Dopo 30 anni Katja realizza il suo sogno

A causa di una malattia ha lasciato il tennis, ora torna in carrozzina al Foro Italico e palleggia con Flavia Pennetta. La donna, campana, vive a Foligno: «Lo faccio per i miei figli»

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di P.C.

«Quando ho sentito il rumore della pallina sulla racchetta…». Non ce la fa nemmeno a finire la frase che scoppia a piangere, Katja, 46 anni, originaria della Campania, residente a Foligno ormai da diversi anni. Katja aveva un sogno: giocare a tennis al Foro Italico, un impianto che lei aveva visto solo una volta, da bambina, quando era una campionessa in erba. Poi è arrivata la Sclerosi Multipla e il suo percorso di atleta si è interrotto. Non quello di donna.

Passione lasciata a metà

A 16 anni la prima caduta, proprio mentre gioca a tennis. Inspiegabile, ma a cui viene dato poco peso. Poi sempre meno forza nelle gambe e meno fiato nella corsa. Il gioco che cambia e si fa più aggressivo, per chiudere subito lo scambio. Ma le sconfitte diventano sempre più frequenti e da qui la decisione di lasciare quella che era stata la sua grande passione: «Non mi sentivo bene, non riuscivo a giocare come volevo, quindi ho lasciato, ma ho rifiutato l’idea di non poterlo fare, quindi ho detto a me stessa che non mi piaceva più quello sport», confessa Katja. Era più facile da spiegare – a se stessa e agli altri – che la passione sportiva si era esaurita. Come fai a dire che non ce la fai più a correre anche se sei ancora adolescente? E soprattutto senza sapere perché. «Ho sempre fatto così con tutti: negavo l’evidenza».

Il matrimonio, i figli…

Quindi la vita va avanti e a certi segnali si dà poca importanza. Quando il fisico non è messo sotto pressione riesce a nascondere le difficoltà. Per un po’. Il matrimonio, poco dopo i 20, il viaggio di nozze a Parigi, e quelle passeggiate che fanno tutti gli innamorati e che le sembravano interminabili. E lei che si chiede: «Com’è possibile che non ce la faccio a camminare… mi stanco subito». Ma anche in questo caso la spiegazione arriva a giustificare le difficoltà: sarà l’emozione, lo stress del matrimonio, il vortice della vita che ti avvolge e non ti fa pensare. Quindi si va avanti: il primo figlio, poi il secondo, mille impegni.

LA STORIA DI KATJA SU RAI UNO – VIDEO RAI PLAY

La caduta

Passano gli anni, le condizioni peggiorano. Il fiatone quando si fanno le scale, il sonno mattutino, la stanchezza sempre presente, un lato del corpo sempre rigido e con scarsa sensibilità, infine una nuova caduta, ben più rovinosa, davanti alla scuola dei figli mentre andava a prenderli. A quel punto la decisione di fare un controllo, da cui emerge  l’amara verità: «Ci sono delle placche all’altezza della cervicale». Non era stanchezza, ma Sclerosi Multipla. A 29 anni. 

Il coraggio di andare avanti

«È stato il momento più brutto della mia vita», racconta Katja, che in quel periodo viveva a Pozzuoli, in provincia di Napoli, ed oggi invece risiede a Foligno con la seconda figlia, mentre il primo è a Parigi e sta facendo una brillante carriera accademica da astrofisico. «Chi avrebbe pensato ai miei figli?». Ed è proprio da loro che Katja ha trovato la forza per andare avanti: le cure con l’interferone, le terapie, di mattina, quando nessuno posso vedere, poi il pranzo, per dare la sensazione che tutto andasse bene. Fin troppo: «Io mi sono accorta di quanto stava male mia mamma quando ho finito la scuola e la mattina sono rimasta a casa con lei, a Foligno», racconta la figlia Giulia, ospite con Katja della trasmissione ‘La prima volta’ in onda domenica pomeriggio su Rai Uno.

Il sogno

Sì perché nel frattempo Katja ha continuato a combattere e non ha mai dimenticato quel sogno di bambina: il tennis, il Foro Italico. E grazie alla trasmissione ha coronato il suo sogno. «Ci sono stata una sola volta, a vedere una partita di Coppa Davis – racconta a Cristina Parodi in tv – ero talmente emozionata che non ho avuto la forza di chiedere un autografo al mio mito, Adriano Panatta. Sognavo di giocarci, un giorno, in quel campo». Invece la vita ha deciso che non avrebbe giocato mai più. Almeno non sulle sue gambe. Sì perché il destino, anche quello più beffardo, si può aggirare: se ti aggredisce con uno smash tu puoi recuperare palla e fargli un pallonetto, se ti colpisce da fondo campo tu puoi provare a fargli una palla corta. È quello che ha fatto Katja, che il tennis ha ricominciato a vederlo da poco, quando ha accettato che si può vivere anche con la malattia.

La nuova vita

«Dopo la diagnosi ci avevo pure provato a tornare su un campo da tennis, ho pure tirato qualche colpo, ma poi quando ti ributtano la palla dal tuo lato chi ce la fa a correrle dietro?», racconta Katja. Poi il messaggio che ti cambia la vita o almeno ti aiuta a guardarla da un altro punto di vista: «Ho letto su Facebook il post di un giocatore di basket in carrozzina, qui a Foligno, che invitava a provare il tennis in carrozzina… io non mi sono mai seduta su carrozzina, ho sempre rifiutato questo supporto e mi muovo con la stampella, però l’attrazione del campo da tennis è stata troppo forte e mi sono detta: ‘Proviamo!’». Ed è in quel momento che ho ascoltato di nuovo quel rumore della pallina sulla racchetta: «Poff!». E si è commossa.

Il futuro

Grazie alla trasmissione di Rai Uno, Katja è tornata al Foro Italico, non da spettatrice ma da giocatrice, ha giocato con Flavia Pennetta e, alla fine, ha ricevuto, con oltre 30 anni di ritardo, quell’autografo di Panatta che non aveva osato chiedere da bambina. «Ma ora non voglio fermarmi – dice a umbriaOn – voglio continuare a coltivare le mie passioni perché, come dico sempre ai miei figli, bisogna vivere senza limiti»

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