‘C’è ancora domani’ azzera demagogia e banalità. E fa riflettere

Il film di Paola Cortellesi recensito da Alessandro De Maria

Condividi questo articolo su

di Alessandro De Maria
Psicologo

Sono sulla strada per il cinema. In bocca il sapore del Maalox dopo l’ennesima tornata di interviste e dibattiti sul femminicidio innescata dagli ultimi fatti di cronaca. In tv non si scontrano idee ma ideologie recitate da ignoranti che ripetono le frasi con cui sono stati indottrinati… una desolazione. Sembrano posseduti, non ci sono argomenti ma solo slogan. Rimane solo da chiamare l’esorcista.

Per questo, inizio a chiedermi se andare al cinema a vedere proprio un film che ha come oggetto la violenza sulle donne, sia ancora una buona idea. Mi tranquillizzo ricordandomi che ‘C’è ancora domani’ sta riscontrando un grande successo, ma soprattutto non viene inquadrato come un film femminista. Inoltre Paola Cortellesi, regista e protagonista della pellicola, sceglie un periodo adatto a raccontare la violenza sulle donne, ovvero la fine degli anni ’40 e l’inizio dei ’50. Siamo dopo la fine della seconda guerra mondiale e i fattori di rischio sono tanti: è pieno di reduci che hanno dovuto uccidere per sopravvivere, hanno dovuto ricorrere all’alcol per farsi coraggio durante gli assalti e spesso ne sono rimasti dipendenti, la loro salute mentale è al limite se si considera che il 30% di quelli che vengono esposti ad attacchi terroristici o disastri aerei sviluppa un disturbo postraumatico da stress. Ed in più non esistono più le famiglie numerose, cosa che porta la donna a vivere sola in casa con un uomo spesso disturbato. Giusta anche la zona geografica perché l’Italia (soprattutto quella del centro-sud) è una nazione abbastanza retrograda e senza reti sociali. In altre nazioni la psicologia sta prendendo piede anche e soprattutto per l’effetto delle guerre che hanno visto il mondo farsi a pezzi. In Italia no. Si va dal prete, da quello che ti leva il malocchio, ma di autoanalisi nemmeno l’ombra. Tendenza che purtroppo continua anche oggi.

Questi sono i primi dieci secondi del film: una coppia a letto, la moglie si gira e saluta il marito che è già sveglio, lui la guarda in silenzio e le da uno schiaffo. Penso: ‘ecco che mi tocca guardare un film dove uno pseudo Bud Spencer picchia donne a casaccio’. Apro lo zaino: dove è che lo ho messo? Eppure ero sicuro di essermelo portato dietro il Maalox. Poi il ‘miracolo’: ad ogni minuto il film migliora! Non sono tutti gli uomini ad essere violenti, incredibilmente ci sono anche uomini positivi. Anzi, per la maggior parte sono positivi! Certo sono uomini con certe idee su come il mondo debba girare, ma sono buoni. Viene addirittura citata l’influenza delle guerre anche se il tenore del film non permette di avere un personaggio maschile così tormentato: è una commedia che mira a strappare anche qualche sorriso, un soldato con il disturbo post traumatico da stress sarebbe stato ingestibile e così si opta per uno str**zo che usa la guerra come scusa. Ma già che il fatto che venga citato, è qualcosa: si cerca un contesto! E il film non vuole dipingere tutto il genere maschile come malvagio ma vuole raccontare una storia ben precisa senza generalizzarla, perciò la scelta secondo me è azzeccatissima.

Altra finezza sono le scene di violenza che vengono interpretate attraverso scene di ballo. Delle scene che mi hanno abbastanza spiazzato all’inizio ma che, una volta capito il registro del film, ho trovato geniali. Questa danza della violenza, aiutata anche da una colonna sonora molto evocativa, rende perfettamente l’idea e riesce a tenere il film sui binari della commedia, lasciando che le persone riescano a sorridere quando ce n’è l’occasione, senza sentirsi in colpa e permettendo alla regista di essere a tratti comica senza essere additata come offensiva. Una cosa davvero difficile da fare.

Ma c’è addirittura di meglio: viene rappresentata anche l’aggressività femminile e viene fatto addirittura bene usando, ancor prima delle mani, gli attacchi alla reputazione e la diffusione delle maldicenze. Cosa impensabile ai giorni d’oggi dove la donna è una vittima incapace persino di concepire la violenza fisica o verbale. E se ancora non bastasse, il finale porta a una sorpresa che capovolgendo le aspettative del pubblico porta il film ancora più in alto dal punto di vista narrativo e simbolico. Riassumendo: un film da vedere assolutamente, che non scade mai nel banale, che non deborda nel demagogico e che non si propone di affrontare temi al di là della sua portata, pur fornendo spunti di riflessione notevoli. Non si può chiedere di meglio. Un applauso alla Cortellesi & co. che, a mio avviso, hanno portato al cinema uno dei migliori film italiani degli ultimi tempi.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli