Norcia, centro polivalente Ancarano: condannato il sindaco

Ordine di demolizione della parte già realizzata prima del sequestro. Ricorso in appello in arrivo

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Un anno e tre mesi di reclusione, più 60 mila euro – pena sospesa – di ammenda. Il sindaco di Norcia, Nicola Alemanno, è stato condannato dal tribunale di Spoleto in merito alla vicenda del centro polivante Casa Ancarano sviluppato in seguito al terremoto del 2016. C’è l’ordine di demolizione della parte della struttura realizzata fino al momento del sequestro, avvenuto ad inizio 2018. Ci sarà il ricorso in appello.

Un avviso di garanzia per il sindaco di Norcia

Il problema temporaneità

L’accusa – stesso discorso per il presidente della locale proloco Venanzo Santucci ed il direttore dei lavori Riccardo Tacconi – è di abuso edilizio per via del vincolo ambientale al quale è sottoposto il parco nazionale dei Sibillini. Il giudizio della procura di Spoleto è che non ci sarebbe il criterio della temporaneità e, oltretutto, il centro polivalente non sarebbe stato funzionale alle operazioni di soccorso o messa in sicurezza. A difenderli ci sono gli avvocati David Brunelli, Massimo Marcucci e Luisa Di Curzio.

Parlano gli avvocati Marcucci e Di Curzio

«In qualità di legali del sindaco di Norcia – la nota dei legali del sindaco – per il procedimento a suo carico denominato ‘Casa Ancarano’, preso atto della sentenza emessa dal Tribunale monocratico di Spoleto, non possiamo esimerci da alcune considerazioni. Il Giudice ha ritenuto fondato l’impianto accusatorio della Procura della Repubblica di Spoleto, seppure solo in parte, riducendo le pene richieste da quest’ultima e disponendo la demolizione dell’opera e non anche la confisca della medesima. Certamente il primo rammarico è rivolto all’organizzazione della giustizia che consente il trasferimento di un processo, alla vigilia della sentenza, a un giudice diverso rispetto a quello che lo ha gestito dall’assegnazione, ha sentito i testimoni, ha interloquito con i consulenti, insomma ha avuto modo di ‘vivere’ il processo, e non di ‘trattare’ un fascicolo. Non è nostro costume commentare le sentenze e non lo facciamo nemmeno questa volta. Non può però non rilevarsi che macroscopici appaiono fin da subito alcuni errori che nulla hanno a che vedere con uno stato di diritto, ragion per cui, una volta lette le motivazioni, sarà immediatamente nostra cura presentare appello alla corte d’Appello di Perugia.Come ha rilevato anche il collega Brunelli la sentenza è in contrasto con il diritto e con la giustizia. Si valutano i fatti come se si fosse trattato di comportamenti in tempo ‘ordinario’ e non durante una delle più importanti emergenze che il nostro Paese ha dovuto affrontare nel dopoguerra. Un evento che per dimensione del danno, estensione territoriale e caratteristiche non ha eguali in Italia. Una sentenza che mina alla base l’agire dell’intero sistema della Protezione Civile Nazionale. Chi si attiverà più, con propri atti in deroga, sulla base del disposto delle ordinanze del Capo dipartimento di Protezione Civile, se questi, assunti in momenti straordinari e contingenti, vengono poi riletti da altri zelanti funzionari dello stesso Stato, e considerati, a ‘tavolino’ non applicabili? Neppure sono valse le dichiarazioni del Capo dipartimento della protezione Civile, dott. Angelo Borrelli, unico a poter fornire l’interpretazione autentica di una sua ordinanza. Il rammarico è per coloro che oggi, cercando di dare risposta ai bisogni della popolazione colpita dal sisma, rispondendo ad una fortissima richiesta di solidarietà, ha operato nel solo e precipuo interesse di quelle, nel tentativo di offrire loro un concreto argomento per scegliere di restare in luoghi così difficili anzichè abbandonarli, e oggi si ritrova condannato come un comune delinquente in ragione di una diversa interpretazione di due organismi dello stesso Stato».

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