Concita De Gregorio, il patriarcato con le tasche e l’incompetenza

Riflessione sull’attualità dello psicologo Alessandro De Maria

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di Alessandro De Maria
Psicologo

Da giorni il delitto Cecchettin è ovunque. Un femminicidio è di nuovo sulla prime pagine dei notiziari… l’ennesimo. E in più altri due delitti si aggiungono in breve tempo. Martedì 28 novembre a Carta Bianca su Rete4 ne discutono i giornalisti Maurizio Belpietro, Concita De Gregorio, Francesca Barra, lo psichiatra Paolo Crepet e l’ex magistrato Simonetta Matone che tentano di sbrogliare la matassa. In questa composizione sono due le persone che hanno maggiore possibilità di contribuire significativamente al discorso: il magistrato e lo psichiatra. Gli altri sono accomunati da tre caratteristiche: sono donne, sono giornaliste, sono femministe. Quale sarà il fantomatico colpevole individuato tempestivamente dalle nostre giornaliste? Esatto, il patriarcato!

I contributi di chi potrebbe veramente darci qualche spunto utile sono quelli dell’ex magistrato che tenta per un po’, chiaramente senza successo, di ricordare alle giornaliste che il patriarcato non c’è più da un bel po’, sottolineando come nemmeno quando lei lavorava in tribunale si trovava davanti certe realtà. E quello di Crepet che prova timidamente ad azzardare la chiamata in causa dell’assenza della famiglia ma viene subito zittito dalle giornaliste. Allora non hai capito Crepet: È TUTTA COLPA DEL PATRIARCATO.

La chicca quando la De Gregorio interrompe Belpietro più volte che alla fine perde le staffe ed inizia a discutere veementemente con la De Gregorio. La nostra Concita – spalleggiata dalla Barra – cosa fa, si lascia intimidire? Chiaramente no e individua subito il problema. Essendo donna e femminista, quale potrebbe essere il problema? Se avete detto ‘il patriarcato’ siete dei geni, avete indovinato di nuovo! La De Gregorio e la Barra infatti lo accusano di mansplaining che è un tipico modo di interagire figlio del patriarcato. L’ex magistrato Matone tenta di ricordare alla infervorata Concita che è lei che lo ha interrotto più volte e che il patriarcato è sempre il morto di prima. Allora non lo hai capito manco tu mia cara Matone… È SEMPRE COLPA DEL PATRIARCATO!

Rimango sbigottito. Ci sono donne che muoiono (in verità anche qualche uomo ma essendo il colpevole sempre il patriarcato quelli vengono archiviati come suicidi). Il rapporto tra i sessi è al minimo storico: la famiglia è distrutta, la genitorialità assente, i fondi all’istruzione per colmare i vuoti col cavolo che glieli danno e quello che si vede in televisione è la festa dell’incompetenza. Tutto questo alla vigilia di una notevole ondata di misoginia e misandria che ha colpito altri Paesi (noi stiamo sempre indietro di una decina di anni) e ha compromesso ancora di più i rapporti tra i sessi. Un’ondata alimentata dalla morte del movimento metoo, dalla degenerazione della ‘red pill’, ‘blue pill’ e ‘pink pill’ e che presto arriverà anche in Italia a peggiorare le cose. Una degradazione tanto marcata che ci sono canali youtube con milioni di iscritti (Pearl ad esempio) in cui è la stessa creatrice del canale a sostenere l’abolizione del diritto di voto per la donna come ha ricordato sulla tv inglese invitata da Piers Morgan.

Da psicologo che si interessa a queste cose non ho dormito e colpito dalla trasmissione e dal livello infimo di analisi del problema. Insonne e riflessivo, mi ricordo le espressioni di apprezzamento di mio padre per un articolo della De Gregorio che a me puzzava di bufala e che fatico a conciliare con quello che ho visto in tv. Già che non dormo investigo. L’articolo parla di come… meglio quotare direttamente: «… il capitolo dedicato appunto alle tasche. Che sono state per molti secoli negate alle donne. Solo gli uomini potevano avere un luogo, negli abiti, dove custodire le chiavi o il denaro, per esempio. Le donne, del resto, che bisogno avevano di portare soldi e chiavi, no? I soldi e le chiavi, cioè gli strumenti necessari all’indipendenza all’autonomia e alla libertà di scelta, non erano cosa loro».

Questa storia delle tasche negate alle donne mi risulta indigesta, è troppo strana, troppo tirata per le orecchie. Contatto una mia amica che ha studiato moda che mi conferma che le tasche le donne le hanno dal medioevo. Il mistero si infittisce, continuo a spulciare e ta dah:

https://www.curioctopus.it/read/24387/la-chatelaine:-l-oggetto-che-le-donne-di-casa-dell-800-erano-solite-portare-sempre-appeso-in-vita

Ma allora le avevano le chiavi, tanto che il marito se ripudiava la moglie poteva richiedere indietro le chiavi di casa secondo il diritto romano (ho detto che avevano le chiavi mica i diritti). Magari insieme ai diritti mancavano anche le tasche? Continuo a indagare e trovo altre risposte:

https://www.ilpost.it/2016/10/06/storia-tasche-abiti-donna/

Chiaramente il fatto che alle donne fosse proibito di portare le tasche era una bufala vi faccio un brevissimo riassunto:
Nel medioevo si andava con un sacchetto alla cintura. Con l’aumento dei centri abitati e dei ladri, vennero cucite delle tasche agli abiti da uomo mentre le donne avevano delle sacche sotto la gonna molto più capienti delle tasche maschili. Con l’avvento dello stile impero (tanto per capirci gli abiti con la vita sotto il seno) le tasche non trovavano spazio e avrebbero rovinato la silhouette femminile, così vennero adottate delle borse. Le borse di fatto limitavano il movimento delle braccia delle donne e le femministe dell’epoca (femministe molto più intelligenti di quelle di oggi, forse anche perché al tempo il patriarcato era vivo e vegeto e non uno spauracchio da agitare) presero questa mancanza di mobilità come simbolo e le tasche divennero un immancabile gadget nella divisa di ogni suffragetta, che di fatto ne era piena.

Dalla tasca come simbolo alle affermazioni fatte dalla De Gregorio il salto è lungo, ma tanto lungo. Comunque per sfatare questa bufala mi ci sono volute un paio di ore e una basica abilità informatica. Rimango stupito che una giornalista che si occupa della ‘cosa’ da quarant’anni (otto lauree in tempo universitario standard) non fa una ricerca ma riporta quello che ha letto su un libro scritto da una ragazza laureata in storia dell’arte (non un’esperta in materia) alla vigilia di un femminicidio, additando ancora il patriarcato come colpevole (perciò non aiutando il clima) e mancando totalmente di indizi utili per migliorare la situazione.
Il femminismo della terza ondata è simile a quelli che dicono che l’olocausto non c’è mai stato: una macchina della disinformazione dove ci si quota a vicenda creando un intricata ‘realtà parallela’, tanto che in Usa oggi solo il 29% delle donne si identifica come femminista. Tra le panzane ricordiamo la differenza di paga negli stipendi (ampiamente confutata in tutto il mondo occidentale), l’assoluta esagerazione dei processi per stregoneria… non voglio fare lo stesso errore.

Ecco che mi sale l’acidità di stomaco, non voglio dire ‘la colpa di tutto è il femminismo’. Certo aiuto non ne dà, essendo totalmente anacronistico, ma sottolinearne i limiti non aiuta a risolvere il problema centrale. Ci sono delle nozioni che aiutano a comprendere le diversità tra uomini e donne: Panskepp e la neurobiologia evolutiva, De Wall, Buss, Dr Spirit e la lista continua. Purtroppo non mi è possibile approfondire argomenti così complessi in uno spazio così ridotto, tanto che sto pensando di fare degli incontri a tema in primavera alla biblioteca comunale di Terni, per poi metterli su internet. Forse riuscirò ad essere un po’ più utile e articolato della stagnante desolazione che vedo nell’informazione pubblica.

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