Gesenu, il futuro è sempre più incerto

L’Anac chiede chiarimenti sulla nomina dell’ad De Paolis che difende l’operato della società: «I dipendenti in odor di mafia sono stati ereditati e poi licenziati»

Condividi questo articolo su

L.P.

Non sembra spegnersi il caso Gesenu che vede, stavolta, protagonista l’amministratore delegato Dante De Paolis su cui ora sta si puntano i riflettori dell’Autorità nazionale anticorruzione.

L'ad De Paolis (foto Belfiore)

L’ad De Paolis (foto Belfiore)

Conflitto di interessi? In particolare l’Anac, dopo aver archiviato l’ipotesi di incompatibilità dell’incarico, ha aperto un procedimento di vigilanza dal momento che sussistono forti perplessità sulla condotta dell’amministrazione locale. Si paventerebbe, in sostanza, un conflitto d’interessi per l’ex dirigente del comune responsabile dei tributi che forse l’amministrazione non ha ben preso in considerazione. Soddisfatto per l’iniziativa il Movimento 5 Stelle, per cui «i ruoli importanti di controllo, vigilanza, autoritativi e negoziali ricoperti dal dottor Dante De Paolis all’interno del comune di Perugia, in qualità di responsabile dell’area servizi finanziari fino all’aspettativa del maggio 2014 determinassero una posizione di conflitto di interesse e di inopportunità evidente che andava segnalata e contestata». De Paolis era dirigente all’epoca del noto buco di bilancio e una serie di atti, allora, «furono posti in essere per mettere le toppe. Fra questi figura anche il contratto di comodato sugli impianti di Pietramelina e Ponte Rio, stipulati tra il Comune di Perugia e Gesenu, per un corrispettivo totale di quasi quindici milioni».

Gare e appalti Qualunque sia l’esito del procedimento dell’Autorità, intanto più di qualcuno sta cercando di capire cosa succederà alla Gesenu dopo che il Tar ha confermato l’interdittiva antimafia. Ci sarà il ricorso al Consiglio di Stato, dal momento che una società come Gesenu a cui viene impedito di partecipare a bandi di gara è una società praticamente morta. E proprio per questo motivo i soci privati hanno già fatto intendere che vogliono disfarsi delle loro quote. Eppure lo stesso De Paolis, ascoltato dalla commissione regionale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, aveva ribadito l’inappropriatezza di un provvedimento tanto pesante quanto l’interdittiva antimafia.

Il futuro Nessun contratto con la pubblica amministrazione, nessun bando di gara. «È all’ordine del giorno un’interlocuzione con i soci privati, rispetto al futuro di questa società, futuro che dipende molto, comunque, dal superamento della situazione – aveva affermato De Paolis – quindi, nel momento in cui ci sarà chiarezza su questo provvedimento, perché viene rimosso, e quindi la società ritorna nelle condizioni precedenti e può fare gare, investimenti, è chiaro che il ruolo del socio privato dovrà essere quello di socio industriale, socio che è vincolato con un piano a tre anni e quindi dovrà fare investimenti, dovrà essere discusso questo aspetto. Altrimenti, se le cose non dovessero andar bene, se dovesse permanere questa interdittiva, è chiaro che i soci privati dovranno valutare la possibilità di cedere la loro partecipazione e, quindi, fare delle altre strategie, dal punto di vista societario, per dare una veste nuova, anche dal punto di vista della compagine sociale, a questa società».

Dipendenti Sulla questione dei lavoratori, sei occupati in Sicilia e con reati per mafia e 29 con reati che vanno da rapina a traffico di stupefacenti, De Paolis aveva ricordato che la Gesenu era subentrata in Sicilia al soggetto che aveva gestito il servizio in quel territorio, acquisendo anche i dipendenti, alcuni dei quali con condanne per reati di tipo comune. «Tra questi operai nessuno aveva dei ruoli determinanti all’interno della società tali da incidere sulle scelte e quindi condizionare la società. Quindi, era un numero ristretto di dipendenti, in un gruppo di circa mille. Sei su mille, potete capire quale potesse essere l’incidenza di questi dipendenti; dipendenti che, successivamente, sono stati licenziati o sono state avviate le procedure di licenziamento». Uno di questi dipendenti, poi, era un collaboratore di giustizia, «quindi era stato assunto in virtù di un preciso programma di protezione dei collaboratori di giustizia. La società l’ha dovuto prendere perché dietro c’era una richiesta del Ministero degli Interni. Quindi, anche questo ha creato un po’ di problemi». Per De Paolis la questione del personale, giudicata dalla Prefettura sensibile per questioni di familiarità e permeabilità agli ambienti criminali dislocati su varie aree del territorio nazionale, rimane essenzialmente marginale.

Manlio Cerroni al convegno dello scorso 6 febbraio a Perugia

Manlio Cerroni al convegno dello scorso 6 febbraio a Perugia

Cerroni Un altro aspetto è poi quello della presenza nella compagine societaria di una società, l’impresa Cecchini, riconducibile a Cerroni. «In realtà, l’impresa Cecchini è sì di proprietà del Cerroni, ma non è mai stata coinvolta in nessun procedimento, non è stata colpita da interdittive – sottolineava De Paolis – le sue società sono sempre uscite senza problemi da queste indagini. Quindi, anche in questo caso, per induzione è stato attratto dentro il provvedimento con delle situazioni non sufficientemente approfondite da chi ha lavorato su questo, dal Gruppo Interforze, senza il supporto di elementi sostanziali. Rispetto alla presenza di questo socio privato, sono state adottate, anche in questo caso, delle misure; il socio privato, anzi, due soci privati hanno nominato ciascuno un fiduciario, quindi c’è stata una sorta di sterilizzazione della presenza nella compagine sociale. Entrambi hanno dato mandato a due soggetti esterni, a due professionisti, che di fatto sono quelli che oggi hanno la rappresentanza all’interno della società».

Società pubblica Al momento l’unica certezza è che l’azienda rimane bloccata dal partecipare a nuovi bandi di gara e che i privati si stanno guardando intorno per cedere una fetta di una torta che non sembra far più gola a nessuno. Entro 20 giorni il Comune dovrà fornire informazioni all’Anac, mentre per il Movimento 5 stelle l’unica soluzione continua ad essere quella della ripubblicizzazione, come «unica risposta adeguata alla gravità dei fatti, senza dover pensare di regalare il monopolio della gestione dei rifiuti in Umbria ad altri gruppi economici, evidentemente interessati al venir meno di Cerroni, dominus indiscusso della gestione dei rifiuti per decenni».

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli