Quando lo avevano riacceso, quel forno, era stata una festa. Poi, quando la fabbrica aveva ripreso a produrre elettrodi di grafite, la cerimonia era stata in pompa magna. Ma adesso, all’Elettrocarbonium di Narni, quel forno è di nuovo spento. E tutto, stavolta, è avvenuto in silenzio.
Il forno spento Le procedure per lo spegnimento erano in corso da qualche giorno, erano state avviate su indicazione dell’amministratore delegato – quel Michele Monachino del quale al Mise, e non solo, stanno aspettando di conoscere le intenzioni, dopo che gli sono state prospettate le varie possibilità di procedere – che se davvero vuole e può portare avant i progetti annunciati, deve fare chiarezza.
Arretrati Quello del forno che viene spento, peraltro, è solo uno – anche se certamente il più vistoso – dei problemi dell’Elettrocarbonium di oggi. Vistoso, ma non insuperabile. Perché si può sempre riaccendere ed anche in tempi ragionevolmente rapidi. Magari, però, provvedendo anche a pagare lo stipendio e la tredicesima che i lavoratori ‘avanzano’. Oltre che, ovviamente, presentare finalmente al Mise quel piano industriale, accompagnato da quello economico-finanziario, indispensabile per poter dar seguito al pre accordo che lo stesso Mise ha raggiunto con il liquidatore di Sgl.
I lavoratori In mezzo a tutto questo restano, come sempre, i lavoratori: che da martedì saranno in fabbrica in ‘forza minima’, quella indispensabile a garantire la sicurezza degli impianti. E per i quali si moltiplicano gli interrogativi: sulle scelte fatte, su quelle che si sarebbero potute fare, sui consigli accettati e su quelli sdegnosamente rifiutati. Sui tanti, troppi, interessi che intorno al loro posto di lavoro si sono intrecciati e che si sono scontrati,