Politiche di genere: «Umbria, c’è la legge»

Il ‘disegno’ è stato approvato a maggioranza dal consiglio regionale. Contiene norme di settore, politiche di servizio e parti relative al contrasto alla violenza sulle donne

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Approvato a maggioranza, con 14 voti a favore (Pd, Socialisti e Fratelli d’Italia) e 7 astenuti (Forza Italia, Ricci presidente, Lega Nord e Movimento 5 stelle), il disegno di legge della giunta regionale ‘Norme per le
politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra uomini e donne’. La legge-quadro, com’è stata definita, che va a intersecarsi con le leggi di settore e le politiche di servizio che la Regione mette in campo in diversi ambiti, dalla salute al lavoro. In più, questo disegno di legge contiene delle parti riguardanti il contrasto alla violenza sulle donne.

La  maggioranza Per la maggioranza si tratta di una legge che «vuol far fare culturalmente e con azioni di governo passi avanti verso la rimozione di ostacoli che impediscono una piena parità fra donne e uomini, oltre che sostenere i centri antiviolenza». Attilio Solinas è intervenuto durante la discussione:«Si tratta di un disegno di legge che si propone di rimuovere ogni ostacolo che impedisca la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica della nostra regione. La normativa comunitaria stabilisce che le politiche di promozione della differenza di genere e delle pari opportunità non si devono esaurire nella sola tutela dei diritti ma devono investire la sostenibilità degli attuali sistemi europei di sviluppo, la qualità dei sistemi del welfare e lo sviluppo del benessere e della qualità della vita di uomini e donne. Lo scopo di questo disegno di legge è proprio quello di attuare tali principi in tutti gli ambiti a partire dall’occupazione e dal mercato del lavoro, dall’istruzione e formazione, dal giusto equilibrio tra vita familiare e professionale, riconoscendo il valore e il ruolo delle donne nella società e nel lavoro. La parità di genere, infatti, non è solo una questione di giustizia sociale e di integrazione tra diversità, ma è anche uno dei presupposti per il raggiungimento degli obiettivi di crescita sostenibile, di occupazione, di competitività e di coesione sociale».

L’opposizione Per la gran parte dell’opposizione, si tratta, invece, «di una legge manifesto, che non incide sui reali problemi delle donne e non è stata sufficientemente condivisa dall’universo femminile quanto piuttosto dalle associazioni femministe». Di diverso avviso solo il capogruppo di Fratelli d’Italia, Marco Squarta che ha detto: «Il mio sarà un voto favorevole sulla legge perché punta al bene generale della comunità, è un passo avanti verso azioni di civiltà. Ci sono questioni da migliorare, traspare anche una certa superflua cultura sessantottina, poteva sicuramente essere fatta meglio, ma si tratta comunque
di un passo in avanti nella lotta alle discriminazioni sulle donne. È previsto un maggiore riguardo per le donne, oggi fortemente svantaggiate nell’accesso al lavoro, all’istruzione e alla formazione. È importantissima la previsione di centri antiviolenza per donne e bambini. Come pure la tutela del post-parto, l’accesso alla locazione per chi ha subito violenze maschili. Previste azioni importanti, in tema sanitario, per la prevenzione rispetto alle malattie tumorali femminili. Ci sono concetti e principi condivisibili e di buon senso con un sostegno particolare anche alla qualità dei servizi sociali. Approvando questa legge facciamo sicuramente un passo in avanti perché vengono messe in campo azioni che portano ad un maggiore grado di civiltà”.

«Distorsione della Costituzione» C’è, però, anche chi vede in questo disegno legge una distorsione dell’articolo 3 della Costituzione, come Valerio Mancini che ha detto: «Le risorse pubbliche per trasporti, mense, asili nido e mense vanno in gran parte ai cittadini extracomunitari e stranieri. La normativa in discussione è tutta incentrata sull’esaltazione delle differenze invece che dell’eguaglianza. La libertà e l’autodeterminazione devono riguardare tutti, non solo le donne. Per accedere a ruoli di responsabilità e di governo ci sono le elezioni, non altro. Bisognerebbe garantire eguaglianza alle donne, invece che differenze, anche sul luogo di lavoro. Serve un approccio diverso contro i reati verso le donne, violenze e femminicidi, che reprimano questi fenomeni. La famiglia non è solo quella delle donne adulte: ci sono le minori e le anziane, vittime di furti in casa e di mancanza di sicurezza. Ripartiamo dalla Costituzione, cercando di farla applicare a tutti i livelli. Ricordiamo che la Carta riconosce la famiglia fondata sul matrimonio, anche
la la signora Cirinnà ha voluto alterare questo principio. Rivendico il no a questo provvedimento. Questo sembra un editto, che fa spesso riferimento al potere e alla sua gestione. Non è questa la strada giusta, vanno solo applicate le leggi esistenti».

Violenza sulle donne  Questa legge-quadro (qui la scheda completa) contiene anche delle parti riguardanti il contrasto alla violenza sulle donne, come la rete dei servizi antiviolenza, di cui fanno parte i Comuni, le aziende ospedaliere, le Usl, il Cpo (Centro pari opportunità) e i Centri antiviolenza. Il disegno di legge è sostenuto da una norma finanziaria che prevede, già per il 2016, 200mila euro: 100mila per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere; 50mila per la promozione della cultura della differenza nelle scuole e la formazione del personale, 40mila per le azioni della Regione riguardo la diffusione delle buone pratiche per nuovi stili di vita, la promozione di esperienze di vita solidali e sostenibili, 10mila per interventi di comunicazione e informazione.

Gli emendamenti Durante la discussione sono stati aggiunti e votati alcuni emendamenti e un ordine del giorno. Eros Brega (Pd) ha ottenuto, con un ordine del giorno votato all’unanimità, «che sia vietata la pratica della maternità surrogata, con cui il corpo della donna e le sue funzioni riproduttive sono usate come bene di lusso e il corpo umano viene usato per guadagno finanziario o di altro tipo, in particolare nel caso di donne vulnerabili di paesi in via di sviluppo». La consigliera Carla Casciari (Pd), inoltre, ha ottenuto con il suo emendamento, focalizzato su lavoro e welfare, l’istituzione dell’Osservatorio regionale sulle politiche di welfare aziendale e di una giornata annuale del welfare aziendale. Altri emendamenti, di natura tecnica, sono stati aggiunti da Attilio Solinas (Pd) e da Catiuscia Marini, quello della presidente per aggiungere altre risorse in aggiunta alla posta di 200mila euro prevista.

L’intervento del presidente della Regione «Non è una legge omnibus che vuole essere risolutiva», dice Marini. «Ha come finalità atti di indirizzo all’azione di governo, rapporti con altri livelli istituzionali con una legge che sui temi e competenze della Regione su lavoro, impresa, welfare, servizi, istruzione e formazione permetta di affrontarle con condizioni di parità. In modo pragmatico impone responsabilità, non solo discrezionalità di carattere politico ma un impegno formale della Regione nel raggiungimento degli obiettivi. Non è ideologica, perché la strada verso la parità è complessa e difficile, sono stati fatti passi in avanti ma anche stop and go, con ritorni drammatici all’indietro. L’affermazione di diritti fondamentali è storia recentissima: nonostante la Costituzione, ci sono voluti 20 anni per avere donne in magistratura, 30 per cambiare il diritto di famiglia e avere gli stessi poteri dei padri, 50 anni per cambiare il codice penale sulla violenza sessuale da reato contro la morale a reato contro la persona. Vuole far fare culturalmente e con azioni di governo passi in avanti. Lo scenario dice che non è un percorso lineare, le ragazze di oggi potrebbero avere anche un percorso all’indietro, perdere diritti più delle madri e delle generazioni precedenti. Ancora oggi la disoccupazione femminile è il doppio di quella maschile, basso è il numero di imprese medie e grandi guidate da donne, a parte le figlie dell’imprenditore, difficile che conducano loro. Non c’è ancora parità di stipendi, compresa la Pubblica amministrazione, nell’impresa privata a parità di lavoro, c’è rinuncia a progetti di vita e fare figli. C’è quindi una responsabilizzazione della Regione che sui fondi strutturali ha degli obblighi cui adempiere nei confronti della parità. Coinvolge lavoro, scuola, istituzioni e associazioni nell’impegno a far fare passi avanti alla legislazione su questi temi. Detta priorità nell’allocazione delle risorse, organizzazione risorse, prevenzione, welfare, conciliazione tempi di vita e di lavoro, nei percorsi educativi e nel contrasto alla violenza. La legge permetterà a Regione e enti territoriali di avere quadro normativo di riferimento avanzato che tiene conto della evoluzione del dibattito pubblico. Organizzazione della rete antiviolenza, prevenzione, assistenza, centri, enti locali, livelli dello Stato, case rifugio, tutte figlie di lavoro dal basso di Regione, Comuni e associazioni. Diamo una risposta ad alcune cose. É anche un riconoscimento a chi ha aiutato a costruirla, in coerenza con lo Statuto regionale. Non è una legge manifesto, dà indirizzi su materie di competenza regionale. Una legge che prova a indirizzare una strada».

 

 

 

 

 

 

 

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