Perugina, il futuro passa da Ginevra

A Roma Nestlé non molla sugli esuberi. Il 22 sindacati a Milano, poi il Cae in Svizzera sui piani internazionali. Il 18 gennaio di nuovo al Mise. Nessuna novità sugli ammortizzatori

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Cominciato alle 9.30, è durato meno di due ore l’incontro al Ministero dello Sviluppo Economico fra Nestlé, rappresentanti dei lavoratori e delle istituzionali a livello locale, regionale e nazionali. Gli attori sono sempre quelli: Gianluigi Toia è il capitano della squadra Nestlé mentre per i sindacati ci sono i delegati del comparto agroalimentare e i rappresentanti di fabbrica. Il governo ha delegato la viceministro Teresa Bellanova, presente anche all’incontro di luglio. Le istituzioni locali erano rappresentate da Marini e Romizi.

Il tavolo al Ministero

Nulla di fatto Ognuno ha ribadito la propria posizione, inconciliabile con le altre. Così – verificato che non c’erano spazi per trattative – l’incontro è stato aggiornato al 18 gennaio, stessa sede e stesse modalità. Intanto resta aperto il tavolo in Confindustria, per provare a trovare una soluzione a livello locale e portarla poi a livello governativo. Ma non c’è ancora una data per il prossimo incontro a Perugia. Si sa però che il 22 novembre sindacati e azienda si confronteranno a Milano sul piano di ristrutturazione Nestlé Italia (parteciperanno anche i delegati perugini) mentre il 27 e 28 novembre, a Ginevra, c’è l’incontro del coordinamento aziendale europeo di Nestlé (il cosiddetto Cae), nel corso del quale la multinazionale dovrebbe presentare un piano di riorganizzazione della produzione del cioccolato in Europa. Con ovvie ripercussioni anche su Perugia.

L’ULTIMO INCONTRO: LE POSIZIONI DI AZIENDA E SINDACATI – VIDEO

Ognuno sulle sue posizioni Anche a Roma, la Nestlé resta sulle sue posizioni e Toia le ribadisce al tavolo del Mise: secondo la multinazionale, i 364 esuberi di San Sisto sono condizione essenziale per attuare subito il piano di rilancio (investimenti già annunciati: 15 milioni di euro per il rinnovo dell’attrezzatura ed altri 45 per il marketing). Ci sono 350 mila ore lavoro di troppo e vanno tagliate di netto: ogni ulteriore idea per aumentarle (dalla destagionalizzazione della produzione alla realizzazione del polo logistico) non è attuabile in tempi brevi, nonostante il formale impegno delle istituzioni a farsi carico degli investimenti necessari, se la Nestlé farà altrettanto. Ma è l’azienda che non vuole: ha altre idee per Perugia. Siamo quindi a un punto fermo. La dichiarazione congiunta dopo l’incontro del 13 ottobre – nella quale ci si impegnava tutti a riprendere le trattative ripartendo dal piano industriale – assume le sembianze di un comunicato pieno di belle parole ma privo di conseguenze concrete. E la differenza sostanziale è il valore che si dà agli esuberi, di cui pure il piano parlava, ma solo come eventualità e solo su base volontaria. Per l’azienda, quegli esuberi sono una condizione essenziale per avviare il piano di rilancio. Per i sindacati il piano di rilancio doveva invece servire per aprire nuove frontiere di mercato e diminuire gli esuberi. Due posizioni diametralmente opposte che in questi mesi di trattativa non hanno trovato alcuna sintesi.

IL PIANO INDUSTRIALE – LEGGI IL DOCUMENTO

I vertici di Nestlé Italia

Il nodo stagionalità È un concetto molto semplice da comprendere. Ormai a San Sisto si producono solo prodotti a base di cioccolato, alimento che nel nostro emisfero si consuma soprattutto nei mesi freddi – da ottobre a marzo. I cicli di lavoro sono stagionali e con i nuovi macchinari servono meno operai, visto che nel frattempo a Perugia non si producono più altri prodotti che invece consentivano alla fabbrica di lavorare a pieno ritmo (o quasi) su 12 mesi. Per fare in modo di salvare il lavoro a chi rischia di perderlo, uno degli obiettivi sarebbe quello di estendere la vendita del cioccolato anche in altri emisferi, in cui il cioccolato si consuma quando qui è estate, per fare in modo che la produzione vada avanti per tutto l’anno. Era questo il punto cardine del piano industriale sottoscritto nel 2016 da Nestlé e sindacati e poi disatteso nei fatti. Ma non solo: si parlava anche di logistica e confezionamento. Ma tutto è rimasto lettera morta. Agli annunci non è seguita alcuna modifica all’idea originale di Nestlé, che vuole conservare le stesse confezioni e vuole mantenere i punti di stoccaggio e smaltimento dei prodotti realizzati in Italia lontano da Perugia.

Gli ammortizzatori sociali Fino a oggi si era diffusa la convinzione che, con più tempo, dando cioè a Nestlé la possibilità di inserirsi in nuovi mercati con il Bacio ed altri prodotti a base di cioccolato (in tal senso, il 6 novembre è stato presentato anche un nuovo piano marketing), poteva diventare necessario aumentare la produzione e quindi recuperare un po’ di quelle ore lavoro in eccesso (e quindi di operai destinati alla fuoriuscita). Per questo motivo, uno degli obiettivi dei sindacati era quello di guadagnare tempo, magari anche grazie al prolungamento degli ammortizzatori sociali. Il tema, però, che non è stato per nulla toccato nell’incontro al Ministero, nonostante l’apertura fatta dal Ministro Poletti, proprio in Umbria, all’assemblea di Confindustria. Fra l’altro, l’ipotesi dovrebbe comunque ricevere l’avallo di Nestlé, che non sembra gradirla, considerandola solo un modo per prolungare l’agonia.

POLETTI: IPOTESI NUOVA CASSA INTEGRAZIONE – IL VIDEO

L’incontro del 25 ottobre

Il polo logistico A questo nuovo vertice ministeriale bisognava arrivare dopo aver fatto ‘i compiti a casa’. In tal senso, c’era stato un incontro il 25 ottobre in Regione in cui le istituzioni territoriali (c’era anche Romizi, per il Comune) avevano dimostrato massima disponibilità in vista dell’idea di realizzare un polo logistico a San Sisto e un parco tematico del cioccolato. Ma al momento siamo solo a livello di idee – peraltro le stesse che circolano da qualche mese – che, se pure trovassero realizzazione, di certo non basterebbero ad assorbire un così alto numero di esuberi, ma al massimo a far diminuire il numero paventato dall’azienda. In ogni caso, serve un progetto concreto e realizzabile. E serve che Nestlé lo approvi e lo faccia proprio. Prospettiva al momento assai lontana dalla realtà.

La manifestazione del 7 ottobre Perugia

Insourcing L’unico punto su cui sembrano essere tutti d’accordo è quello delle internalizzazioni (il cosiddetto insourcing): detto in soldoni, riportare sotto il cappello Nestlé tutti quei lavori che al momento sono appaltati a ditte e coop esterne. A conti fatti, si toglie lavoro ad altri per darlo a dipendenti Nestlé, in una guerra fra poveri in cui la multinazionale recita inevitabilmente la parte del leone.

Marini e Romizi: «Noi ci siamo» «La Nestlé deve fare chiarezza rispetto alle strategie aziendali e al ruolo della fabbrica di Perugia – ha detto la presidente Marini – dobbiamo trovare un punto di incontro per contemperare le esigenze aziendali con la salvaguardia dei livelli occupazionali». «Apprezzo il comportamento delle organizzazioni sindacali – ha aggiunto Romizi – che hanno dimostrato di voler dialogare. Poter contare su risorse pubbliche, dello Stato e della Regione Umbria, a sostegno degli investimenti, rappresenta un elemento importante per consentire alla fabbrica di Perugia di essere più competitiva». Regione e Comune hanno confermato la disponibilità a investire fondi pubblici su ricerca, innovazione, logistica se ciò dovesse servire a diminuire l’impatto occupazionale

Marini e Romizi in piazza con gli operai

Sindacati: «Trattativa a oltranza» «Contestiamo l’idea che tutto si misuri sulla compatibilità dei costi», dicono in una nota congiunta Fai Cisl, Flai Cgil, Uila Uil, sottolineando positivamente la disponibilità di Regione e Comune ad avviare un confronto diretto con il board della Nestlè. Bene anche la disponibilità del Ministero. «Ognuno deve fare la sua parte, dalle parti sociali alle istituzioni, locali e nazionali», ripetono i sindacati, disposti a trattare a oltranza, fino al 30 giugno, se necessario, per salvare almeno una parte dei posti di lavoro a rischio. E soprattutto per salvare la centralità della fabbrica di San Sisto nell’arcipelago Nestlé. Il punto è capire se l’azienda sarà disposta a trattare nel concreto: «Negli incontri che si sono svolti in Confindustria nell’ultimo mese e mezzo abbiamo provato a proporre varie soluzioni all’azienda in grado di ridurre gli esuberi – ha detto Michele Greco – ma l’atteggiamento dell’azienda è stato sempre di chi ascolta ma non vuol sentire. Girano e rigirano in tondo, ma alla fine dicono sempre la stessa cosa: vogliamo mandare a casa 364 persone. E questo per noi, ma credo anche per il governo, resta assolutamente inaccettabile».

L’agonia continua Accettabili o no, al momento gli esuberi sono l’unica cosa concreta. La sensazione è che l’azienda stia semplicemente facendo melina, sapendo di essere in vantaggio e di avere il coltello dalla parte del manico, in attesa del ‘fischio finale’, in programma il 30 giugno. E pare non ci saranno tempi supplementari. Deluso chi si aspettava che da Roma potesse arrivare una risposta chiara perlomeno sugli ammortizzatori sociali: con le elezioni alle porte, anche il governo ha le mani legate. E l’agonia continua. Quelli che erano stati chiamati ‘compiti a casa’, diventano ora esami di riparazione.

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