«Concorso per il ‘Verdi’ un’ottima idea. Ma non tutto va bene»

Terni – Francesco Andreani riflette sui passi compiuti per giungere ad un progetto per il teatro. «L’urbanistica cittadina però è ferma»

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di Francesco Andreani
Docente universitario abilitato di progettazione architettonica e urbana
Consigliere dell’Ordine degli architetti di Terni

Il bando di concorso internazionale per il nuovo teatro ‘Verdi’ pubblicato dall’amministrazione comunale di Terni nei giorni scorsi è una buona notizia per la città, esito positivo e fattivo di una storia iniziata qualche anno fa e che questa amministrazione comunale ha avuto il coraggio di promuovere e deliberare.

Il concorso è una buona cosa principalmente per due motivi. In primo luogo perchè, in un dibattito interessante e profondo che ha coinvolto la città con molte polemiche e fazioni, riconosce la necessità di un progetto che non c’è. Definisce finalmente condizioni e metodo per la progettazione e realizzazione di un’opera importante per la città che, non va dimenticato, non sfugge alle regole delle opere pubbliche.

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In secondo luogo perchè riporta Terni in una scena internazionale di valore e qualità che mancava alla città da molti anni. Aver scelto poi la piattaforma predisposta del consiglio nazionale degli architetti, scelta a cui ha collaborato con decisione il consiglio del nostro Ordine provinciale, è un ulteriore motivo di qualità e soddisfazione. Sono stati già fatti con questa piattaforma, e secondo in suoi criteri di trasparenza e apertura ai più giovani architetti e ingegneri, i concorsi per il parco del nuovo ponte di Genova e quello per la copertura dello stadio centrale del tennis al Foro Italico, forse i concorsi più importanti degli ultimi anni in Italia.

Poi, mi permetto di aggiungere, quella del concorso non è la sconfitta dei ‘polettiani’ o la vittoria degli altri, è solo la sconfitta di un atteggiamento chiuso e unilaterale, senza dibattito e senza confronto, impositivo e assertivo, in un senso o nell’altro. Il concorso metterà sicuramente insieme con qualità e realismo ipotesi diverse, figurazioni di innovazione tecnologica e ipotesi più classiche, civili, teatri cinema o teatri all’italiana, e speriamo che tra questi siano anche quelle ipotesi di ricostruzione che una parte dei cittadini ha promosso e desiderato.

Gli esiti saranno ricchi e plurali, forse discutibili, sicuramente interessanti. Oltre alla redazione di un bando ben fatto, nonostante la complessità delle questioni e delle risorse, è merito dei promotori del concorso aver coinvolto in modo determinante la Soprintendenza, il cui vincolo esplicito, per riportare quanto è scritto nel bando, appare ragionevole e aperto a molte soluzioni, anche storiche, di un progetto che «dovrà essere rispettoso delle fasi e stratificazioni storiche, mantenendo per quanto possibile o reinterpretando i principi base ispiratori e organizzatori dello spazio».

Quindi, in conclusione, si è aperta con coraggio un’altra fase di un lungo lavoro finalmente comune. Aggiungo al plauso un’altra nota, invece dolente, del lavoro di questa amministrazione. Il lavoro della città, che potrebbe essere detto con la parola urbanistica, parola che raccoglie in effetti prima le esigenze del mondo civile produttivo, economico e poi di quello edilizio e di trasformazione del territorio, è fermo e senza visione. Le delibere comunali e di giunta di questi ultimi anni sono pochissime e marginali. Le ultime iniziative sul tema, variante generale, piano delle periferie, modifiche di procedure, sono ferme all’operato di quattro anni fa e le soluzioni agli incompiuti così diffusi e dolorosi per il tessuto civile della città, nonostante i proclami elettorali, sono senza nuove regole e veramente molto lontane

C’è bisogno, soprattutto in un periodo così buio e incerto come questo, di un maggiore ascolto delle esigenze della città e di una visione e una prospettiva generale che aiuti i cittadini e gli operatori economici a nuove idee, qualità e nuovi investimenti. Il materiale della città c’è – operatori, grandi aree industriali, contesto produttivo internazionale -, manca ancora, oggi come in passato, una politica comunale e regionale innovativa e coraggiosa.

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