l’emanazione da parte di Invitalia, quale soggetto gestore delle procedure, di una Call finalizzata a rilevare le intenzioni di investimento relative ai programmi di sviluppo delle imprese interessate. Tale strumento è a supporto della programmazione che sarà portata all’attenzione di tutti gli attori sociali, prima e contestualmente, alla definizione dei Piani di riconversione e riqualificazione e dell’accordo di programma. La concessione di contributi pubblici per lo sviluppo delle imprese, come noto, resta sempre ispirata a principi di trasparenza, parità di accesso e merito, attraverso l’emanazione di avvisi pubblici sia da parte della Regione,  relativamente ai 35 milioni di euro programmati per lo sviluppo delle imprese, sia da parte degli altri soggetti interessati».  

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