Politiche culturali: «Ecco cosa fare»

Terni, l’assessore Giorgio Armillei: «Pochi i 29,24 euro per cittadino investiti. OpenPolis dice che siamo 12simi in Umbria»

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Sono stati pubblicati sul portale ‘OpenPolis’ i dati sulla spesa dei Comuni italiani in biblioteche e musei. Dall’analisi emerge che le città che spendono di più sono tutti capoluoghi del centro-nord, come Trieste, Bologna, Firenze, Milano e Torino. Agli ultimi posti della classifica si trovano, invece, le maggiori città del centro-sud: Roma, Catania, Napoli, Palermo e Bari. E l’Umbria? Terni si pone al 12simo posto in Umbria, spendendo in media 29,24 euro per cittadino. Perugia invece al 33simo, con 13,40 euro.

Le spese per la cultura Si tratta delle cifre che ogni Comune spende per incentivare la vita culturale della città e la possibilità di accesso alla conoscenza per i cittadini. Un modo di favorire tutto ciò è investire in biblioteche e musei, ad esempio acquistando nuovi libri, ampliando gli orari di apertura e promuovendo al loro interno manifestazioni ed eventi.

Giorgio Armillei

Giorgio Armillei

Il Comune di Terni La classifica è stata condivisa dall’assessore alla cultura del Comune di Terni Giorgio Armillei sul proprio profilo Facebook. Ai dati, l’assessore ha aggiunto una frase: «Che dite? Noi possiamo fare ancora meglio, scegliendo una volta per tutte le politiche per la cultura come priorità delle politiche per lo sviluppo locale e la rigenerazione urbana».

Cosa fare? Contattato telefonicamente da umbriaOn, Armillei ha spiegato meglio il concetto espresso sul social network: «Come? Esigendo dal governo regionale una concentrazione di risorse Por-Fesr sulle priorità dalla città nel settore delle politiche per la cultura. Non ostacolando con cavilli contabili e di bilancio l’attuazione delle azioni per la cultura previste in ‘Agenda urbana’. Facendo mea culpa sul Briccialdi e tornando a un rapporto di fiducia e collaborazione. Allargando alle imprese culturali e creative e all’università gli interventi previsti nel Piano per l’area di crisi industriale. E, infine, riconoscendo che le politiche di sviluppo nel settore del cinema e dei media sono, essenzialmente, politiche per l’industria e non per il turismo».

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