Ast: accordo ponte, trattativa al via. «Ma azienda andrà al ribasso»

Terni – Primi incontri entro la fine di ottobre. I timori della Fismic sul futuro: «Dove finirà la commercializzazione? Recovery Fund può essere un dramma»

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Potrebbe avviarsi il 28 ottobre il confronto tra azienda e sindacati per arrivare alla firma di un nuovo accordo ponte per ‘traghettare’ l’Ast di Terni fino alla vendita annunciata da ThyssenKrupp: giovedì, il giorno successivo il tavolo in videoconferenza coordinato dal Mise, da viale Brin è arrivata alle segreterie provinciali dei metalmeccanici una proposta di calendarizzazione – in attesa di conferma – di almeno quattro date (l’ultima il 6 novembre) per svolgere la trattativa.

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Bruni (Fismic): «Al Mise tanti tecnicismi e poca sostanza»

La disponibilità aziendale a discutere del nuovo accordo – in mancanza delle condizioni per rinnovare quello scaduto a fine settembre – è sembrata l’unica novità più attuale e rilevante dell’incontro al Mise, anche se le aspettative sui contenuti dello stesso piano (considerando il fatto che Tk sia ormai a fine corsa) sono prevedibilmente piuttosto basse. «Il ministero ha dato la propria disponibilità a riaprire il tavolo e a mediare qualora si fosse vicini all’accordo, che verrebbe sottoscritto proprio al Mise» sottolinea Marco Bruni, coordinatore rsu della Fismic. «Ma non mi aspetto grandi cose, immagino che il piano sarà legato esclusivamente alla manutenzione e al mantenimento degli ordinativi, poco più». Tra le dichiarazioni del sottosegretario Alessandra Todde, Bruni ritiene importante il passaggio in cui è stato sottolineato che il governo «attende l’arrivo del Recovery Fund per mettere mano definitivamente al mondo siderurgico nazionale». «Mi fa pensare male, se Terni venisse inserita nel calderone della siderurgia italiana con Ilva e Piombino sarebbe un dramma. Ast verrebbe affogata da due realtà che non hanno niente a che vedere con il nostro mondo, rischiando di rimanere in un limbo nazionale, con quote di mercato estremamente basse, tutt’altro che un profilo europeo ed internazionale». E poi Bruni si chiede: «Che fine fa la commercializzazione? Chi se ne occupa? Dovevamo o non dovevamo essere il quarto player europeo? Questi i punti focali su cui bisogna spingere». Infine, ancora qualche considerazione in merito alla procedura di vendita. «Ci dicono che ci sono un sacco di aziende pronte ad ufficializzare l’offerta – conclude Bruni -, onestamente non vorrei che poi succeda come nel calcio mercato, si chiude e i giocatori rimangono sul tavolo. Non le vedo tutte queste grandi offerte, anche perché siamo in una fase e in cui non c’è grossa liquidità, mentre il Covid avanza».

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