Perugia, maxi frode fiscale: otto arresti

Un’associazione a delinquere attiva nel settore dei rottami metallici e protagonista di una frode fiscale milionaria. A smascherarla è stata la guardia di finanza di Perugia che all’alba di mercoledì ha eseguito otto arresti fra Campania e Lombardia.

Il gruppo è ritenuto responsabile di una frode milionaria, realizzata attraverso un giro vorticoso di fatture false incentrato su tredici società: sette sono italiane, quattro ungheresi, una rumena e un’altra localizzata in Svizzera. Gli inquirenti definiscono «impressionante» l’entità del raggiro: sono state individuate fatture false per oltre 160 milioni di euro, oltre 40 milioni di Iva evasa e oltre 85 milioni di base imponibile sottratta al fisco italiano, indebite compensazioni di imposte e contributi previdenziali con 3 milioni di crediti Iva inesistenti

Arrestati In carcere ci sono finiti G.M., imprenditore 53enne napoletano, operante da tempo nel settore del recupero dei rottami metallici; il 47enne C.V., contabile e responsabile amministrativo del gruppo e I.P., 50 anni e anche lui di Napoli, commercialista-ideatore dei sistemi di frode. Agli arresti domiciliari ci sono finiti altri cinque soggetti, tutti prestanome messi a capo delle varie società coinvolte.

L’inizio Le indagini coordinate dalla procura di Perugia e svolte dal nucleo di polizia tributaria della guardia di Finanza di Perugia e dal servizio antifrode dell’agenzia delle dogane, hanno preso il via dall’esame della contabilità di una società di Bastia Umbra, un tempo con sede legale a Napoli. I primi accertamenti, svolti in collaborazione con le polizie doganali e tributarie d’oltralpe, hanno subito fatto emergere una serie di anomalie: documentazioni di trasporto irregolari, mancanza di idonee strutture di stoccaggio, assenza di personale tecnico, pagamenti tramite semplici compensazioni finanziarie o cessioni di crediti dubbi, perfino false contestazioni sulla qualità delle merci e dei macchinari per giustificare l’emissione di note di credito.

I prestanome I successivi sequestri da parte dei militari delle Fiamme Gialle hanno consentito di recuperare gli schemi dettagliati delle transazioni commerciali che avevano interessato diverse società, sia italiane che estere. Dati attraverso i quali è stato possibile risalire al ruolo di meri prestanome ricoperto dagli amministratori di alcune imprese coinvolte nella frode.

Associazione a delinquere Tutto, secondo gli inquirenti, era organizzato nel minimo dettaglio: l’organizzazione stampava in Italia anche le fatture delle società estere, tanto che nel computer di un indagato è stato trovato un software contabile in lingua ungherese. Nonostante i tentativi di ostacolare l’indagine attraverso l’occultamento della contabilità e perfino il trasferimento all’estero della sede legale di una società, i militari sono comunque riusciti a ricostruire il disegno criminoso e i ruoli dei vari personaggi. Un’associazione criminale definita «stabile» e che avrebbe utilizzato numerose società per evadere sistematicamente le imposte attraverso la creazione di crediti Iva fittizi, poi utilizzati in compensazione per non versare neanche un euro di imposte dirette e di contributi previdenziali.

Beni sequestrati Agli arrestati viene contestata l’associazione a delinquere aggravata, finalizzata alla frode fiscale transnazionale. Contestata anche la responsabilità amministrativa per il reato associativo commesso dagli amministratori nei confronti di tre società italiane beneficiarie della frode.I beni degli arrestati sono stati posto sotto sequestro preventivo fino alla soglia massima di 42 milioni di euro, come stabilito dal Gip di Perugia. Stessa sorte per i beni riconducibili alle tre società beneficiarie che ammontano a 31 milioni di euro.

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